Un nuovo rapporto della Relatrice Speciale delle Nazioni Unite Francesca Albanese mostra come Israele abbia sovvertito il Diritto Internazionale per fornire una copertura legale al Genocidio.
Di Jonathan Ofir – 2 aprile 2024
Immagine di copertina: I resti dell’Ospedale Al-Shifa e dei suoi dintorni nella Città di Gaza, Gaza, il 1° aprile 2024. (Foto: Khaled Daoud/APA Images)
La scorsa settimana, la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui Territori Palestinesi Occupati, Francesca Albanese, ha pubblicato un rapporto intitolato “Anatomia di un Genocidio”, concludendo che esistono “fondati motivi per ritenere” che sia stata raggiunta la soglia che indica la commissione del Crimine di Genocidio.
Tali rapporti solitamente non hanno un titolo, ma il titolo stesso descrive la natura di ciò che Albanese scrive nel suo impeccabile rapporto di 25 pagine. Non solo delinea un caso da manuale di Genocidio, con intenti chiaramente e ampiamente espressi da parte dei leader e sostenuti da chiare Azioni Genocide, ma descrive anche come Israele abbia utilizzato il linguaggio e i principi del Diritto Umanitario Internazionale (le leggi che regolano la guerra) per nascondere l’atto.
Albanese inizia con il contesto storico del Genocidio, radicato anche negli intenti colonialisti israeliani pre-statali, e poi descrive come Israele abbia commesso tre aspetti centrali del Crimine di Genocidio: l’uccisione di membri di un particolare gruppo di persone, causando danni fisici o mentali e creando condizioni di vita distruttive. C’è anche una sezione riguardante le intenzioni che racconta alcune delle innumerevoli, inequivocabili, espressioni genocide dei leader israeliani.
Poi, a metà del rapporto, e ne costituisce quasi la metà (punti 55-92, su 97 punti), c’è una sezione dedicata all’idea del “camuffamento umanitario: distorcere le leggi di guerra per nascondere Intenti Genocidi”.
Questa sezione è suddivisa in cinque temi centrali:
1 – Scudi umani e la logica del Genocidio
2 – Trasformare Gaza nel suo complesso in un “obiettivo militare”
3 – Uccisione indiscriminata come “danno collaterale”
4 – Evacuazioni e zone sicure
5 – Copertura per gli attacchi alle strutture mediche
Albanese dimostra come i tre principi centrali del Diritto Umanitario Internazionale: distinzione, proporzionalità e precauzione, siano stati sovvertiti da Israele nel tentativo di offuscare i suoi Atti Genocidi e di fornire una parvenza legale per atti illegali e indiscriminati.
“Ciò ha oscurato un principio cardine del Diritto Umanitario Internazionale”, scrive Albanese. “Gli attacchi indiscriminati, che non distinguono gli obiettivi militari dalle persone e dalle infrastrutture protette, non possono essere proporzionati e sono sempre illegali”.
I palestinesi in questo modo sono diventati “obiettivi non civili”:
“Una caratteristica fondamentale della condotta di Israele dal 7 ottobre è stata l’intensificazione della sua de-civilizzazione dei palestinesi, un gruppo protetto ai sensi della Convenzione sul Genocidio. Israele ha utilizzato la terminologia del Diritto Umanitario Internazionale per giustificare il suo uso sistematico della Forza Letale contro i civili palestinesi come gruppo e la vasta distruzione delle infrastrutture di sostentamento vitale. Israele ha fatto ciò impiegando concetti del Diritto Umanitario Internazionale come scudi umani, danni collaterali, zone sicure, evacuazioni e protezione medica in modo così permissivo da sconvolgere questi concetti del loro contenuto normativo, sovvertendo il loro scopo protettivo e, in fine, erodendo la distinzione tra civili e combattenti nelle azioni israeliane a Gaza”.
