In futuro, verrà un giorno in cui dovremo spiegare com’è successo che noi, i sopravvissuti del popolo che ha attraversato un terribile Olocausto, stiamo portando avanti una versione ridotta e ammorbidita di quella catastrofe contro i palestinesi, dov’eravamo quando stava accadendo e cosa abbiamo fatto per impedirlo.
Fonte: English version
Di Ram Cohen – 3 giugno 2023
Ho avuto una rivelazione durante uno dei miei viaggi al campo di sterminio di Majdanek in Polonia. Gli studenti erano andati in giro con le guide che spiegavano quello che vedevano, e io mi sono ritrovato da solo, completamente. Uno degli studenti, Hadas Yaron (Shtisel) era entrata nella baracca delle scarpe e stavo aspettando che uscisse. Erano passati lunghi minuti e ho pensato che potesse essere uscita senza che me ne accorgessi. Passò altro tempo (di solito gli studenti non sopportano la puzza delle scarpe in una baracca afosa) e Hadas uscì. Le ho chiesto: Dassi, che è successo, come hai fatto a resistere lì? E lei mi ha dato una risposta che porto con me ancora oggi: “Ram, quante persone ci sono?”, disse con occhi lucidi. Hadas non vedeva le scarpe che emanavano un fetore terribile, non le interessava che stesse soffocando la dentro, Hadas si voltò e guardò le persone che non ci sono più. Si addentrò e guardò le scarpe logore e sbrindellate stipate in gabbie metalliche chiuse e pensò alle persone a cui appartenevano e non poteva distogliere lo sguardo. L’essenza dell’umanità.
Lo dico perché ci sta accadendo qualcosa di terribile. Lo sento. I palestinesi sono stremati e disperati, sono soggiogati e oppressi, la loro capacità di resistere è stata ridotta, l’IDF entra ogni giorno nelle loro città e li uccide. Alcuni vengono semplicemente giustiziati con un colpo alla schiena o alla testa. I palestinesi vengono arrestati a centinaia e imprigionati a migliaia. Ultimamente il nostro grado di degenerazione ha raggiunto un nuovo livello. Ora ammettiamo che uccidiamo anche i bambini, che vengono giustiziati con i loro padri. D’ora in poi, ogni combattente palestinese saprà che se resiste all’Occupazione, avrà sulle mani il sangue dei suoi figli. Miar, di 11 anni, Ali, di 8, Hajar, di 4, Layan, di 10, Tamim Muhammad Daoud, di 5, Shadi, 17, Rami, 15, sono i testimoni silenziosi di questa mattanza. E siamo così disumani che i piloti di caccia parlano della loro emozionante esperienza nel bombardare, e su uno dei siti di notizie hanno pubblicato i racconti delle loro prodezze.
Ogni giorno che passa sento che noi israeliani stiamo perdendo la nostra umanità. Conduciamo una politica omicida nei confronti del popolo palestinese, alla quale nessun essere umano misericordioso e dalla coscienza onesta può restare indifferente. In qualche modo, ci siamo assuefatti alle notizie sugli orrori nei Territori Occupati, e andiamo tranquillamente avanti con le nostre vite. Ci siamo abituati alla crudeltà e ai crimini sistematici, e non importa più cosa succede. Non importa se i campi di grano vengono incendiati, gli ulivi sradicati, le comunità allontanate dai pascoli, se le mandrie muoiono di fame, le case e le scuole vengono distrutte, i corpi dei martiri trattenuti in ostaggio nei frigoriferi, la morte degli scioperanti della fame viene ignorata, le auto e le case vengono date alle fiamme, le persone vengono picchiate e terrorizzate, ci sono abusi e crudeltà, i bambini vengono uccisi con i loro genitori (l’altro ieri abbiamo sparato e ferito gravemente ad Haitham Tamimi insieme a Muhammad, suo figlio di due anni e mezzo).
In qualche modo tutto, anche se causa nostra, ci scivola addosso, svanisce. Ci siamo abituati alla banalità del male. E questa è forse la cosa peggiore che ci accade. Vi scrivo qui e vi dico: state attenti!
Non abituatevi perché sento che il silenzio è diffuso. Anche noi, nel campo della pace, il campo della riconciliazione e dell’umanità, noi che sosteniamo l’accettazione e la tolleranza, ci siamo indeboliti insieme ai nostri fratelli palestinesi. Non abituatevi come se fosse una specie di pioggia che cade che maschera il rumore delle ingiustizie e dei crimini che vengono inflitti a milioni di persone che sono i nostri vicini. In futuro, verrà un giorno in cui dovremo spiegare com’è successo che noi, il popolo sopravvissuto a un terribile Olocausto, stiamo portando avanti una versione ridotta e ammorbidita di quella catastrofe contro i palestinesi, dov’eravamo quando stava accadendo e cosa abbiamo fatto per impedirlo.
Ricordo la poesia di Brecht che Erela ci inviò quando stavamo raccogliendo fondi per Haroun che fu colpito al collo e morì dopo una terribile agonia. La poesia è stata scritta nel 1935 quando Brecht si rese conto di quello che stava per accadere, ma la maggior parte del pubblico continuò a sperare che tutto fosse temporaneo e che non sarebbe successo nulla.
Bertolt Brecht, “Quando il male arriva come pioggia cadente”
Quando il male arriva come pioggia cadente.
Come qualcuno che porta un importante lettera allo sportello dopo l’orario d’ufficio: ma lo sportello è già chiuso.
Come uno che cerca di avvertire la città di un’imminente alluvione, ma parla un’altra lingua. Non lo capiscono.
Come un mendicante che bussa per la quinta volta alla porta dove gli è stato già dato quattro volte qualcosa: la quinta volta ha fame.
Come uno a cui sgorga il sangue da una ferita e che attende il dottore: il suo sangue continua a scorrere.
Quindi ci facciamo avanti e diciamo che ci è stato fatto del male.
La prima volta che ci è stato riferito che i nostri amici erano stati massacrati ci fu un grido di orrore.
Poi cento furono massacrati.
Ma quando mille furono massacrati e non c’era fine al massacro, una coltre di silenzio si diffuse.
Quando il male arriva come pioggia cadente, nessuno grida
“Basta!”
Quando i crimini iniziano ad accumularsi, diventano invisibili. Quando le sofferenze diventano insopportabili le grida non si sentono più. Anche le grida cadono come pioggia d’estate.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org