La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia è stata una vittoria giuridica per il Sudafrica e i palestinesi, ma non fermerà il massacro.
Fonte: English version
Di Chris Hedges – 26 gennaio 2024
La Corte Internazionale di Giustizia ha rifiutato di attuare la richiesta più importante avanzata dai giuristi sudafricani: “Lo Stato di Israele sospenderà immediatamente le sue operazioni militari dentro e contro Gaza”. Ma allo stesso tempo, ha inferto un duro colpo al mito fondativo di Israele. Israele, che si presenta come eternamente perseguitato, è stato credibilmente accusato di aver commesso un Genocidio contro i palestinesi a Gaza. I palestinesi sono le vittime, non gli autori, del “Crimine dei Crimini”. Un popolo, un tempo bisognoso di protezione dal Genocidio, ora sta potenzialmente commettendone uno. La sentenza della Corte mette in discussione la vera ragion d’essere dello “Stato Ebraico” e mette in discussione l’impunità di cui Israele ha goduto sin dalla sua fondazione 75 anni fa.
La Corte ha ordinato a Israele di adottare sei misure provvisorie per prevenire atti di Genocidio, misure che saranno molto difficili se non impossibili da attuare se Israele continuerà il bombardamento a tappeto di Gaza e la distruzione sistematica delle sue infrastrutture vitali.
La Corte ha invitato Israele “a prevenire e punire l’incitamento diretto e pubblico a commettere Genocidio”. Ha chiesto a Israele di “adottare misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura dei servizi di base e dell’assistenza umanitaria urgentemente necessari”. Ha ordinato a Israele di proteggere i civili palestinesi, di proteggere le circa 50.000 donne che partoriscono a Gaza e adottare “misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative alle accuse di atti che rientrano nel campo di applicazione degli Articoli 2 e 3 della Convenzione sulla Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio contro membri della comunità palestinese nella Striscia di Gaza”.
La Corte ha ordinato a Israele di “prendere tutte le misure in suo potere” per prevenire i crimini che equivalgono a Genocidio come “uccidere, causare gravi danni fisici e mentali, infliggere al gruppo condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica in tutto o in parte, e imponendo misure volte a prevenire la natalità all’interno del gruppo”.
A Israele è stato ordinato di riferire entro un mese per esporre i suoi interventi per attuare le misure provvisorie.
mentre la sentenza veniva letta all’Aja, Gaza veniva colpita con bombe, missili e proiettili d’artiglieria: almeno 183 palestinesi sono stati uccisi nelle ultime 24 ore. Dal 7 ottobre sono stati uccisi più di 26.000 palestinesi. Secondo il Ministero della Sanità palestinese, i feriti sono quasi 65.000. Altre migliaia sono dispersi. La carneficina continua. Questa è l’agghiacciante realtà.
Tradotto in parole semplici, la Corte sta dicendo che Israele deve nutrire e fornire assistenza medica alle vittime, cessare le dichiarazioni pubbliche che sostengono il Genocidio, preservare le prove del Genocidio e smettere di uccidere civili palestinesi. Tornare e riferire tra un mese.
È difficile immaginare come si possano applicare queste misure provvisorie se la carneficina a Gaza continua.
“Senza un cessate il fuoco, la sentenza non sortirà alcun effetto”, ha dichiarato senza mezzi termini, dopo la sentenza, Naledi Pandor, Ministro delle Relazioni Internazionali sudafricano.
Il tempo non è dalla parte dei palestinesi. Migliaia di palestinesi moriranno entro un mese. Secondo le Nazioni Unite, i palestinesi di Gaza costituiscono l’80% di tutte le persone che soffrono di fame o malnutrizione nel mondo. Si prevede che all’inizio di febbraio l’intera popolazione di Gaza mancherà di cibo a sufficienza, con mezzo milione di persone che soffriranno la fame, secondo la Food Security Phase Classification (Classificazione della Fase di Sicurezza Alimentare), basata sui dati delle agenzie delle Nazioni Unite e delle ONG. La carestia indotta da Israele è pianificata.