È agghiacciante pensare che l’affermazione del Ministro della Difesa israeliano: “Abbiamo a che fare con degli animali e agiremo di conseguenza” (9 ottobre), si sia tradotta in realtà in modo tale da ridurre gli esseri umani a macerie concettuali: disumanizzati e decivilizzati.
L’analisi continua a delineare il sovvertimento da parte di Israele delle norme del Diritto Umanitario Internazionale, compresi concetti come scudi umani, obiettivi militari e danni collaterali.
Scudi Umani
Viene menzionata la storia dell’uso generale di questo termine come pretesto per attacchi indiscriminati, in particolare nelle aggressioni del 2008-2022. Ma il 7 ottobre la situazione è salita a un nuovo livello:
“Dopo il 7 ottobre, questa macro-caratterizzazione dei civili di Gaza come una popolazione di scudi umani ha raggiunto livelli senza precedenti, con i vertici politici e militari di Israele che costantemente inquadrano i civili come agenti di Hamas, “complici”, o scudi umani tra cui Hamas è “inserito”. Il Diritto Internazionale non consente l’affermazione generalizzata secondo cui una forza di opposizione sta utilizzando l’intera popolazione come scudi umani in blocco. L’accusa di utilizzare scudi umani è quindi diventata un pretesto, per giustificare l’uccisione di civili sotto il manto di una presunta legalità, la cui pervasività onnicomprensiva ammette solo Intenti Genocidi”.
Gaza come “Obiettivo Militare”
Il Diritto Internazionale stabilisce che gli attacchi devono essere “strettamente limitati” a obiettivi che “devono offrire un chiaro vantaggio militare”. Ma, nota Albanese, “Israele ha abusato di questa regola per ‘militarizzare’ le infrastrutture civili e tutto ciò che le circonda, giustificando la loro distruzione indiscriminata”. Pertanto, “la popolazione civile e le infrastrutture di Gaza sono presentate come ostacoli posizionati tra, davanti e sopra gli obiettivi. Israele ha caratterizzato l’intero territorio come un obiettivo militare. Israele considera qualsiasi infrastruttura che sia stata o potrebbe essere utilizzata a scopi militari come un obiettivo legittimo, in modo che interi quartieri possano essere bombardati e rasi al suolo sotto una parvenza di legalità”.
L’uccisione indiscriminata come “Danno Collaterale”
Israele cerca di nascondere gli attacchi su larga scala contro i civili come “danni collaterali”. Invocando il concetto di “danno collaterale proporzionato” per bombardare consapevolmente un gran numero di membri del gruppo protetto, Israele afferma che quando gli attacchi provocano danni collaterali maggiori del previsto, ciò non indica necessariamente una violazione, poiché “l’osservanza è orientata alla condotta, non ai risultati”. In altre parole, Israele afferma che ciò non significa uccidere molti civili: avviene semplicemente nonostante le precauzioni. “Tuttavia”, scrive Albanese:
“In tutti gli attacchi lanciati contro le torri residenziali senza preavviso, si prevedeva come risultato principale ingenti danni ai civili. L’edificio Al-Taj era pieno di famiglie al momento dell’attacco del 31 ottobre, che si poteva prevedere avrebbe sicuramente ucciso o ferito tutti i civili che vi risiedevano. Il fatto che così tante persone siano state uccise era del tutto prevedibile, quindi almeno indirettamente voluto, come risulta evidente dalle immagini pubblicate dallo stesso esercito israeliano. L’attacco al campo profughi di Jabalia il 25 ottobre ha ucciso almeno 126 civili, tra cui 69 bambini, e ne ha feriti altri 280. Il personale militare israeliano ha affermato che l’obiettivo era un comandante di Hamas in una base sotterranea”.
