Yahya Sinwar ha scritto la sua storia

“Cosa dovremmo fare? Alzare bandiera bianca? Non accadrà”

Fonte. English version

Di Justin Podur – 21 ottobre 2024

Immagine di copertina: Yayha Sinwar, il leader di Hamas ucciso in combattimento dalle Forze di Occupazione israeliane a Gaza il 16 ottobre 2024, saluta i sostenitori mentre visita il quartiere al-Rimal di Gaza il 26 maggio 2021, per valutare i danni causati dai bombardamenti israeliani. Ashraf Amra Immagini APA

Sin dalla fondazione dell’organizzazione, le vite dei leader di Hamas si sono concluse con il martirio per mano degli israeliani: lo Sceicco Ahmad Yassin, Abd al-Aziz al-Rantisi, Ismail Haniyeh e ora Yahya Sinwar, lo sono stati tutti.

Le Organizzazioni di Resistenza Palestinese sono costruite per Resistere alla morte dei loro leader, i cui discorsi spesso evocano il martirio.

Yahya Sinwar non ha fatto eccezione. In molte apparizioni, Sinwar ha affermato che c’erano cose per cui valeva la pena morire: il Paese, il movimento, i principi e la fede. Citando l’Imam Ali, Sinwar ha detto in un discorso: “Ci sono due giorni nella vita di una persona. Il giorno in cui la morte non è il tuo destino e il giorno in cui la morte è il tuo destino. Il primo giorno, nessuno può farti del male e il secondo giorno, nessuno può salvarti”.

Ha anche detto che temeva di morire di infarto o di coronavirus molto più che di morire in battaglia.

Gran parte della biografia di Sinwar, compresi i significati che attribuiva agli eventi della sua vita, può essere ricavata dal suo romanzo: La Spina e il Garofano (The Thorn and the Carnation). Scritto e fatto uscire di nascosto dalla prigione israeliana dove Israele aveva pianificato che trascorresse il resto della sua vita, è pieno di intuizioni su come Sinwar vedeva il mondo e la prospettiva da cui ha costruito il Movimento di Resistenza.

Il personaggio più importante del suo romanzo, Ibrahim, è nato negli anni ’60 (Sinwar stesso è nato nel 1962) e sceglie di studiare a Gaza (come Sinwar, che ha studiato letteratura all’Università Islamica) e di rimanere a Gaza e lottare nonostante abbia l’opportunità di studiare e costruirsi una vita in esilio.

Vita familiare, vita universitaria, vita religiosa, lavoro, prigione e vita di Resistenza sono le ambientazioni quotidiane del libro. Personaggi appartenenti a diverse fazioni dibattono a lungo tra loro sulla questione della negoziazione contro la Resistenza. Il narratore riassume occasionalmente i metodi israeliani di infiltrazione e raccolta di informazioni e fornisce spunti sugli errori commessi dalla Resistenza o sui dettagli delle operazioni.

Il libro è stato completato nel 2004. Forse non sorprende, dal momento che il suo autore stava scontando più ergastoli, che il romanzo si legga come un’opera destinata a essere l’eredità di un combattente, un documento che potrebbe trasmettere un’esperienza preziosa alla prossima generazione: dai dettagli quotidiani su come funziona l’Occupazione a cosa aspettarsi quando si visita una prigione. O come comportarsi come prigionieri.

“Obbligo Morale”

Nonostante i piani degli israeliani, Yahya Sinwar non morì in prigione e fu uno degli oltre 1.000 prigionieri palestinesi liberati in uno scambio di prigionieri nel 2011.

Divenne il leader di Hamas a Gaza nel 2017 e guidò i suoi seguaci attraverso anni tumultuosi di azione. Nel 2018, nel contesto della pacifica Grande Marcia del Ritorno che fu repressa da Israele, fu intervistato dalla giornalista italiana Francesca Borri nel corso di cinque giorni, delineando il ragionamento e le speranze che Hamas aveva in un cessate il fuoco a lungo termine (un tema ricorrente nella vita politica di Sinwar).

“Avete mai visto le foto di Gaza degli anni ’50? Quando in estate tutti venivano qui in vacanza?” chiese Sinwar alla giornalista.

“Circa il 45% della popolazione qui è meno di 15 anni”, osservò Sinwar. “Non sanno nemmeno cosa sia Hamas, cosa sia il sionismo. Di notte camminano in riva al mare e si chiedono come sia il mondo al di là delle onde”.

Sinwar raccontò a Borri del suo obbligo verso i prigionieri. “Per me è un obbligo morale: farò più del mio meglio per liberare coloro che sono ancora imprigionati”.

In un’altra importante intervista con la corrispondente di Vice Hind Hassan dopo la guerra del 2021, Sinwar ha paragonato il Razzismo sperimentato dagli afroamericani a quello sperimentato dai palestinesi.