Nella migliore delle ipotesi, la Corte, anche se non si pronuncerà per alcuni anni sulla questione se Israele stia commettendo un Genocidio, ha concesso la legittimità di usare la parola “Genocidio” per descrivere ciò che Israele sta facendo a Gaza. Ciò è molto significativo, ma non è sufficiente, data la catastrofe umanitaria a Gaza.
Israele ha sganciato quasi 30.000 bombe e granate su Gaza, otto volte più bombe di quelle che gli Stati Uniti hanno sganciato sull’Iraq durante sei anni di guerra. Ha utilizzato centinaia di bombe da 2.000 libbre (900 kg) per radere al suolo aree densamente popolate, compresi i campi profughi. Queste bombe “Bunker Buster” (munizioni progettate per penetrare bersagli fortificati o sepolti in profondità nel sottosuolo, come i bunker militari) hanno un raggio di distruzione di 300 metri. L’assalto aereo israeliano è diverso da qualsiasi cosa vista dai tempi del Vietnam. Gaza, lunga solo 32 chilometri e larga otto, sta rapidamente diventando, per definizione, inabitabile.
Israele senza dubbio continuerà il suo attacco sostenendo che non viola le direttive della Corte. Inoltre, l’amministrazione Biden porrà senza dubbio il veto alla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza che chiede a Israele di attuare le misure provvisorie. L’Assemblea Generale, se il Consiglio di Sicurezza non approva le misure, può votare nuovamente chiedendo un cessate il fuoco, ma non ha il potere di imporlo.
La causa, Defense for Children International – Palestine (Difesa Internazionale per l’Infanzia – DCIP) contro Joe Biden è stata presentata a novembre dal Centro per i Diritti Costituzionali contro il Presidente Joe Biden, il Segretario di Stato Antony Blinken e il Segretario alla Difesa Lloyd Austin. La causa mette in discussione la capacità del governo degli Stati Uniti di impedire la complicità nel Genocidio del popolo palestinese in corso da parte di Israele. Chiede alla Corte di ordinare all’amministrazione Biden di cessare il sostegno diplomatico e militare e di adempiere ai suoi obblighi giuridici ai sensi del Diritto Internazionale e federale.
L’unica Resistenza attiva per fermare il Genocidio di Gaza è il blocco del Mar Rosso. Lo Yemen, sotto assedio da otto anni da parte di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, ha registrato oltre 400.000 morti per fame, mancanza di assistenza sanitaria, malattie infettive e bombardamenti deliberati di scuole, ospedali, infrastrutture, aree residenziali, mercati, funerali e matrimoni. Almeno dal 2017 diverse agenzie delle Nazioni Unite hanno descritto lo Yemen come “la più grande crisi umanitaria del mondo”, gli yemeniti sanno fin troppo bene ciò che i palestinesi stanno sopportando.
La Resistenza dello Yemen, quando la storia di questo Genocidio sarà scritta, lo distinguerà da quasi tutte le altre nazioni. Il resto del mondo, compreso il mondo arabo, si ritira in condanne retoriche inefficaci o sostiene attivamente la cancellazione di Gaza e dei suoi 2,3 milioni di abitanti da parte di Israele.
Il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth ha riferito che gli Stati Uniti hanno inviato in Israele 230 aerei cargo e 20 navi piene di proiettili di artiglieria, veicoli corazzati e attrezzature da combattimento dopo gli attacchi del 7 ottobre, in cui sono rimasti uccisi circa 1.200 israeliani. Secondo il sito investigativo britannico Declassified UK, armi ed equipaggiamenti militari statunitensi vengono spediti in Israele, che è a corto di munizioni, dalla base dell’Aviazione britannica Akrotiri a Cipro. Il quotidiano israeliano Haaretz ha riferito che più di 40 aerei da trasporto statunitensi e 20 britannici, insieme a sette elicotteri da trasporto pesante, sono arrivati dalla base di Akrotiri, a 40 minuti di volo da Tel Aviv. Secondo quanto riferito, la Germania prevede di fornire a Israele 10.000 proiettili di precisione da 120 mm. Se la Corte si pronuncia contro Israele, questi Paesi saranno riconosciuti dal più importante tribunale internazionale del mondo come complici del Genocidio.
