L’eredità di Said si legge oggi come una dura condanna dell’ipocrisia delle istituzioni liberali statunitensi, della loro corruzione morale e della vacuità degli stessi valori che professano di insegnare.
Fonte: English version
di Seraj Assi, 21 aprile 2024
Immagine di copertina: Uno studente partecipa a una manifestazione pro-palestinese alla Columbia University. (Foto: Tarik Endale | ታሪክ እንዳለ/x)
Gli studenti di tutti gli Stati Uniti si stanno sollevando contro il genocidio di Israele a Gaza, riportando alla memoria i movimenti studenteschi degli anni Sessanta. Dalla Columbia alla Brown, da Yale ad Harvard, gli studenti stanno inscenando sit-in, scioperi della fame, scioperi di classe e preghiere interreligiose, chiedendo la fine del sostegno degli Stati Uniti a Israele e la complicità delle loro istituzioni accademiche nel genocidio in corso.
Mentre alcune istituzioni statunitensi stanno percorrendo un cammino conciliante, l’amministrazione della Columbia University, guidata dalla rettrice Minouche Shafik, ha violentemente represso i propri studenti, chiamando la polizia di New York per arrestare in massa oltre 100 studenti e sospendendone altri con un preavviso di 15 minuti. In una repressione brutale e senza precedenti della libertà di parola nel campus, la polizia ha distrutto gli accampamenti di solidarietà e gli effetti personali degli studenti, e ha accusato gli studenti arrestati di “violazione di domicilio” nel campus per il quale pagano un’enorme retta di oltre 60.000 dollari all’anno!
Nel tentativo di placare gli estremisti di estrema destra del Congresso e di salvare la Columbia dall’“essere maledetta da Dio”, come ha detto un deputato repubblicano a Shafik, la Columbia si è schierata con il genocidio, minando così la sua stessa eredità di salvaguardia della libertà di parola e della protesta pacifica nel campus.
In modo acuto, Said ha messo in guardia dall’uso dell’antisemitismo e della condizione degli ebrei in Europa come mezzo per sopprimere e diffamare i palestinesi e per giustificare l’oppressione di Israele sulle sue vittime.
La violenza si è ritorta contro, poiché centinaia di studenti continuano a protestare alla Columbia, scatenando un effetto a catena in tutti i campus statunitensi e sfidando quello che considerano un crescente maccartismo nel mondo accademico americano. Uno dei primi bersagli di questo maccartismo accademico è stato l’importante intellettuale palestinese-americano e illustre professore della Columbia Edward Said, i cui scritti sul postcolonialismo, l’umanesimo e la critica democratica sono letture obbligatorie alla Columbia e in tutte le facoltà umanistiche.
Said stesso fu vittima di intimidazioni anti-palestinesi. Il suo ufficio alla Columbia saltuariamente saccheggiato e vandalizzato. Ricevette diverse minacce di morte, fu accusato di terrorismo e spiato da studenti e agenti dell’AIPAC. Poco prima della sua morte, Said divenne il bersaglio di una feroce persecuzione accademica, alla quale sopravvisse solo perché all’epoca la Columbia aveva ancora un briciolo di integrità accademica e morale.
Nel luglio 2000, Said – recatosi nel Libano meridionale per un tour di solidarietà – scagliò dal confine libanese un sasso verso un posto di guardia israeliano, azione che descrisse come “un gesto simbolico di gioia” per segnare la fine dell’occupazione israeliana del Libano meridionale. Un fotografo riprese l’azione, mostrando Said con il braccio teso dietro di sé, pronto a lanciare. La lobby israeliana, guidata dalla Anti-Defamation League, chiese alla Columbia di punire Said. La Columbia rifiutò di farsi intimidire, anche se l’amministrazione impiegò due mesi di un inquietante silenzio per rispondere. Nella sua lettera di risposta di cinque pagine, l’università affermò che l’azione di Said era protetta dai principi della libertà accademica. Citando John Stuart Mill e il Manuale della Facoltà della Columbia, la lettera affermava:
“Non c’è nulla di più fondamentale per un’università che la protezione del libero discorso degli individui che dovrebbero sentirsi liberi di esprimere le loro opinioni senza temere l’effetto raggelante di un’ideologia politicamente dominante… Questo problema va al cuore di quelli che sono i valori fondamentali di una grande università.”
In difesa di Said, la lettera aggiungeva: “Se neghiamo al professor Said la protezione di scrivere e parlare liberamente, chi sarà il prossimo ad essere soppresso e chi sarà l’inquisitore che determinerà chi deve avere il diritto di dire la propria opinione senza timore di essere punito?”.
