Durante l’incessante bombardamento di Gaza da parte di Israele, sui social media indiani sono apparse narrazioni nazionaliste e indù, amplificando la disinformazione anti-palestinese e islamofobica.
Fonte: English version
Dana Hourany – 24 ottobre 2023
Sulla scia della guerra di Israele a Gaza, provocata dall’inaspettato attacco di Hamas il 7 ottobre, sui social media indiani è emersa una particolare tendenza.
Nelle ultime due settimane, gli account nazionalisti di destra – molti dei quali raffiguranti la bandiera indiana accanto a quella israeliana – hanno espresso online il più convinto sostegno a Israele, e sono tra i principali produttori e amplificatori della disinformazione anti-palestinesi
Questi filo-israeliani fanno sentire la loro presenza anche nelle strade dell’India, dove vengono organizzate manifestazioni a sostegno di Israele, esprimendo un sostegno incrollabile anche di fronte a eventi controversi come l’attentato all’ospedale Al Ahli, l’attacco più mortale di questa guerra. che ha ucciso oltre 470 palestinesi.
In India le narrazioni di destra hanno attribuito l’attacco a Hamas piuttosto che a Israele, nonostante le prove indichino la responsabilità di quest’ultimo.
Il primo ministro indiano Narendra Modi è stato uno dei primi leader a esprimere sostegno a Israele il 7 ottobre, affermando: “I nostri pensieri e le nostre preghiere sono con le vittime innocenti e le loro famiglie. Siamo solidali con Israele in questo momento difficile”.
“Gli esperti hanno osservato che le narrazioni indiane di destra stanno promuovendo in modo significativo la versione israeliana presso il pubblico dell’Asia meridionale, un gruppo demografico non facilmente raggiungibile dai media occidentali”
Nella guerra di Israele a Gaza, c’è stata un’ondata di disinformazione e notizie false sui social media, amplificata da piattaforme come X (ex Twitter), particolarmente focalizzate sulla diffusione di rivendicazioni anti-palestinesi e islamofobe.
Gli esperti hanno osservato che le narrazioni indiane di destra stanno promuovendo in modo significativo la versione israeliana presso il pubblico dell’Asia meridionale, un gruppo demografico non facilmente raggiungibile dai media occidentali.
Questo fenomeno potrebbe avere implicazioni nella vita reale della comunità musulmana indiana, dove il violento sentimento islamofobico è già diffuso.
“Mentre il sostegno a Israele online è estremamente ampio, c’è stato poco sostegno per i palestinesi”, ha detto a The New Arab Azad Essa, giornalista autore di “Hostile Homelands: The New Alliance Between India and Israel”.
“Molti musulmani in India mi hanno detto che c’è molta paura che, nel caso in cui scendessero in piazza in massa, verrebbero usati come un’altra scusa per etichettarli come ‘terroristi’ o per essere presi fisicamente di mira. Quindi c’è un sentimento di impotenza”.
Una bromance unica
In India, il partito al potere Bharatiya Janata Party (BJP) ha stretto forti legami con Israele, sia a livello politico che sociale.
Essa ha spiegato che l’Hindutva, l’ideologia e il movimento del nazionalismo indù, condivide l’approccio di Israele nell’affrontare i “terroristi”, riferendosi alla percezione dei musulmani in entrambi i Paesi.
Israele ha persino sostenuto l’India nei suoi passati conflitti con il Pakistan fornendo mortai, munizioni e missili avanzati a guida laser. L’India è il più grande acquirente di armi di fabbricazione israeliana, spendendo oltre 1 miliardo di dollari all’anno.
Nel 2017, il primo ministro Modi ha fatto la storia diventando il primo Primo Ministro indiano a recarsi in Israele. Durante la visita, disse che entrambi i Paesi condividono un “legame profondo e secolare”, inaugurando così una solida alleanza politica abbinata ad accordi militari e di sicurezza informatica.
“L’Hindutva e il sionismo condividono entrambi una natura espansionistica simile”, ha osservato Essa. “L’India considera indù tutta l’Asia meridionale, mentre Israele sogna un Grande Israele che si estenda oltre i suoi attuali confini”.
In entrambe queste nazioni, alcune fedi godono di più privilegi di altre, con indù ed ebrei che esercitano più diritti di qualsiasi minoranza.
L’islamofobia è in aumento dall’ascesa del BJP di Modi. Un rapporto dell’Islamic Council of Victoria con sede in Australia ha rivelato che la maggior parte dei tweet islamofobici su X provengono dall’India.
“La forza vincolante di queste ideologie nazionaliste risiede nell’islamofobia e nella spinta a mettere i musulmani al loro posto”, ha aggiunto Essa, spiegando che per l’India Israele funge da modello di governo.
“L’India aspira ad essere come Israele, immaginandosi come una democrazia liberale avanzata e del primo mondo, simile a Israele che, come sappiamo, non è una vera democrazia”, ha detto Essa.
Essa ha spiegato che i nazionalisti indù sognano di replicare il sistema di apartheid israeliano contro i palestinesi, e questo si riflette in una continua diffamazione online.
“In un certo senso, l’apartheid è ben avviato in India”, ha osservato.
“L’India è il Paese più popoloso al mondo con molti utenti Internet, soprattutto di lingua inglese, quindi la mobilitazione di influencer o disinfluencer indiani che promuovono la disinformazione è davvero significativa”
Guerra sui social media
In molti casi, i sentimenti anti-musulmani e islamofobici sono strumenti utilizzati dai leader populisti per guadagnare popolarità esacerbando i conflitti sociali e contrapponendo un gruppo all’altro, ha spiegato il professore associato di studi sul Medio Oriente presso l’Università Hamad bin Khalifa, Marc Owen Jones.