Israele sembra valutare la “proporzionalità” non solo come una questione di vantaggio militare ma come una questione di distruzione politica di Hamas:
“Le valutazioni di proporzionalità di Israele hanno violato i requisiti legali definendo il vantaggio militare, in ogni attacco, in relazione alla distruzione dell’intera organizzazione di Hamas sia politicamente che militarmente. È manifestamente illegale dichiarare come obiettivo di guerra la distruzione della capacità politica dell’altra parte (in particolare nel contesto di un’Occupazione militare di 56 anni che priva la popolazione Occupata del suo diritto all’autodeterminazione). In altre parole, Israele sembra rappresentare se stesso come condurre un Genocidio Proporzionato'”.
Evacuazioni e Zone Sicure
Albanese scrive:
“L’ordine di evacuazione di massa del 13 ottobre, quando a 1,1 milioni di palestinesi è stato ordinato di evacuare il Nord di Gaza in 24 ore verso le zone sicure designate da Israele nel Sud, invece di aumentare la sicurezza per i civili, ha lasciato i civili nel mezzo delle evacuazioni sotto una intensa campagna di bombardamenti, e in balia di un sistema di zone sicure comunicato in modo casuale, insieme a prolungate interruzioni delle comunicazioni, crescenti livelli di panico, sfollamenti forzati e uccisioni di massa”.
Quando i residenti del Nord furono evacuati al Sud, “Israele classificò illegalmente gli abitanti rimasti del Nord di Gaza (compresi i malati e i feriti) come ‘scudi umani’ e ‘complici dei terroristi’, trasformando centinaia di migliaia di civili in obiettivi militari legittimi o vittime collaterali attraverso ordini di evacuazione impossibili da eseguire”.
E nemmeno le zone sicure erano sicure:
“La cancellazione delle protezioni civili nella zona evacuata è stata combinata con il bombardamento indiscriminato di sfollati e abitanti delle aree designate come zone sicure. Delle circa 500 bombe da 2.000 libbre (900 kg) sganciate da Israele nelle prime sei settimane di ostilità, il 42% è stato lanciato nelle zone sicure designate nelle aree meridionali”.
“In parole povere”, riassume Albanese, le “aree sicure” sono state “deliberatamente trasformate in aree di uccisioni di massa”.
Questo è stato uno strumento di Pulizia Etnica:
“Il modello di uccisione dei civili che hanno evacuato a Sud, in combinazione con le dichiarazioni di alcuni alti funzionari israeliani che dichiarano l’intenzione di spostare con la forza i palestinesi fuori Gaza e sostituirli con coloni israeliani, porta a dedurre ragionevolmente che siano stati utilizzati gli ordini di evacuazione e le zone sicure come strumenti di Genocidio per realizzare la Pulizia Etnica”.
Copertura per gli attacchi alle strutture mediche
Questo punto fa venire i brividi lungo la schiena, poiché il più grande ospedale di Gaza, Al-Shifa, è ora ridotto in macerie fumanti, con corpi sparsi in tutta l’area, in seguito al recente assedio israeliano durato due settimane.
“Un ultimo livello del ‘camuffamento umanitario’ di Israele riguarda i suoi sforzi per fornire copertura legale agli attacchi sistematici contro strutture e personale medico, causando il progressivo collasso del settore sanitario di Gaza”, scrive Albanese.
Questa non è la prima volta che Israele accusa Hamas di utilizzare gli ospedali come “centri di comando”, ma “nell’assalto attuale, Israele ha invocato questa strategia legale per giustificare il Genocidio attraverso la completa distruzione delle infrastrutture di sostentamento vitale”.
Israele è stato ampiamente contestato in occasione del suo precedente assalto all’Ospedale Al-Shifa a novembre.
“I resoconti dei media hanno contestato le accuse di Israele secondo cui Hamas stava usando gli ospedali come scudi, affermando che non c’erano prove che suggerissero che le stanze collegate all’ospedale fossero state utilizzate da Hamas; si è scoperto che gli edifici ospedalieri (contrariamente alle immagini 3D militari israeliane) non erano collegati alla rete di tunnel; e non c’erano prove che i tunnel fossero accessibili dai reparti dell’ospedale. Inoltre, secondo quanto riferito, l’esercito israeliano ha mostrato le armi ad Al-Shifa prima delle visite delle troupe televisive, sollevando ulteriori sospetti di falsificazione dopo che l’esercito israeliano aveva affermato che era risultata una “lista di terroristi” che aveva trovato in un altro ospedale di Gaza, l’Al Rantisi, si rivelò essere un calendario dei giorni della settimana in arabo”.
