L’ultimo attacco israeliano all’ospedale di al-Shifa e il successo della consegna di aiuti alimentari nel nord di Gaza sono collegati. Ecco come.
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Mondoweiss Editore – 18 marzo 2024
Immagine di copertina: Gli aiuti arrivano alla struttura dell’UNRWA a Jabalia, nel nord di Gaza, il 17 marzo 2024. (Foto: Ashraf Amra/APA Images)
Negli ultimi due giorni sono successe una serie di cose che apparentemente non avevano nulla a che fare tra loro. Lunedì alle 2 di notte l’esercito israeliano ha fatto irruzione nell’ospedale di al-Shifa, entrando con carri armati e sparando pesanti colpi di arma da fuoco, uccidendo e ferendo decine di persone. Si è trattato della quarta invasione di al-Shifa da ottobre, che ha comportato l’arresto di oltre 80 persone.
Il giorno prima, 13 camion umanitari erano arrivati nel nord di Gaza per la prima volta in quattro mesi senza essere respinti dall’esercito israeliano o provocare il massacro di palestinesi affamati. Le persone che si accalcavano al magazzino dell’UNRWA nel campo profughi di Jabalia per ricevere gli aiuti stavano in file insolitamente ordinate e aspettavano pazientemente la distribuzione di farina, riso e altri generi alimentari. Si sono visti molti esultare una volta arrivati gli aiuti, una scena catturata da Al Jazeera.
Ma quello che pochi sanno è che il successo della consegna degli aiuti alimentari nel nord di Gaza, estremamente necessari, è ciò che ha portato l’esercito israeliano a lanciare il giorno successivo il suo raid mortale attacco contro l’ospedale al-Shifa.
La connessione tra questi due eventi può essere spiegata solo comprendendo chi Israele aveva preso di mira nel raid: l’ormai martire Faiq Mabhouh.
Mabhouh era il direttore delle operazioni delle forze di polizia di Gaza, una parte dell’amministrazione civile del governo di Gaza. A differenza dell’ala militare di Hamas, le Brigate Qassam, Mabhouh non operava clandestinamente, perché non era obbligato a farlo: era responsabile delle forze dell’ordine civili. Dopo la sua morte, Hamas ha rilasciato una dichiarazione in cui confermava che egli “si era impegnato in attività puramente civili e umanitarie”.
Tuttavia, secondo i portavoce militari israeliani e i media israeliani, Israele aveva lanciato una “operazione precisa” su al-Shifa per prendere di mira un “operativo di punta di Hamas”, o un “comandante senior di Hamas”, che secondo l’esercito stava pianificando attacchi contro Israele.
L’attacco ad al-Shifa è stata un’operazione di assassinio mirata a distruggere l’ordine civile nel nord di Gaza per facilitare il progetto genocida di Israele.
Fare affermazioni così sfacciate senza prove per giustificare l’attacco a ospedali e rifugi è stato un segno distintivo della condotta dell’esercito israeliano durante tutto il suo attacco genocida. Ma il vero significato dell’attacco non sta nel desiderio di svuotare il più grande rifugio civile del nord di Gaza, che ospita 30.000 persone, ma nel vanificare il ruolo chiave di Faiq Mabhouh nel coordinare la fornitura di aiuti umanitari ai civili affamati a Gaza, ripristinando al tempo stesso una parvenza di socialità e ordine al nord.
In altre parole, l’attacco ad al-Shifa è stata un’operazione di assassinio mirata a distruggere l’ordine civile nel nord di Gaza. Mirava a facilitare il progetto genocida di Israele e ad aprire la strada al controllo totale dell’area senza che ci sia resistenza.
Gli eventi in corso negli ultimi giorni mettono in luce le intenzioni di Israele di pianificare la carestia e di contribuire al collasso sociale. Ci ricorda che questa non è solo una guerra contro la resistenza di Gaza, ma anche contro il suo popolo.
