Lanciamo il nostro grido di speranza: perché non possiamo trascurare il fatto che Israele prende di mira i cristiani palestinesi

Anche se gli attacchi israeliani contro i cristiani palestinesi vanno avanti da decenni, è solo in seguito all’assalto a Gaza che molti hanno scoperto questa realtà. Ora, la gente deve rispondere al loro appello per porre fine alla brutalità di Israele.

Fonte: English version
Di Daud Kuttab – 6 dicembre 2023

Molte persone in tutto il mondo sono venute a conoscenza della questione israelo-palestinese a seguito della violenza dentro e intorno a Gaza. Se si seguono i media tradizionali, si potrebbe dire che il conflitto è iniziato il 7 ottobre, quando Hamas ha attaccato il “pacifico” Stato di Israele.

Pochi, soprattutto quelli che dipendono da altre fonti di informazione, potrebbero aver appreso che i palestinesi sotto un assedio israeliano che dura da 16 anni erano finalmente riusciti a fuggire da Gaza, o da quella che il cardinale cattolico di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa ha definito “una prigione a cielo aperto”.

Molti dei nuovi interessati al conflitto hanno subito notato il doppio criterio dei governi e dei media occidentali e sono rimasti sconvolti anche dal razzismo che Israele nutre nei confronti dei palestinesi. Ma questa scoperta spesso ha trascurato un fattore importante.

L’Occupazione, la Dominazione e la Discriminazione israeliani non si limitano a una particolare religione. Anche se Hamas ha usato il termine islamico Onda di Al Aqsa in riferimento alla sua Operazione, il fatto è che persone di ogni provenienza e religione si sono identificate con il Movimento di Resistenza Palestinese, non a causa del sostegno all’Islam.

Inoltre, i membri della comunità internazionale sembrano spesso sorpresi nell’apprendere dell’esistenza di cristiani palestinesi e potrebbero non essere in grado di comprendere la presenza ininterrotta di cristiani in Palestina e nella regione sin dalla nascita di Cristo nella città palestinese di Betlemme.

Betlemme, Nazaret e Gerusalemme, dove Gesù è nato, è cresciuto ed è stato crocifisso, sono tutte città palestinesi con una chiara presenza arabo-cristiana.

La Chiesa Ortodossa Romana di San Porfirio a Gaza City è la terza chiesa più antica del mondo. Si trova anche vicino all’ospedale gestito dagli anglicani, popolarmente chiamato Ospedale Battista, anch’esso bombardato causando morte e distruzione.

Il Patriarcato Ortodosso di Gerusalemme, che gestisce la chiesa, ha affermato che molti dei presenti all’interno all’epoca erano donne e bambini e ha accusato Israele di prendere di mira le chiese.

Secondo quanto riportato dal Guardian, l’esercito israeliano ha affermato di aver danneggiato “un muro di una chiesa” quando ha colpito un “centro di comando e controllo” di Hamas nelle vicinanze, ma ha negato di aver preso di mira intenzionalmente la Chiesa di San Porfirio. L’esercito israeliano ha fornito un video che mostrava un potente missile che colpiva un edificio immediatamente adiacente alla chiesa e ha affermato che l’incidente era in fase di indagine.

Ricordando i villaggi cristiani palestinesi

Ma mentre per molti la scoperta dei cristiani palestinesi è stata una novità; la loro oppressione è antica quanto lo stesso Stato di Israele. Gli attuali tentativi da parte di Israele di forzare l’espulsione dei palestinesi dal Nord di Gaza al Sinai egiziano (con la scusa di proteggerli) hanno riportato alla memoria del popolo palestinese di essere diventato profugo 75 anni fa e di non poter più tornare. Uno dei casi più eclatanti di privazione dei diritti civili e di rifiuto di consentire il ritorno dei profughi è accaduto a cittadini dello Stato di Israele che erano cristiani palestinesi.

Nell’inverno del 1948, sei mesi dopo la creazione di Israele, e quando l’esercito israeliano stava affrontando gli attacchi transfrontalieri provenienti dal Libano, chiese agli abitanti di due villaggi, per lo più arabi cristiani, di lasciare temporaneamente le loro case promettendo loro che sarebbero potuti tornare qualche settimana dopo, quando il pericolo fosse stato debellato.

I cristiani palestinesi di Kirit e Biram hanno ascoltato i nuovi governanti e hanno accettato di lasciare temporaneamente i loro villaggi, salvo poi vedersi negare il ritorno, nonostante siano cittadini legittimi dello Stato di Israele. Non solo, ma quando un’alta corte israeliana si è pronunciata a favore del loro ritorno, l’aviazione israeliana ha bombardato interi villaggi per impedirne qualsiasi ritorno.