Il livello della propaganda israeliana sarebbe qualcosa di comico se non fosse così mortalmente serio. Anche se si prendessero alla lettera queste ripetute accuse, Israele si è comportato illegalmente:
“Che le accuse israeliane dell’uso dell’Ospedale Al-Shifa come centro di comando di Hamas fossero vere o meno, ma restano ancora da dimostrare, i civili negli ospedali avrebbero dovuto essere protetti e non sottoposti ad assedio e attacchi militari”.
Questa mancanza di protezione per i civili è stata di per sé Genocida:
“Che l’intento alla base del ‘camuffamento umanitario’ di Israele in questo caso possa essere definito solo come Genocidio è chiaro per due ragioni. La prima: Israele era a conoscenza della distruzione su larga scala del sistema sanitario da quando, a metà novembre, l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva riferito che a Gaza si stava consumando una “catastrofe di salute pubblica”, con 26 dei 35 ospedali non più operativi a causa dei bombardamenti e dell’assedio israeliani. La seconda: Israele sapeva che la sua operazione militare avrebbe provocato un numero significativo di feriti. Il trauma fisico costituisce la causa principale dell’eccesso di mortalità a Gaza. Era prevedibile che la sospensione forzata dei servizi nel più grande ospedale di Gaza avrebbe seriamente danneggiato le prospettive di sopravvivenza dei feriti, dei malati cronici e dei neonati nelle incubatrici. Pertanto, prendendo di mira l’Ospedale Al-Shifa, Israele ha consapevolmente condannato migliaia di malati e sfollati a sofferenze e morte prevenibili”.
Conclusioni e Raccomandazioni
“La natura travolgente e la portata dell’attacco di Israele a Gaza e le condizioni di vita distruttive che ha inflitto rivelano l’intento di distruggere fisicamente i palestinesi come gruppo”, conclude Albanese.
“Israele ha cercato di nascondere la natura eliminazionista delle sue ostilità, camuffando la commissione di crimini internazionali come rispettosi del diritto internazionale umanitario. Distorcendo le norme consuetudinarie del Diritto Umanitario Internazionale, comprese distinzione, proporzionalità e precauzioni, Israele ha di fatto trattato un intero gruppo protetto e le sue infrastrutture di sostentamento vitale come ‘terroristi’ o ‘sostenitori del terrorismo’, trasformando così tutto e tutti in un bersaglio o in un danno collaterale, quindi eliminabile o distruttibile”.
Questo risale alla Prima Nakba del 1948:
“Il Genocidio di Israele contro i palestinesi a Gaza è una fase crescente di un processo coloniale di cancellazione di lunga data. Per oltre settant’anni questo processo ha soffocato il popolo palestinese come gruppo: demograficamente, culturalmente, economicamente e politicamente, cercando di sostituirlo, espropriarlo e controllare la sua terra e le sue risorse. La Nakba in corso deve essere fermata e vi si deve porre rimedio una volta per tutte. Questo è un imperativo dovuto alle vittime di questa tragedia altamente prevenibile e alle generazioni future di quella terra”.
Gli ultimi due punti (96-97) del rapporto riguardano ciò che noi, la comunità internazionale, possiamo e dobbiamo fare per evitare questo Genocidio.
“La Relatrice Speciale esorta gli Stati membri a far rispettare il divieto di Genocidio in conformità con i loro obblighi inderogabili. Israele e quegli Stati che sono stati complici di quello che si può ragionevolmente concludere costituire un Genocidio devono essere ritenuti responsabili e fornire risarcimenti commisurati alla distruzione, alla morte e al danno inflitti al popolo palestinese”.