Fornire aiuti evitando un altro “massacro della farina”
Il 17 marzo, sui social media sono circolate immagini di opuscoli recanti la firma delle “Forze di sicurezza palestinesi” indirizzati a tutti i civili nel nord di Gaza. Al fine di “garantire l’arrivo sicuro degli aiuti” nel nord, l’avviso vietava a tutte le persone di riunirsi alla rotonda del Kuwait e a Salah al-Din Street, i principali punti di ingresso attraverso i quali gli aiuti umanitari raggiungono il nord. Nella maggior parte dei tentativi precedenti, folle di persone affamate si radunavano in quei luoghi e si precipitavano sui camion degli aiuti non appena arrivavano.
Le forze israeliane hanno sparato sulla folla molte volte, uccidendo centinaia di persone, come durante il più tristemente noto “massacro della farina” del 3 marzo. Nelle occasioni in cui Israele non ha falciato la folla disperata, ha fermato i camion degli aiuti e ne ha respinto la maggior parte, citando false affermazioni sul “duplice uso”.
Tuttavia, ciò che è più notevole nella diffusione di questo avviso è che la popolazione affamata del nord di Gaza ha obbedito. Il convoglio umanitario è arrivato nel campo profughi di Jabalia presso una struttura dell’UNRWA poco dopo la mezzanotte del 17 marzo, indisturbato e con grande clamore popolare.
Il convoglio era accompagnato da una scorta di uomini armati mascherati di cui non si conosce l’identità. Molte sono state le speculazioni su chi fossero, con il corrispondente di Al Jazeera Ismail al-Ghoul che ha commentato che il convoglio di aiuti era coordinato dai clan di Gaza. Più tardi quello stesso giorno, mentre gli aiuti venivano distribuiti, il giornalista di Al Jazeera Anas al-Sharif ha detto che il convoglio era organizzato da “comitati locali e comitati di monitoraggio composti da clan, notabili e anziani, che hanno supervisionato l’arrivo degli aiuti. ”
Quella stessa trasmissione ha mostrato le immagini di coloro che elaboravano i volantini, che utilizzavano i laptop per registrare i destinatari degli aiuti con le loro carte d’identità e li inserivano in un registro. Questi erano i segnali rivelatori della burocrazia del governo civile di Gaza.
I filmati di Al Jazeera raffiguravano anche lunghe e ordinate file di persone che ricevevano aiuti, in netto contrasto con le scene caotiche e sanguinose che avevano predominato nei precedenti incidenti alla rotonda del Kuwait e in Salah al-Din Street. La scena era chiara nelle sue implicazioni: si stava tentando di ripristinare l’ordine civile nel nord di Gaza e di migliorare la sorte della popolazione sofferente.
Nemmeno 24 ore dopo, prima dell’alba del 18 marzo, Israele ha invaso al-Shifa. È emersa la notizia che l’esercito aveva assassinato Faiq Mabhouh e che un soldato israeliano era stato ucciso dopo che Mabhouh, secondo quanto riferito, si era rifiutato di arrendersi. All’improvviso tutte le fonti di informazione hanno detto la stessa cosa: dietro gli sforzi per coordinare l’arrivo degli aiuti c’era Mabhouh.
Il ruolo di Mabhouh
Le informazioni disponibili sui compiti di Mabhouh rimangono scarse e spesso mescolano i fatti con le speculazioni sulle sue attività e sul motivo del suo assassinio. La maggior parte delle fonti dei media concorda sul fatto che Mabhouh abbia organizzato la consegna del convoglio di aiuti, cosa che ha fatto in coordinamento con i clan di Gaza, l’UNRWA e le organizzazioni internazionali.
Fondamentalmente, tale coordinamento ha comportato l’incontro con i funzionari di questi gruppi. Una delle speculazioni più diffuse sostiene che è stato durante quegli incontri che la posizione di Mabhouh è stata rivelata e presumibilmente fatta trapelare all’intelligence israeliana, probabilmente attraverso una di quelle organizzazioni internazionali. Haaretz ipotizza che questa fuga di informazioni “potrebbe spiegare l’urgenza di Israele di avviare un’operazione immediata all’ospedale”.