La storia dei cristiani palestinesi di questi due villaggi è descritta in dettaglio in Blood Brothers (Fratelli di Sangue), un libro del sacerdote melchita padre Elias Chacour. Nel 1994 il Washington Post pubblicò un lungo articolo sul caso, intitolato: Quando Due Settimane Diventano 45 Anni. Oggi, quelle due settimane equivalgono a 75 anni e non vi è alcun segno che i cittadini cristiani palestinesi di Israele ritornino mai.

Il razzismo anticristiano oggi

Più recentemente, però, e soprattutto da quando il governo israeliano di estrema destra ha preso il potere nell’ottobre 2022, i fondamentalisti israeliani si sono presi il diritto di intimidire i cristiani palestinesi, danneggiare le loro chiese e cimiteri, aggredire regolarmente leader religiosi e profanare luoghi santi.

Nir Hasson, il corrispondente da Gerusalemme per Haaretz, si trovava sulla scena quando si è verificato un fatto particolarmente grave il 5 ottobre, appena due giorni prima che venissero lanciati gli attacchi su Gaza. L’episodio che ha filmato e pubblicato mostrava un gruppo di pellegrini cristiani che trasportavano una grande croce di legno nella Città Vecchia di Gerusalemme, mentre venivano sputati ripetutamente da uomini e ragazzi ebrei Haredi adulti. Il video è diventato virale, suscitando indignazione in tutto il mondo.

Yisca Harani, creatrice del nuovo Centro Dati sulla Libertà Religiosa (Religious Freedom Data Center), ha spiegato che gli attacchi non sono episodi isolati.

Dopo il 7 ottobre, tuttavia, nessuno è stato risparmiato dalla feroce vendetta di Israele. Un ospedale e una chiesa gestiti da cristiani sono stati bombardati, con molti palestinesi uccisi e feriti. Ciò ha portato i leader della Chiesa palestinese a lanciare una serie di appelli per un cessate il fuoco.

Successivamente è stato lanciato un allarme dalle Nazioni Unite, dalle agenzie umanitarie e dalle organizzazioni per i diritti umani che hanno rilasciato molteplici dichiarazioni affermando che i crimini di guerra di Hamas non potranno mai giustificare i crimini di guerra di Israele. La legge di guerra prevede che i civili debbano essere risparmiati; i bombardamenti non devono aver luogo se non sono contro un obiettivo militare legittimo.

Gli attacchi di Hamas, che hanno coinvolto anche soldati e civili presi in ostaggio, hanno prodotto una delle più vili risposte israeliane da parte di funzionari israeliani che hanno fatto pubblicamente dichiarazioni genocide e disumanizzanti. All’inizio di questa guerra un portavoce dell’esercito israeliano ha affermato che le loro azioni contro i palestinesi a Gaza si basano “sul massimo danno e non sulla precisione”. Ciò è avvenuto quando il 9 ottobre il Ministro della Difesa israeliano ha iniziato (e implementato) il Crimine di Guerra di impedire l’accesso all’acqua, elettricità, cibo, carburante e forniture mediche a 2,2 milioni di palestinesi intrappolati in una piccola parte dei Territori Palestinesi Occupati.

Il duro attacco ai palestinesi descritto da molti, compresi i funzionari dimissionari delle Nazioni Unite, come un innalzamento del livello di Genocidio, è avvenuto a causa del via libera che Israele ha ricevuto dal Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, per commettere il suo assalto contro il popolo di Gaza. Gli attacchi non sono venuti dal nulla, sono la conseguenza dei continui sforzi di Israele per disumanizzare i palestinesi come un modo per giustificare i loro attacchi.

L’uso del termine “animali” da parte del Ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant per descrivere i palestinesi, è un esempio lampante. Anche il capo dell’esercito israeliano, Herzl Halevi, ha dichiarato: “Sono animali e li tratteremo di conseguenza”. Questa designazione non si limita a Hamas e ai suoi combattenti, ma copre tutta la popolazione di Gaza, che viene punita collettivamente per il 7 ottobre.

Gerusalemme e la guerra a Gaza

Oltre alla situazione a Gaza, i palestinesi soffrono anche a Gerusalemme, nel resto della Cisgiordania e in Israele. Lavoratori, studenti e persino personale medico sono stati licenziati perché avevano video sui loro telefoni che riflettevano la tragedia di Gaza. Poiché l’esercito israeliano ha cambiato le regole di ingaggio, ai coloni ebrei è stato permesso di imperversare nei villaggi e nelle città palestinesi.

Mentre il mondo era concentrato sulla situazione a Gaza, i coloni ebrei estremisti erano impegnati a compiere violenti attacchi in Cisgiordania. Gli agricoltori palestinesi che vivevano vicino agli insediamenti ebraici illegali un giorno si sono svegliati scoprendo che era stato loro negato l’accesso al raccolto che stavano aspettando da tutto l’anno. I coloni hanno anche abbattuto alberi di ulivo e sono stati segnalati casi di coloni che hanno rubato il raccolto di olive ai palestinese sotto la minaccia delle armi, ma la polizia israeliana non ha fatto nulla per dare seguito alle denunce.

