Mentre i palestinesi si battono per i diritti umani fondamentali, la libertà e la sovranità come sancito dal diritto internazionale, il campo filo-israeliano si batte per la completa cancellazione di tutto ciò che è palestinese.
Fonte: English version
Di Ramzy Baroud – 6 marzo 2023
La frase che segue racchiude l’intera storia di ciò contro cui le comunità filo-palestinesi di tutto il mondo stanno combattendo e per cosa stanno combattendo i filo-israeliani: “Siamo lieti di annunciare che l’Ospedale universitario Chelsea che ospita anche l’Ospedale Westminster ha rimosso un’esposizione di opere d’arte create da bambini di Gaza”.
Questo è il riassunto di una notizia pubblicata sulla prima pagina del sito web del gruppo filo-israeliano UK Lawyers for Israel (Avvocati Britannici per Israele). Al gruppo è attribuito essere l’istituzione che è riuscita a convincere con successo l’amministrazione di un ospedale nella zona ovest di Londra a rimuovere alcune opere d’arte create dai bambini rifugiati di Gaza.
Spiegando la logica alla base della loro campagna per rimuovere le opere dei bambini, ha affermato che “i pazienti ebrei” nell’ospedale “si sentivano vulnerabili e lesi dall’esposizione”. Tra le poche opere d’arte c’erano rappresentazioni del Duomo della Roccia a Gerusalemme Est, la bandiera palestinese e altri simboli che difficilmente dovrebbero ledere nessuno. L’articolo del gruppo è stato successivamente modificato, con la rimozione della motivazione lesiva, sebbene sia ancora presente nei social media.
Per quanto ridicola possa sembrare questa storia, in realtà è l’essenza stessa della campagna anti-palestinese lanciata da Israele e dai suoi alleati in tutto il mondo. Mentre i palestinesi si battono per i diritti umani fondamentali, la libertà e la sovranità come sancito dal diritto internazionale, il campo filo-israeliano si batte per la completa cancellazione di tutto ciò che è palestinese.
Alcuni chiamano questo Genocidio Culturale o Etnocidio. Sebbene i palestinesi abbiano familiarità con questa pratica israeliana in Palestina sin dall’inizio dello Stato di Israele, i confini della guerra sono stati ampliati per raggiungere qualsiasi parte del mondo, specialmente nell’emisfero occidentale.
La disumanità di UK Lawyers for Israel e dei suoi alleati è palpabile, ma il gruppo non può essere l’unica parte meritevole di condanna. Questi difensori non sono che una continuazione di una cultura coloniale israeliana che vede l’esistenza stessa di un popolo palestinese con un linguaggio politico, compresa l’arte dei bambini rifugiati, come una “minaccia esistenziale” per Israele.
Il rapporto tra l’esistenza stessa di un Paese e l’arte dei bambini può sembrare assurdo, e lo è, ma ha una sua, seppur strana, logica. Fintanto che questi bambini rifugiati hanno la consapevolezza di sé per riconoscersi come palestinesi, fintanto che continuano a contare come parte di un insieme più grande e sono riconosciuti da altri, per esempio, i pazienti e il personale di un ospedale di Londra, questa identità collettiva palestinese rende difficile, anzi impossibile, per Israele vincere.
Per palestinesi e israeliani, la vittoria significa due cose completamente diverse, che non possono essere consolidate. Per i palestinesi, la vittoria significa libertà per il popolo palestinese e uguaglianza per tutti. Per Israele, la vittoria può essere raggiunta solo attraverso la cancellazione dei palestinesi: geograficamente, storicamente, culturalmente e in ogni altro modo che potrebbe far parte dell’identità di un popolo.
Purtroppo, l’Ospedale Chelsea/Westminster partecipa ora attivamente a questa tragica cancellazione dei palestinesi; allo stesso modo in cui Virgin Airlines ha ceduto alle pressioni nel 2018 quando ha accettato di rimuovere il “couscous tradizionale palestinese” dal suo menu. A quel tempo, questa storia sembrava essere uno strano episodio del cosiddetto conflitto israelo-palestinese, anche se, in realtà, la storia rappresentava il fulcro stesso di questo “conflitto”.
Per Israele, la guerra in Palestina ruota attorno a tre compiti fondamentali: acquisire terre, cancellare il popolo e riscrivere la storia.
Il primo obiettivo è stato in gran parte raggiunto attraverso un processo di pulizia etnica e di folle colonizzazione della Palestina dal 1947-48. L’attuale governo di estrema destra di Benjamin Netanyahu spera solo di portare a termine questo processo.
Il secondo compito va oltre la pulizia etnica perché anche la semplice consapevolezza dei palestinesi, ovunque si trovino, della loro identità collettiva costituisce un problema. Da qui, il processo attivo del Genocidio Culturale.
Infine, sebbene Israele sia riuscito a riscrivere la storia per molti anni, quella narrazione viene ora sfidata grazie alla tenacia dei palestinesi e dei loro alleati e al potere dei media sociali e digitali.
I palestinesi sono probabilmente i maggiori beneficiari dell’ascesa dei media digitali, che hanno contribuito al decentramento delle narrazioni politiche e persino storiche. Per decenni, la comprensione popolare di ciò che costituisce “Israele” e “Palestina” nell’immaginario comune è stata ampiamente controllata attraverso una specifica narrazione promossa da Israele. Coloro che deviavano da questa narrazione venivano attaccati ed emarginati, e quasi sempre accusati di antisemitismo. Sebbene queste tattiche siano ancora usate contro i critici di Israele, il risultato non è più garantito.
Ad esempio, un singolo tweet che espone la “gioia” di UK Lawyers for Israel ha ricevuto più di 2 milioni di visualizzazioni su Twitter. Milioni di britannici indignati e utenti di social media in tutto il mondo hanno trasformato quella che doveva essere una storia locale in uno degli argomenti più discussi a livello internazionale su Palestina e Israele. Prevedibilmente, non molti utenti dei social media hanno preso parte alla “gioia” del gruppo pro-Israele, costringendolo così a rettificare il suo annuncio. Ancora più importante, milioni di persone sono state, in un solo giorno, introdotte a un tema completamente nuovo su Palestina e Israele: quello della cancellazione culturale. La “vittoria” del gruppo si è trasformata in un completo imbarazzo, se non in una sconfitta.
Grazie alla crescente popolarità della causa palestinese e all’impatto dei social media, le iniziali vittorie israeliane ora quasi sempre si ritorcono contro. Un altro esempio recente è stata la decisione della Facoltà di specializzazione interdisciplinare per scienze politiche, economia politica e politica pubblica Kennedy di Harvard di ritirare, prima di ripristinare rapidamente, la sua offerta di una cattedra a Kenneth Roth, l’ex direttore esecutivo di Human Rights Watch. A gennaio, la cattedra di Roth è stata revocata a causa delle sue passate critiche a Israele. Un’importante campagna, avviata da piccole organizzazioni di media alternativi, ha portato alla reintegrazione di Roth in pochi giorni. Questo e altri casi dimostrano che criticare Israele non significa più la fine della carriera, come spesso accadeva in passato.
Israele continua ad impiegare vecchie tattiche per controllare il dibattito sulla sua occupazione della Palestina. Sta fallendo perché quelle tattiche non funzionano più nel mondo di oggi, dove l’accesso alle informazioni è decentralizzato e dove nessuna censura può controllare la discussione.
Per i palestinesi, questa nuova realtà è un’opportunità per ampliare la loro cerchia di sostegno in tutto il mondo. Per Israele, la missione è più difficile, soprattutto quando le vittorie iniziali potrebbero, nel giro di poche ore, trasformarsi in sconfitte umilianti.
Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Il Dr. Baroud è un ricercatore senior non residente presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), Università Zaim di Istanbul (IZU).
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org