Essendo a capo di una forza di polizia civile, Mabhouh operava pubblicamente dall’inizio della guerra, ma poiché Israele continuava a prendere di mira i membri della polizia locale, la necessità di segretezza era diventata più evidente. Secondo Axios, a febbraio l’amministrazione Biden aveva già chiesto a Israele di “smettere di prendere di mira i membri delle forze di polizia civili gestite da Hamas che scortano i camion degli aiuti a Gaza, avvertendo che un ‘crollo totale della legge e dell’ordine’ stava esacerbando significativamente la crisi umanitaria. ”
Israele non ha mai smesso di prenderli di mira e anzi è andato ben oltre, massacrando centinaia di civili in cerca di cibo. Questo contesto spiega perché le forze di polizia sarebbero passate ad operare clandestinamente e perché gli uomini armati che accompagnavano il convoglio erano mascherati. Ciò spiega anche perché la narrazione pubblica sulla distribuzione degli aiuti era che fosse organizzata dai clan.
Ma qui il riferimento ai clan non è casuale. Uno degli aspetti più importanti del presunto scenario del “giorno dopo” di Israele per Gaza è che le attività quotidiane dovrebbero essere gestite dalle famiglie e dalle tribù locali. I clan tradizionali di Gaza esercitavano una maggiore influenza nell’enclave costiera prima dell’ascesa al potere di Hamas nel 2007, alcuni di loro agendo come bande senza legge dedite ad attività criminali. Hamas ha notevolmente ridotto il loro ruolo durante il suo periodo di governo sulla Striscia, ma durante l’ultima guerra genocida, molte di queste famiglie hanno approfittato del caos per requisire convogli di aiuti e accumulare aiuti alimentari o venderli sul mercato nero.
Israele non solo ha accolto con favore lo sviluppo, ma ha incoraggiato attivamente lo stato di illegalità. Il continuo prendere di mira le scorte della polizia di Gaza non ha fatto altro che rafforzare il fenomeno. Più o meno nello stesso periodo, i funzionari israeliani hanno iniziato a ventilare l’idea di un governo tribale postbellico a Gaza.
Ciò si riferisce alla seconda parte delle Supposizioni sull’assassinio di Mabhouh – cioè che fosse coinvolto nella repressione dei clan che avevano sequestrato gli aiuti alimentari, probabilmente gli stessi clan che sarebbero contendenti nella visione israeliana del governo postbellico a Gaza.
Una voce infondata è stata ampiamente diffusa sui social media in arabo e ripresa dai media israeliani: Hamas avrebbe giustiziato il capo senza nome dell’influente clan Doghmosh a Gaza con l’accusa di aver rubato aiuti umanitari e di essere sospettato di collaborare con Israele. Il clan Doghmosh ha rilasciato una dichiarazione in cui nega fermamente l’accusa, affermando che il capo clan era stato martirizzato durante un attacco aereo israeliano il 16 novembre 2023. Un’indagine condotta da Al Jazeera ha rivelato che il nome del capofamiglia (il mukhtar) era nell’elenco dei morti dell’attacco aereo.
Indipendentemente dalla veridicità delle speculazioni, ciò che è diventato chiaro è che la guerra genocida di Israele ha assunto una nuova dimensione: sta incoraggiando il collasso sociale a Gaza. Il suo tentativo di creare carestia e favorire l’illegalità è semplicemente una continuazione della sua campagna militare attraverso altri mezzi. E quando i membri del governo civile tentano di alleviare la carestia o cercano di lavorare per ripristinare l’ordine sociale, Israele lancia una guerra anche contro di loro.
Grazie a Jehad Abusalim per aver contribuito con spunti essenziali a questo articolo.
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictpalestina.org