“Questo potrebbe essere utilizzato per aumentare la popolarità di Modi. Potrebbe essere una strategia politica progettata per compattare la sua base”, ha detto Jones a The New Arab, spiegando che il potere dei media digitali indiani e l’influenza sulla percezione degli eventi mondiali delle persone non dovrebbero essere sottovalutati.
“L’India è il Paese più popoloso al mondo con molti utenti Internet, soprattutto di lingua inglese, quindi la mobilitazione di influencer o disinfluencer indiani che promuovono la disinformazione è davvero significativa”, ha affermato Jones.
“Se guardi i Tweet (post su X) più popolari su Israele e Palestina, la maggior parte proviene da giornalisti indiani che tendono a sostenere Israele e a mal rappresentare la Palestina”, ha aggiunto.
La sezione IT del BJP, il dipartimento che gestisce le campagne sui social media, gioca un ruolo chiave. Secondo il libro “I Am a Troll” di Swati Chaturvedi, vengono assunti volontari per diffondere la propaganda seguendo le istruzioni della sezione e delle sue organizzazioni affiliate.
“Questa volta la quantità di disinformazione è sconcertante”, ha osservato Essa. “Migliaia di report indiani di destra stanno rafforzando la propaganda israeliana e aiutando Israele a influenzare il pubblico dell’Asia meridionale”.
Essa sottolinea che queste false narrazioni hanno un duplice scopo, non solo ritrarre i Palestinesi come terroristi, ma anche come molestatori di donne.
“Sia il sionismo che l’Hindutva condividono la paura comune di essere in inferiorità numerica rispetto ai musulmani, il che rafforza la causa del nazionalismo. Chiunque osi opporsi a queste ideologie viene etichettato come antinazionalista”, ha affermato Essa.
“È sempre più difficile parlare di Palestina in India”.
Pagati per diffondere false notizie
Una persona che lavora attivamente per sfatare la disinformazione e contrastare la propaganda israeliana amplificando al contempo le voci palestinesi è Mohammed Zubair, un giornalista indiano e co-fondatore di Alt News, un sito indiano di fact-checking senza scopo di lucro.
Zubair ha dovuto affrontare la reazione negativa delle versioni ufficiali, incluso il console generale di Israele nell’India del Midwest, Kbbi Shoshani, che in un suo post su X lo ha esortato a “smettere di diffondere notizie false e odio contro Israele”,.
“Le persone spesso non riescono a verificare i fatti e tendono a utilizzare qualsiasi informazione per giustificare gli attacchi contro i civili palestinesi”, ha detto Zubair a The New Arab.
Dato che l’India ha più utenti WhatsApp che utenti dei social media, Essa sostiene che la maggior parte della disinformazione proviene da WhatsApp, in particolare all’interno delle chat di gruppo di grandi dimensioni.
Zubair sostiene che X rimane tuttavia la piattaforma principale per la diffusione di disinformazione: “Numerosi influencer indiani di destra con un seguito sostanziale, alcuni addirittura seguiti da funzionari di alto rango come lo stesso Modi, svolgono un ruolo fondamentale nella diffusione della propaganda israeliana. “.
Questi post condividono intenzionalmente contenuti emotivi, anche se falsi, in modo da attirare un vasto pubblico, ha spiegato Zubair. Inoltre, le attuali normative di X consentono a questi account, in particolare agli abbonati a X Premium con seguiti e interazioni sostanziali, di guadagnare denaro, fornendo ulteriori incentivi per continuare a pubblicare.
Nonostante la possibilità della community di inviare note sotto a ogni post, che consentono al pubblico di spiegare i fatti, alcune persone rimangono impassibili e continuano a pubblicare per generare entrate, ha aggiunto Zubair. In questo modo, le campagne di disinformazione diventano attività redditizie.
“Prima dell’acquisizione della piattaforma da parte di Elon Musk nel 2022, gli account che pubblicavano contenuti inappropriati o falsi ricevevano avvisi prima di essere sospesi. Ora, questi account vengono amplificati, soprattutto se hanno un segno di spunta blu”, ha spiegato Zubaied.
Nonostante gli sforzi da parte di singoli individui che sostengono la parte palestinese, la posizione filo-israeliana rimane dominante tra l’opinione pubblica.
In un recente incidente, un musulmano di 20 anni del distretto di Hospet del Karnataka è stato arrestato per aver pubblicato uno stato WhatsApp che sembrava “sostenere” la Palestina. Alcuni media locali hanno descritto il post come “provocatorio”, a fronte di un contenuto che presentava un’immagine della Palestina devastata dalla guerra con le parole “Noi stiamo con la Palestina – Palestina Zindabad”.
“Questa ondata di disinformazione avrà senza dubbio implicazioni per i musulmani in India, poiché dovranno confrontarsi con ogni attacco terroristico che dovesse avvenire in qualsiasi parte del mondo e giustificare il fatto che non sono associati a gruppi militanti come Hamas”, ha osservato Zubair.
Jones osserva che il sentimento islamofobico può avere conseguenze nella vita reale dei musulmani di tutto il mondo, simili alla tragica uccisione di Wadea Al-Fayoume, un bambino di sei anni a Chicago, pugnalato a morte da un uomo e preso di mira con sua madre perché musulmani e palestinesi americani.
“L’islamofobia derivante dai report indiani non contribuirà ai crimini d’odio solo all’interno dell’India. Chi dice che non influenzerà le vite dei musulmani all’estero, compresi quelli che vivono negli Stati Uniti, ad esempio?” si chiede Jones.
Dana Hourany è una giornalista multimediale con sede a Beirut
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestinaorg