“Ricordati di scordare Amalek”, la giustificazione biblica del genocidio a Gaza

Con abile retorica, paragonando i palestinesi agli amaleciti, Netanyahu sostiene che Israele abbia un certo “diritto divino al genocidio”, sterminando i palestinesi per ordine non-negoziabile di Dio.

Lorenzo Poli – 29 luglio 2024

Il revisionismo del sionismo d’estrema destra
“Uno Stato palestinese non può esistere perché non esiste qualcosa che si chiami popolo palestinese. Noi abbiamo bisogno di iniziare dalle radici. Storicamente, non c’era alcun popolo. Legalmente, internazionalmente, non c’è alcun popolo. Ci sono, nelle definizioni del diritto internazionale, cinque parametri per definire un popolo: lingua, moneta, re, governante. Io mi
domando sempre, chi è stato il primo re palestinese? Eredità, storia? Non c’è mai stato nulla di ciò!
Noi abbiamo bisogno di raccontare la verità. Voi sapete che che a volte vale la pena dire la verità?
Il movimento nazionale palestinese è stato creato dal Gran Mufti come un movimento contrario al movimento sionista. C’erano gli arabi. Arabi come tutti gli arabi. Ci sono molti arabi intorno a noi.
Musulmani, non-musulmani. Loro immigrarono verso la Terra di Israele. A proposito, la maggioranza di loro venivano per seguire il processo di Shivat Zion, ovvero il ritorno degli ebrei nella Terra di Israele. Gli ebrei arrivano nella Terra di Israele e fanno fiorire il deserto. E poi, all’improvviso, ci sono mezzi di sostentamento, c’è occupazione. Improvvisamente la sabbia e la malaria e le paludi si trasformano.”

Questo il recente discorso alla Knesset del Ministro delle Finanze di Israele Bezael Smotrich, uno dei più fervidi sionisti d’estrema destra.
Un discorso che è un enigma in tutti i sensi: una grande miscellanea di revisionismo storico, di travisamento delle Scritture come unica fonte storica, di convinzioni ideologiche integraliste ultraortodosse, di narrazioni messianiche che vedono gli ebrei come “popolo” e non come “religione” e, soprattutto, come unico popolo ad aver abitato la  “Terra di Israele”, dimenticando che fin dal 70 d.C è sempre stato chiamata “Falastin”. Nel discorso non emerge nulla di politicamente rilevante – perché privo di argomentazioni – ma ciò che emerge è comunque un chiaro messaggio
politico: giustificare a tutti i costi il genocidio nei confronti del popolo palestinese a Gaza, fino a negarne storicamente l’esistenza. (post su instagram Knesset)

La riesumazione biblica nei discorsi politici di Netanyahu

Qualche tempo fa il matematico Piergiorgio Odifreddi disse che la parte ebraica della Bibbia, ovvero l’Antico Testamento, gli ricordava per certi versi proprio il Mein Kampf di Adolf Hitler. Un paragone abbastanza discutibile, ma che comunque nasce da un dato di fatto: gli sconvolgenti episodi di violenza descritti e narrati dalla Bibbia. La violenza narrata nell’Antico Testamento ha un
suo significato preciso, esegetico e contestuale all’interno del testo biblico che si rifà alla teodicea (letteralmente “giustizia di Dio”), ovvero la branca della teologia che si occupa di studiare il rapporto tra la giustizia, la presenza del male nel mondo e le azioni di Dio per arginarlo. Nonostante ciò, le storie che narrano le azioni violente di Dio sono da sempre oggetto di contestazione e
dibattito tra i teologi: i teologi più conservatori tendono a sacralizzare questa azioni come necessarie e naturali, mentre alcuni teologi progressisti addirittura si sono spinti ad analisi molto più interessanti e pedagogiche parlando di “Dio fascista” avverso alle diversità e che non accetta il
mondo plurale 1 .

Fuori da questo dibattito, le violenze descritte nella Bibbia sono da sempre
strumentalizzate dalla propaganda sionista di destra e d’estrema destra a fine politico e quale può essere la miglior occasione di citarla se non per giustificare il genocidio che Israele sta commettendo contro Gaza?
Sabato 28 ottobre 2023 il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato una “seconda fase della guerra” a Gaza, che si pone come chiari obiettivi «distruggere le capacità militari e di governo di Hamas e riportare a casa i prigionieri». Il suo discorso è stato caratterizzato da forti dicotomie: «agire, o morire»; la battaglia è stata definita «dell’umanità contro
la barbarie», per una vittoria «del bene sul male, della luce sulle tenebre, della vita sulla morte».
Netanyahu ha inoltre aggiunto che: «I meravigliosi soldati ed eroi dello straordinario esercito israeliano […] bramano di ricompensare gli assassini per gli atti orribili che hanno perpetrato sui nostri figli, sulle nostre donne, sui nostri genitori e sui nostri amici […] [i nostri soldati] sono impegnati a sradicare questo male dal mondo, per la nostra esistenza, e aggiungo, per il bene
di Tutta l’umanità» 2 .
Il passaggio che ha catturato l’attenzione maggiore è stato però quello immediatamente successivo, quando Netanyahu ha citato il libro del Deuteronomio (25,17): «Ricorda ciò che ti hanno fatto gli
Amaleciti» – aggiungendo – «Ricordiamo e combattiamo». 3

Amalek e gli Amaleciti

Secondo la Bibbia gli Amaleciti sono una tribù semi-nomade edomita, stabilitasi nel Negev, che partire da Esodo 17,8-16, vengono definiti come la prima tribù a muovere guerra agli Israeliti dopo la liberazione di questi ultimi dalla schiavitù egiziana. Sebbene la Genesi 14,7 sembra collocare il
«campo degli Amaleciti» già ai tempi abramitici, e l’oracolo di Balaam parla di loro come «la prima delle nazioni» (Nm 24,20) altri passaggi (Gn 36,12; 1 Cr 1,36) identificano Amalek, capostipite di questa tribù, come figlio di Elifaz e della sua concubina Timna, e perciò nipote di Esaù, il fratello gemello di Giacobbe (uno dei padri dell’Ebraismo, rinominato da Dio proprio “Israele”) 4 . Anche la tradizione arabo-islamica ci consegna qualche dettaglio sugli Amaleciti (‘amālīq): si tratterebbe di un antico popolo preislamico, non menzionato nel Corano che, secondo i resoconti musulmani, fu
tra i primi a parlare l’arabo 5 .
La Bibbia parla con estrema violenza dei Amaleciti in quanto attaccarono gli Israeliti apparentemente in modo ingiustificato e ingiustificabile, compiendo un atto crudele e vile. Come è scritto nel Deuteronomio: «Ti attaccò per via, piombando da dietro su tutti i deboli che camminavano per ultimi, quando eri già stanco e sfinito, e non temevano Dio» (Dt 25,17-19).
Poiché gli Israeliti vincono questa «prima prova internazionale per la loro nascente comunità» 6 , il Signore comanda a Mosè: «Scrivi questo fatto in un libro, perché se ne conservi il ricordo, e fa’ sapere a Giosuè che io cancellerò interamente sotto il cielo la memoria di Amalek», poiché «il Signore farà guerra ad Amalek di generazione in generazione» (Es 17,14-16).
In Deuteronomio 25,9-19, il Signore sembra già delegare il compito di cancellare «la memoria di Amalek da sotto il cielo» agli Israeliti stessi, una volta che questi ultimi avranno preso possesso della “terra promessa”.
Netanyahu, in una immensa operazione di strumentalizzazione del testo biblico collettivamente accettata in Israele, giustifica il genocidio verso il popolo palestinese a Gaza paragonando i palestinesi agli Amaleciti e gli Israeliti agli attuali israeliani. Ed ecco che non solo il genocidio verso i palestinesi viene coperto politicamente dal “diritto all’autodifesa di Israele”, ma addirittura
viene giustificato come continuazione delle giustizia di Dio contro gli Amaleciti in difesa degli Israeliti.

Nella storia di Amalek salta subito all’occhio un primo aspetto veramente unico. Come si legge anche nel passaggio citato da Netanyahu, la Bibbia ebraica ordina per due volte agli Israeliti di “cancellare” la memoria (zekher) di Amalek.
“Allora l’Eterno disse a Mosè: «Scrivi questo fatto [la vittoria contro Amalek] in un libro, perché se ne conservi il ricordo, e fa’ sapere a Giosuè che io cancellerò interamente sotto al cielo la memoria di Amalek». Mosè costruì quindi un altare, al quale pose nome: L’Eterno è la mia bandiera; e disse: «La mano è stata alzata contro il trono dell’Eterno, e l’Eterno farà guerra ad Amalek di generazione in generazione» (Es 17,14-16). Ricordati di ciò che ti fece
Amalec […] cancellerai la memoria di Amalec sotto al cielo: non te ne dimenticare! (Dt 25,17-19)”
“Ricordati di scordare Amalek” biblico è sovrapponibile al modello di “soluzione finale” che Netanyahu ha pensato per i palestinesi. Ad indicarlo in modo magistrale è il Primo Libro di Samuele che recita: «Va’ dunque e colpisci Amalek e vota allo sterminio quanto gli appartiene, non lasciarti prendere da compassione per lui, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e
pecore, cammelli e asini» (I Samuele 15, 3).

La strumentalizzazione sionista del concetto ebraico di “male” che influenza lo stesso ebraismo

Il tema sconvolgente, a parer mio, è che la tradizione ebraica collega il racconto di Amalek al“problema del Male”, cosa che ancor di più dà adito al sionismo di strumentalizzare per giustificare il suo male.
Questa storia pone infatti la tradizione ebraica davanti a un problema morale fondamentale: “cosa fare di Amalek? Come si risponde al Male?” 7 Interpretando il comando divino in modo letterale e fondamentalista, come fa Netanyahu, la «cancellazione della memoria di Amalek da sotto il cielo» è
un obbligo divino. In termini moderni, Dio comanda di compiere un genocidio. Una tale formulazione non è un’esagerazione: la vicenda di Amalek è infatti stata più volte indicata dalla stessa tradizione ebraica come uno dei passaggi più problematici della Torah, e il cosiddetto “Comandamento del genocidio” 8 , è stato al centro di nutrite discussioni esegetiche.

Le posizioni di chi affronta il dilemma direttamente sono molte e ben variegate: si passa dall’accettazione totale, all’approvazione, ai tentativi di giustificazione, alla moralizzazione, alla negazione e all’aperta opposizione di questo “comandamento”.
Purtroppo, il sovrapporsi delle due dimensioni (l’essere ebrei e l’essere sionisti) ha permesso la diffusione del tentativo di giustificazione, di moralizzazione e di accettazione totale delle soluzione bibliche: sia nel rispondere al “male” con il male, sia nel sovrapporre il male ad Amalek e quindi attualmente ai palestinesi. Uno dei casi più recenti di giustificazione del genocidio basata su questo
passaggio biblico è quello del rabbino Yisrael Hess, che nel 1980 scrisse un articoletto intitolato “Genocidio: Un comandamento della Torah.”
Anche Riccardo Di Segni, il Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Roma, in una lettera a La Repubblica del 27 ottobre 2023 ha scritto che “le guerre sono sempre un’offesa alla dignità umana, comportano morte e distruzione, e certamente vanno evitate, ma quando è in gioco la propria esistenza davanti a un nemico irriducibile l’alternativa pacifista è discutibile anche moralmente. (…) Qualche volta qualcuno deve essere sconfitto, solo lui e per sempre”. Questa è la visione rabbinica dominante all’interno dell’ebraismo sul “male”: è “male” colui che è contro di me ed io, che sono il “buono”, per difendermi posso usare il male contro di lui. Un’interpretazione che si sposa perfettamente con il sionismo d’estrema destra di Netanyahu, giustificato su basi religiose:
per i sionisti è una guerra della “Luce” (loro) contro “l’Oscurità” (i palestinesi), postulata dalla convinzione di essere quella “Luce” ancora perseguita da Amalek che loro hanno dover di “ricordarsi di scordare”, di cancellare se non di estirpare. Un certo ebraismo postula il “male” al di fuori di sé e non indaga quel male nel momento in cui uno Stato-nazione dotato di un forte esercito
come Israele può sterminare l’Amalek “necessario”, come ha fatto Netanyahu?
Vi è una tendenza a “espandere” o “contrarre” l’ingiunzione a seconda dell’interpretazione, limitandone la portata o l’applicazione. Ad esempio: se ne espande l’estensione (ogni gruppo che vuole distruggere Israele è Amalek) o la si restringe (si distrugge solo lo “spirito” o “l’opera” di Amalek); oppure se ne contrae il contenuto (l’ingiunzione non è di sterminare, ma di autodifendersi); si “storicizza” Amalek nel passato (non può essere più sterminato perché è già stato sterminato) o lo si “escatologizza” nel futuro (Amalek non può essere sterminato dall’essere umano, ma solo da Dio, alla fine dei tempi).
Queste sono interpretazioni che servono su un piatto d’argento la giustificazione messianica di tutte le azioni colonialiste, razziste e militari del sionismo, dandone un’immagine di “guerra infinita” fino all’ultimo “amalecita” 9 .

Non solo, insegnamenti cabalistici e chassidici rappresentano Amalek non come un’entità esteriore, ma interiore e, come tale, è parte di noi. Ma non è un male che va accolto, ma piuttosto estirpato perché è l’origine della disumanizzazione. Amalek è dunque contrapposto all’“Amalechismo”
(Amalekut), o l’Amalek “storico” e originario a quello figurato: sradicare il male non significa sterminare il peccatore ma sradicare il peccato.
In quest’ottica la strumentalizzazione sionista si aggrava sempre di più: i palestinesi sono il peccato che deve essere sradicato. Questa propaganda ideologico-religiosa continua ancora oggi nonostante sia stata accettata, dalla maggioranza dell’ebraismo, l’assoluta impossibilità di identificare con
certezza qualsiasi nazione esistente come Amalek a seguito della dispersione delle tribù d’Israele.
Non solo sarebbe impossibile identificarli, stando al racconto biblico della dispersione dei popoli, ma numerosi studi archeologici indicano che gli stessi Israeliti sono in continuità storica con i Cananei: l’emergere del primo Israele fu un risultato del crollo della cultura cananea, non la suacausa. Inoltre, la maggior parte degli israeliti non proveniva dall’esterno di Canaan, bensì dall’interno. Non ci fu un esodo di massa dall’Egitto. Non ci fu una conquista violenta di Canaan.
La maggior parte delle persone che formarono il primo Israele erano persone locali, le stesse che vediamo negli altopiani durante l’età del bronzo e del ferro. I primi israeliti erano – ironia della sorte – essi stessi originariamente cananei.” 10

“Amalek il palestinese” e il “diritto divino al genocidio”

La tradizione ebraica in molte sue forme canoniche sembra quasi preoccupata di limitare o ridefinire totalmente le implicazioni letterali dell’obbligo di sterminio dei discendenti di Amalek 11 .
Una preoccupazione che non pare essere quella di Netanyahu il quale, avallando un approccio fondamentalista, ignora volutamente secoli di esegesi, strizzando l’occhio al rinnovato messianismo ebraico (braccio armato del sionismo moderno) e aizza la tradizione ebraica, associando Amalek all’«avversario eterno» 12 , all’«eterno antisemita» 13 , alla personificazione fisica e spirituale del male 14  e, in definitiva, «all’espediente retorico nell’arsenale dell’Ebraismo per parlare di assoluta spietatezza e disumanità» 15  Il risultato problematico è che, quello che doveva essere la soluzione alla disumanizzazione, ha generato in realtà nei secoli un processo di “de-nominazione” attraverso il quale l’antico nemico è stato associato con i nemici storici ed attuali del popolo ebraico, portando ad una inevitabile disumanizzazione contemporanea del popolo palestinese.Questo a causa del sionismo che, negli anni, ha allungato la lista dei nemici del popolo ebraico: Amalek è stato il Mufti di Gerusalemme, Gamal Abdel Nasser, Yassir Arafat, Saddam Hussein e Bin Laden. Ovviamente anche la Germania prima e dopo la Shoah è stata definita come Amalek, anche se è interessante sapere che fu proprio il racconto di Amalek ad ispirare Adolf Hitler nell’organizzazione e pianificazione della Shoah. Netanyahu è già ricorso in passato alla strumentalizzazione politica di questo racconto biblico che, prima di identificarlo con Hamas, l’ha assimilato all’ex premier iraniano Ahmadinejad e al suo governo in quanto “nuovi Amalek”. Così come è frequente che l’appellativo “Amalek” risuoni ancora oggi nei discorsi di alcuni ebrei estremisti come nome in codice per i palestinesi 16  o delle «ONG che chiamano “autodifesa” i crimini di guerra» 17 .
Questo processo di “amalecizzazione” porta però a una «trasformazione demonizzante» 18 , a una«spersonalizzazione» e in definitiva a una «disumanizzazione» 19 . L’“amalechismo” è un “pensiero apolitico che essenzializza il nemico, senza concedergli possibilità di riscatto” 20 . In maniera ancora più pericolosa (e arrogante), definendo un popolo “amalecita”, lo si confina fuori dalla portata del perdono divino, e fuori dall’universo dell’obbligo morale: tutto è giustificato e giustificabile se il fine è estirpare il Male, cioè “il popolo amalecita” 21 .

Oggi Amalek, per Israele e il suo governo, è il popolo palestinese. La Risoluzione della Corte diGiustizia dell’ONU ha considerato illegale l’occupazione di Cisgiordania, Gerusalemme Est e Gaza da parte di Israele, e ha ordinato di “porvi fine immediatamente, così come alla costruzione di colonie e all’appropriazione indebita di risorse palestinesi, e offrire riparazioni ai palestinesi”.
Nella stessa decisione la Corte afferma che gli stati e le agenzie dell’ONU “hanno l’obbligo di non riconoscere alcuna conseguenza legale dell’occupazione israeliana”.

La risposta di Netanyahu all’ONU non si è fatta attendere: altre bombe su Gaza scagliate proprio sulle “zone protette” dichiarate tali da Israele, per dare ancora una volta dimostrazione di cosa è il diritto per i governanti di Tel Aviv. L’articolo di Neve Gordon 22 comparso su “Al Jazeera” documenta perfettamente come Israele riscriva le leggi della guerra, il diritto internazionale, il diritto in generale e il concetto stesso di “legalità”. In sostanza, tutto ciò che fa Israele è “legale” per loro e per tutti i suoi sostenitori. D’altronde chi decide cosa è legale? Chi comanda e chi comanda fa la legge. Legalità e giustizia sono concetti ben diversi, sebbene noi tutti siamo convinti siano sinonimi. Purtroppo, per essere più realisti possibili, oggi è la forza che fa la legge, o meglio i rapporti di forza, e spesso le leggi sono il risultato dell’equilibrio precario raggiunto tra contendenti sociali o politici.
“Non possiamo essere occupanti su una terra che è nostra” – ha affermato Netanyahu emanando un chiaro messaggio politico con contenuto biblico: noi continuiamo perché la terra è nostra, sottintendendo che la terra gliel’ha assegnata Jahweh. Il 19 luglio Israele ha ammesso pubblicamente, per la prima volta, la sua natura coloniale con l’approvazione di una risoluzione del
parlamento israeliano che afferma: “La Knesset si oppone fermamente alla creazione alla creazione di uno Stato palestinese” perché “rappresenterebbe un pericolo esistenziale per lo Stato di Israele e i suoi cittadini, perpetuerebbe il conflitto israelo-palestinese e destabilizzerebbe la regione”. La
risoluzione ha ricevuto 68 voti favorevoli e solo 9 contrari (deputati arabi), trovando l’appoggio di quella che i media occidentali mainstream chiamano “opposizione democratica a Netanyahu” capeggiata dal Partito di Unità Nazionale di Benny Gantz (che fu ministro di Netanyahu). Israele
non solo si pone così nemico della soluzione binazionale degli Accordi di Oslo del 1993 – cosa che Netanyahu non ha mai nascosto -, ma addirittura dimostra di non aver alcuna intenzione di rispettare il diritto internazionale (come ha sempre fatto) il quale sancisce il diritto dei palestinesi ad avere uno Stato. Con abile retorica, paragonando i palestinesi agli amaleciti, Netanyahu sostiene che
Israele abbia un certo “diritto divino al genocidio”, sterminando i palestinesi per ordine non-negoziabile di Dio.

Note:

1 Le riflessioni della teologa femminista argentina Marcella Althaus Reid in “Il Dio Queer”
2 https://www.gov.il/he/pages/1swordsofiron261023
3 Netanyahu ha citato Amalek anche davanti alla Knesset durante il giuramento del governo di emergenza nazionale e
in una lettera all’esercito israeliano.

4 Riccardo Paredi, Ricordati di scordare Amalek, o la necessità di passare dal mito al mite, 15 novembre 2023.
https://www.oasiscenter.eu/it/ricordati-di-scordare-amalek-o-la-necessita-di-passare-dal-mito-al-mite
5 Roberto Tottoli, “ʿAmālīq” in Encyclopaedia of Islam, THREE.
6 Leon R. Kass, Founding God’s Nation: Reading Exodus, Yale University Press, New Haven and London, 2021, p. 244.

7 Avi Sagi, The Punishment of Amalek in Jewish Tradition: Coping with the Moral Problem, «The Harvard Theological
Review», vol. 87, n. 3 (1994), pp. 323-346.
8 https://elmad.pardes.org/parsha/podcasts/2021/02/terumah-5781-shabbat-zachor-the-mitzvah-of-genocide/

9 Avi Sagi, The Punishment of Amalek in Jewish Tradition.

10 Israel Finkelstein e Neil Asher Silberman, The Bible Unearthed: Archaeology’s New Vision of Ancient Israel and the
Origin of Its Sacred Texts, Touchstone, New York 2002, p. 118.
11 Martin S. Jaffee, The Return of Amalek, p. 60.
12 Myron B. Gubitz, Amalek, p. 34.
13 Martin S. Jaffee, The Return of Amalek, p. 60.
14 Elliott Horowitz, From the Generation of Moses to the Generation of the Messiah: The Jews Confront ‘Amalek’ and
his Incarnations, «Zion» 64 (1999), pp. 425-454.
15 Rabbi Shai Held, The Heart of Torah, p. 258

16 Shulamit Aloni, Murder under the Cover of Righteousness: There is No Fixed Method for Genocide, «Peace
Research» n. 35 (2003), pp. 29-31.
17 Wein Berel, Past Perfect: Amalek, «The Jerusalem Post», 5 Marzo 2009.
18 Gili Kugler, Metaphysical Hatred and Sacred Genocide: The Questionable Role of Amalek in Biblical Literature,
«Journal of Genocide Research», vol. 23, n. 1 (2021), p. 2.
19 Henry F. Knight, Coming to Terms with Amalek, p. 228.
20 Alejandro Baer e Natan Sznaider, Memory and Forgetting in the Post-Holocaust Era: The Ethics of Never Again,
Routledge, London and New York 2017, p. 143.
21 Henry F. Knight, Coming to Terms with Amalek, p. 229-230.

Ulteriori fonti:
https://www.oasiscenter.eu/it/ricordati-di-scordare-amalek-o-la-necessita-di-passare-dal-mito-al-
mite
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/israele-guerra-e-vendetta-biblica-attenzione-a-non-
appiccare-incendi

https://www.aljazeera.com/opinions/2024/7/15/israel-seeks-to-rewrite-the-laws-of-war

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2024/07/24/netanyahu-parla-al-congresso-americano-usa-e-
israele-devono-restare-uniti-liran_a006df42-7884-4d2c-9a02-875b1c9a712a.html