L’era della chiarezza morale e dell’integrità intellettuale nel mondo accademico si sta ora dissolvendo in mezzo al genocidio di Israele a Gaza. La tragica ironia è che l’attuale atmosfera di maccartismo anti-palestinese nei campus statunitensi, guidata da un’improbabile coalizione di repubblicani di estrema destra, media mainstream e istituzioni accademiche liberali, era stata prevista da Said stesso. Nel suo saggio fondamentale, “Il sionismo dal punto di vista delle sue vittime” (1979), Said avvertiva:
“Il posto speciale, si potrebbe anche dire privilegiato, degli Stati Uniti in questa discussione è impressionante, per tutta una serie di ragioni. In nessun altro Paese, ad eccezione di Israele, il sionismo è sancito come un bene indiscusso, e in nessun altro Paese esiste una congiuntura così forte di istituzioni e interessi potenti – la stampa, l’intellighenzia liberale, il complesso militare-industriale, la comunità accademica, i sindacati – per i quali […] il sostegno acritico a Israele e al sionismo rafforza la loro posizione interna e internazionale”.
Presagendo l’ascesa del maccartismo anti-palestinese nel mondo accademico, Said individuò uno stato di repressione accademica e di polizia nei campus in cui i palestinesi “non hanno il permesso di narrare” e sono sempre più demonizzati e messi a tacere in nome della lotta all’antisemitismo, un concetto carico di significato che è diventato uno scudo per il genocidio e la pulizia etnica dei palestinesi da parte di Israele. Said ha messo in guardia dalla strumentalizzazione dell’antisemitismo e della condizione degli ebrei in Europa come mezzo per sopprimere e diffamare i palestinesi e per giustificare l’oppressione di Israele sulle sue vittime. Capì che gonfiare sistematicamente l’antisemitismo con la critica al sionismo alimentava i sentimenti anti-palestinesi nel discorso accademico e mediatico degli Stati Uniti. Ha inoltre avvertito:
“Bisogna ammettere, tuttavia, che tutti i liberali e persino la maggior parte dei “radicali” non sono riusciti a superare l’abitudine sionista di equiparare l’antisionismo all’antisemitismo. Qualsiasi persona benintenzionata può quindi opporsi al razzismo sudafricano o americano e allo stesso tempo sostenere tacitamente la discriminazione razziale sionista contro i non ebrei in Palestina. La quasi totale assenza di conoscenze storiche facilmente reperibili da fonti non sioniste, la diffusione da parte dei media di semplificazioni maliziose (ad esempio, Ebrei contro arabi), il cinico opportunismo dei vari gruppi di pressione sionisti, la tendenza endemica degli intellettuali universitari a ripetere acriticamente frasi fatte e luoghi comuni politici (è il ruolo che Gramsci assegnava agli intellettuali tradizionali, quello di essere “esperti di legittimazione”), la paura di calpestare il terreno altamente sensibile di ciò che gli ebrei hanno fatto alle loro vittime, in un’epoca di sterminio genocida degli ebrei – tutto ciò contribuisce all’ottundimento, all’applicazione regolamentata di un sostegno quasi unanime a Israele.”
L’assalto agli studenti della Columbia è un attacco ai diritti costituzionali e ai principi fondamentali della democrazia. È deplorevole che la più violenta repressione delle proteste studentesche nella storia degli Stati Uniti coincida con uno dei peggiori genocidi a memoria d’uomo, che ha ucciso oltre 35.000 palestinesi a Gaza, la maggior parte dei quali bambini, e ne ha fatti sfollare quasi due milioni.
Un giorno dopo gli arresti di massa alla Columbia, i palestinesi di Gaza hanno portato alla luce grandi fosse comuni all’ospedale Nasser di Khan Younis, contenenti centinaia di civili e pazienti massacrati o sepolti vivi da Israele. Ancora più deplorevole, dal punto di vista delle giovani generazioni, è il fatto che questo genocidio sia appoggiato e sostenuto da armi e tasse statunitensi, dal sostegno diplomatico e dalla complicità dei media e del mondo accademico. (L’amministrazione Biden si sta preparando a inviare il più grande pacchetto di aiuti militari a Israele nella storia degli Stati Uniti, con la benedizione bipartisan). Nonostante le massicce proteste, le università statunitensi si sono rifiutate di disinvestire da Israele per la sua guerra genocida a Gaza (con poche eccezioni degne di nota, tra cui Rutgers e UC Davis). Diverse università, tra cui la Columbia, hanno sospeso le sezioni di Students for Justice in Palestine e Jewish Voice for Peace.
L’eredità di Edward Said si legge oggi come una dura condanna dell’ipocrisia delle istituzioni liberali statunitensi, della loro corruzione morale e della vacuità degli stessi valori che professano di insegnare. Questa ironia è meglio illustrata dal cartello di protesta di uno studente della Columbia, che recitava:
“Columbia, perché mi obblighi a leggere il Prof. Edward Said, se non vuoi che lo usi?”.
Seraj Assi è uno scrittore palestinese che vive a Washington.
Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org