Ancora una volta, la maggior parte di tali attacchi si è concentrata sulla città vecchia di Gerusalemme con il chiaro intento di trasformare i residenti, in gran parte palestinesi, musulmani e cristiani, in ebrei israeliani.

L’ultima vittima della brama dei coloni per la terra palestinese è stato il quartiere armeno, adiacente al Muro Occidentale ebraico e al quartiere ebraico. Basandosi su un controverso accordo fondiario che il Patriarca armeno ha legalmente rescisso, gli estremisti ebrei cercano da secoli di impossessarsi delle terre appartenenti alla Chiesa armena.

Il controverso investitore che si fa chiamare Danny Rubenstein o Danny Rothman afferma di avere un accordo per costruire un hotel di lusso su una superficie pari a un quarto del quartiere armeno. A metà ottobre, mentre il mondo era concentrato su Gaza, ha portato gli escavatori, una società di sicurezza privata con cani e coloni ebrei in una dimostrazione di forza per intimidire la comunità armena e iniziare a demolire le proprietà della chiesa.

Uno di coloro che tentano di impossessarsi della terra usando la prepotenza contro gli armeni che protestano (compresi i leader religiosi armeni), è un colono ebreo incriminato penalmente, Saadia Hershkop, che aiuta il razzista Ministro degli Interni israeliano, Itamar Ben Gvir.

Per il momento l’unità comunale contraria all’accordo fondiario, pubblicamente sostenuta dal capo delle Chiese di Gerusalemme, sembra aver respinto i tentativi di impossessarsi delle proprietà della Chiesa.

Attaccare i cristiani unisce palestinesi e arabi

I palestinesi, compresi gli abitanti di Gaza, non sono Hamas, come ha detto il Presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas al Primo Ministro britannico Rishi Sunak quando i due si sono incontrati al Cairo. Certamente i palestinesi cristiani non hanno nulla a che fare con il movimento fondamentalista islamico Hamas. Allora perché ospedali, chiese, moschee, panetterie e case vengono presi di mira continuamente senza un sussurro dal cosiddetto mondo libero?

Paradossalmente, prendendo di mira tutti i palestinesi, compresa la piccola comunità palestinese cristiana di Gaza, gli israeliani hanno cementato l’unità nazionale in Palestina e oltre, compresa la vicina Giordania. Le proteste e le veglie dei cristiani arabi in opposizione all’assalto israeliano e in sostegno della Resistenza Palestinese hanno fatto uscire per la prima volta centinaia di cristiani giordani.

Una madre cattolica palestinese ha pubblicato un appello a Biden in quanto cattolico, affinché basi le sue politiche sulle sue convinzioni morali: “Non siamo figli di un Dio minore, signor Presidente, siamo i cristiani palestinesi della Terra Santa, dove è iniziato il messaggio di amore, pace e giustizia, e vi chiediamo di fermare questo Genocidio”.

I cristiani palestinesi hanno inviato una lettera aperta ai leader e ai teologi della Chiesa occidentale, un “appello al pentimento” che ha raccolto migliaia di firme e viene diffuso in tutto il mondo.

La lettera promette che: “I cristiani palestinesi continueranno a essere saldi nella loro speranza, resilienti nella loro testimonianza, e continueranno a impegnarsi per il Vangelo della fede, della speranza e dell’amore, di fronte alla tirannia e all’oscurità”. È stato inoltre affermato che l’appello al cessate il fuoco “nasce dal semplice fatto che sono a favore della vita. Non possiamo restare fermi mentre le persone muoiono di fame, sete, mancanza di accesso medico, mancanza di accesso al carburante per generare elettricità e vittime di bombardamenti indiscriminati che causano morti e feriti diffusi, nonché la distruzione di case, scuole, panifici e redazioni dei media”.

L’appello cristiano palestinese, che finora ha raccolto oltre 17.000 firme, si conclude con una citazione dal documento Kairos Palestine del 2009: “In assenza di ogni speranza, lanciamo il nostro grido di speranza. Crediamo in Dio, buono e giusto. Crediamo che la bontà di Dio trionferà finalmente sul male dell’odio e della morte che persistono nella nostra terra. Vedremo qui una terra nuova e un essere umano nuovo, capace di elevarsi nello spirito per amare ciascuno dei suoi fratelli e sorelle”. (https://www.kairospalestine. ps/sites/default/files/ Italian.pdf)

Daoud Kuttab è un giornalista e attivista dei media palestinesi. È stato Professore di Giornalismo alla facoltà Ferris dell’Università di Princeton, è attualmente il direttore generale della Rete Multimediale Comunitaria (Community Media Network – CMN).

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org