I mezzi a nostra disposizione:
• “Attuare immediatamente un embargo sulle armi contro Israele, così come altre misure economiche e politiche necessarie per garantire un cessate il fuoco immediato e duraturo, comprese le sanzioni”.
• Sostenere il caso del Sudafrica davanti alla Corte Internazionale di Giustizia che accusa Israele di Genocidio.
• Garantire “un’indagine approfondita, indipendente e trasparente” sui Crimini di Guerra e sui Crimini contro l’Umanità, comprese missioni internazionali di accertamento dei fatti, facendo riferimento alla Corte Penale Internazionale, applicando la giurisdizione universale.
• Che Israele e gli altri Stati complici del Genocidio si impegnino a non ripetersi e paghino l’intero costo della ricostruzione a Gaza.
• Affrontare le cause profonde attraverso l’ONU, anche attraverso la ricostituzione del Comitato Speciale delle Nazioni Unite contro l’Apartheid.
• Dispiegare in tempi brevi “una forza internazionale per frenare la violenza usata abitualmente contro i palestinesi nei Territori Palestinesi Occupati”.
• Tutelare l’UNRWA, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi (che negli ultimi mesi è stata oggetto di un attacco di definanziamento a causa di una campagna di propaganda israeliana).
Infine, Albanese chiede all’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani di “intensificare i propri sforzi per porre fine alle attuali atrocità a Gaza, anche promuovendo e applicando accuratamente il Diritto Internazionale, in particolare la Convenzione sul Genocidio, nel contesto dei Territori Occupati nel loro insieme”. Cioè vedere il Genocidio di Gaza non solo come una questione locale, ma come un Attacco Genocida contro tutti i palestinesi, anche oltre i confini geografici di Gaza.
Risposte internazionali
La risposta iniziale e istintiva di Israele è stata quella di descrivere il rapporto come una “oscena inversione della realtà”. Il problema è che Albanese ha utilizzato circa la metà del suo meticoloso rapporto per documentare come sia proprio Israele a invertire la realtà, attraverso la menzionata distorsione dei termini del Diritto Umanitario Internazionale, per giustificare e continuare a perpetrare il Genocidio.
Gli Stati Uniti, da parte loro, hanno scelto di evitare l’argomento sparando a zero sul messaggero, nascondendosi dietro false accuse di antisemitismo nei confronti di Francesca Albanese, come ha fatto il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller in risposta a una domanda sull’argomento:
“Ci opponiamo da molto tempo al mandato di questa Relatrice Speciale, che riteniamo non produttivo. E quando si tratta della persona che ricopre quella posizione, non posso fare a meno di notare la storia documentata di commenti antisemiti da lei espressi”.
Ma molti altri Paesi, in particolare quelli arabi e altri Paesi del Sud del Mondo, si sono schierati con Albanese confermando la serietà del suo rapporto. Alla presentazione del rapporto alle Nazioni Unite la scorsa settimana, Israele e gli Stati Uniti hanno boicottato l’evento. L’Unione Europea, da parte sua, ha chiesto “indagini adeguate e indipendenti su tutte le accuse”, riconoscendo purtroppo “il diritto di Israele all’autodifesa”.
“L’autodifesa”, va detto, non è una scusa per il Genocidio, e il motivo per cui si va presumibilmente in guerra non ha alcuna influenza sul modo in cui la si conduce. Quindi l’Unione Europea sta evitando la questione, in un modo forse meno visibile di Israele e degli Stati Uniti.
“Israele ha distrutto Gaza”, ha affermato la Relatrice Speciale. Non è casuale, non è un disastro naturale: è un Genocidio. Ora dipende solo da coloro che accettano questa terribile verità e da coloro che la eludono.
Jonathan Ofir è un direttore d’orchestra, musicista, scrittore e blogger israelo-danese, che scrive regolarmente per Mondoweiss.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org