La sentenza è stata respinta dai leader israeliani.
Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, cercando di dipingere la decisione di non chiedere un cessate il fuoco come una vittoria per Israele, ha affermato: “Come ogni Paese, Israele ha il diritto intrinseco di difendersi. Il vile tentativo di negare a Israele questo diritto fondamentale costituisce una palese discriminazione contro lo Stato Ebraico ed è stato giustamente respinto. L’accusa di Genocidio contro Israele non è solo falsa, è oltraggiosa, e le persone oneste ovunque dovrebbero respingerla”.
“La decisione del tribunale antisemita dell’Aja dimostra ciò che era già noto: questo tribunale non cerca giustizia, ma piuttosto la persecuzione del popolo ebraico”, ha detto il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir. “Rimasero in silenzi durante l’Olocausto e oggi continuano con l’ipocrisia e fanno un ulteriore passo avanti”.
La Corte Internazionale di Giustizia è stata fondata nel 1945 in seguito all’Olocausto nazista. Il primo caso esaminato fu presentato alla Corte nel 1947.
“Le decisioni che mettono in pericolo la sopravvivenza dello Stato di Israele non devono essere ascoltate”, ha aggiunto Ben-Gvir. “Dobbiamo continuare a sconfiggere il nemico fino alla completa vittoria”.
La Corte, che ha respinto le argomentazioni avanzate da Israele per archiviare il caso, ha riconosciuto “che l’operazione militare condotta da Israele in seguito all’attacco del 7 ottobre 2023 ha provocato, tra l’altro, decine di migliaia di morti e feriti e la distruzione di case, scuole, strutture mediche e altre infrastrutture vitali, nonché sfollamenti su vasta scala”.
La sentenza includeva una dichiarazione rilasciata dal Sottosegretario Generale per gli Affari Umanitari dell’ONU e dal Coordinatore degli Aiuti di Emergenza dell’ONU, Martin Griffiths, che il 5 gennaio ha definito Gaza “un luogo di morte e disperazione”. Il documento del tribunale continuava:
“Le famiglie dormono all’aperto mentre le temperature precipitano. Le aree in cui ai civili è stato detto di trasferirsi per la loro sicurezza sono state bombardate. Le strutture mediche sono sotto attacco incessante. I pochi ospedali parzialmente funzionanti sono sopraffatti da casi di trauma, gravemente a corto di tutte le forniture e innondati da una marea umana di disperati in cerca di sicurezza.
Si sta verificando un immane disastro sanitario. Le malattie infettive si stanno diffondendo nei rifugi sovraffollati mentre le fogne traboccano. Circa 180 donne palestinesi partoriscono ogni giorno in questo caos. Le persone si trovano ad affrontare i più alti livelli di insicurezza alimentare mai registrati. La carestia è dietro l’angolo.
Per i bambini in particolare, le ultime 12 settimane sono state traumatiche: niente cibo. Niente acqua. Niente scuola. Nient’altro che i terrificanti suoni della guerra, giorno dopo giorno.
Gaza è semplicemente diventata inabitabile. La sua popolazione è testimone quotidiana di minacce alla sua stessa esistenza, mentre il mondo sta a guardare”.
La Corte ha riconosciuto che “un 93% senza precedenti della popolazione di Gaza sta affrontando livelli critici di fame, con cibo insufficiente e alti livelli di malnutrizione. Almeno una famiglia su quattro si trova ad affrontare condizioni catastrofiche: sperimentando un’estrema mancanza di cibo e morendo di fame, e fatto ricorso alla vendita dei propri beni e ad altre misure estreme per permettersi un semplice pasto. La fame, la miseria e la morte sono evidenti”.
La sentenza, citando Philippe Lazzarini, Commissario Generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Impiego dei Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA), continua:
“I rifugi sovraffollati e poco igienici dell’UNRWA sono diventati la ‘casa’ di oltre 1,4 milioni di persone”, si legge nella sentenza. “Manca loro tutto, dal cibo all’igiene all’intimità. Le persone vivono in condizioni disumane, dove le malattie si diffondono, anche tra i bambini. Vivono nell’invivibile, con la carestia che incombe”.
La situazione dei bambini a Gaza è particolarmente straziante. Un’intera generazione di bambini è traumatizzata e ci vorranno anni per guarire. Migliaia sono stati uccisi, mutilati e resi orfani. Centinaia di migliaia sono privi di istruzione. Il loro futuro è in pericolo, con conseguenze di vasta portata e di lunga durata.
La Corte ha anche fatto riferimento esplicitamente ai commenti fatti da diversi alti funzionari del governo israeliano che sostengono il Genocidio, tra cui il Presidente e il Ministro della Difesa. Le dichiarazioni rilasciate dal governo e da altri funzionari costituiscono un elemento cruciale della componente “intento” quando si cerca di stabilire il Crimine di Genocidio.
Ha citato il Ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant che ha dichiarato, due giorni dopo l’attacco guidato da Hamas del 7 ottobre, di aver ordinato un deliberato “blocco totale” della città di Gaza: “niente elettricità, niente cibo, niente carburante”.
“Ho applicato tutte le restrizioni, visto contro cosa stiamo combattendo. Stiamo combattendo degli animali. Questo è l’ISIS di Gaza”, ha detto Gallant alle truppe israeliane ammassate intorno a Gaza il giorno successivo. “Questo è ciò contro cui stiamo combattendo. Gaza non tornerà a essere quella di prima. Non ci sarà Hamas. Faremo piazza pulita. Se non ci vorrà un giorno, ci vorrà una settimana, o mesi, ma raggiungeremo tutti gli obiettivi”.
La Corte Internazionale di Giustizia ha citato le affermazioni del Presidente israeliano Isaac Herzog: “Non è vera questa retorica sui civili non consapevoli, non coinvolti. Non è assolutamente vero. Avrebbero potuto insorgere. Avrebbero potuto combattere contro quel regime malvagio che ha preso il controllo di Gaza con un Colpo di Stato. Ma siamo in guerra. Siamo in guerra. Difendiamo la nostra Patria”. Herzog ha continuato: “Stiamo proteggendo la nostra Patria. È la verità. E quando una nazione protegge la propria casa, combatte. E combatteremo finché non spezzeremo loro la spina dorsale”.
La decisione di oggi è stata letta dall’attuale Presidente della Corte, il Giudice Joan Donoghue, un avvocato statunitense che ha lavorato presso il Dipartimento di Stato americano e il Dipartimento del Tesoro prima di entrare a far parte della Corte nel 2010.
“Secondo la Corte, i fatti e le circostanze sopra menzionati sono sufficienti per concludere che almeno alcuni dei diritti rivendicati dal Sudafrica e per i quali sta cercando protezione sono plausibili”, si legge. “Questo è il caso del diritto dei palestinesi di Gaza ad essere protetti dagli atti di Genocidio e dei relativi atti proibiti identificati nell’Articolo 3, e del diritto del Sudafrica di chiedere il rispetto da parte di Israele degli obblighi di quest’ultimo ai sensi della Convenzione sul Genocidio”.
Dalla sentenza risulta chiaro che la Corte è pienamente consapevole della portata dei Crimini di Israele. Ciò rende ancora più angosciante la decisione di non chiedere l’immediata sospensione dell’attività militare israeliana dentro e contro Gaza.
Ma la Corte ha sferrato un duro colpo al mito che Israele ha utilizzato sin dalla sua fondazione per portare avanti il suo progetto coloniale contro gli abitanti nativi della Palestina storica. Ha reso credibile la parola Genocidio, quando applicata a Israele.
Chris Hedges è un giornalista vincitore del Premio Pulitzer, è stato corrispondente estero per quindici anni per il New York Times, dove ha lavorato come capo dell’Ufficio per il Medio Oriente e dell’Ufficio balcanico per il giornale. In precedenza ha lavorato all’estero per The Dallas Morning News, The Christian Science Monitor e NPR. È il conduttore dello spettacolo RT America nominato agli Emmy Award On Contact.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org