È tornato sul tema di un cessate il fuoco a lungo termine, ma ha ricordato all’intervistatore, che ha criticato i razzi e accusato Hamas di Crimini di Guerra, che la natura umana ha costretto alla Resistenza.

“Cosa dovremmo fare? Alzare bandiera bianca? Non accadrà”, ha detto Sinwar. “Dovremmo essere vittime ben educate mentre veniamo massacrati? Morire in silenzio? È impossibile. Abbiamo deciso di difendere il nostro popolo con qualsiasi arma abbiamo”.

Alla fine della guerra del 2021, Sinwar ha sfidato gli israeliani ad assassinarlo, avvisando in una conferenza stampa pubblica che sarebbe andato a piedi a casa sua, un luogo noto, e se avessero scelto di prenderlo di mira, non si sarebbe nascosto.

Una volta arrivato a casa, ha posato per una fotografia iconica seduto su una poltrona in mezzo alle macerie.

Il Genocidio di Israele ha dissipato molte illusioni di lunga data sui diritti umani, il Diritto Internazionale, la libertà di espressione, la diplomazia, la politica progressista e l’etica professionale, tutte cose che si sono dimostrate subordinate al sostegno a Israele in Occidente.

Nessuna Resa

Come molti giornalisti quest’anno, Seymour Hersh, un giornalista americano con una rete di fonti interne che gli hanno permesso di rivelare le storie di My Lai, Abu Ghraib e Nord Stream nel corso della sua lunga carriera, ha macchiato il suo stesso prestigio per vendere bugie sul Genocidio di Israele.

Poco dopo il 7 ottobre 2023, Hersh ha riferito ai suoi lettori che l’Ospedale Al-Shifa “è noto da tempo ai servizi militari israeliani come una roccaforte di Hamas e forse l’ultimo centro di comando e controllo di Hamas esistente nella città di Gaza”. La guerra di terra, ha detto Hersh nel novembre 2023, si stava “rivelando una passeggiata” per Israele, “essenzialmente vinta”.

Ma Yahya Sinwar aveva lasciato il Nord e “probabilmente si sarebbe circondato di ostaggi in qualsiasi scontro finale”, complicando la situazione per gli israeliani che volevano ucciderlo ma, secondo Hersh, erano preoccupati per la vita di questi prigionieri israeliani. “Israele sta ancora cercando di negoziare una via d’uscita per gli ostaggi”, ha detto Hersh citando la sua fonte israeliana, “ma Hamas deve prima arrendersi e liberare gli ostaggi”.

Non c’era nessun bunker sotto Al-Shifa. Yahya Sinwar era fuori terra a combattere gli israeliani, non circondato da ostaggi. E non si è arreso.

Nella scena finale di La Spina e il Garofano, Ibrahim telefona al narratore, Ahmad, e gli dice di aver avuto una visione. “Mi sono visto digiunare e il profeta Maometto mi ha detto: ‘Il tuo ifṭār* è con noi oggi, Ibrahim’, come se mi stesse aspettando”. Ahmad sapeva cosa Ibrahim stava insinuando e si è agitato. Ibrahim lo ha calmato: “Non urlare, Ahmad. Sto prendendo tutte le precauzioni, ma un simile invito non può essere rifiutato”. (*L’ifṭār è il pasto serale consumato dai musulmani che interrompe il loro digiuno quotidiano durante il mese islamico del Ramadan.)

Il sentimento di Ahmad si è rivelato giusto: Ibrahim è stato ucciso da una bomba caduta sulla sua auto durante un attacco aereo.

E così, dopo aver trascorso la sua giovinezza nella Resistenza, rassegnandosi a una vita in prigione, venendo miracolosamente liberato in uno scambio di prigionieri, diventando il leader del movimento a Gaza, venendo accreditato come l’architetto dell’Operazione del 7 ottobre 2023, il cui intento era catturare un gran numero di prigionieri militari israeliani da scambiare con migliaia di prigionieri palestinesi e adempiere al suo “Obbligo Morale”, rimettendo la liberazione palestinese nell’agenda mondiale, Sinwar è morto in battaglia con gli israeliani, come il personaggio principale del romanzo che ha scritto.

Non era circondato da ostaggi e non si è arreso: queste si sono rivelate niente più che calunnie scritte per lui dai suoi nemici Genocidi. Per coloro che desiderano capire cosa sapeva, è meglio ignorarle: Yahya Sinwar ha scritto la sua storia.

Justin Podur è l’autore di Siegebreakers (Rompere l’Assedio), un romanzo del 2019 in cui i palestinesi di Gaza vincono una guerra di liberazione. Gestisce il programma radio web (podcast) Anti-Empire Project (Progetto Anti-Impero) e un canale YouTube, inclusa la serie Gaza War Sit Rep (Rapporto Sulla Situazione Della Guerra a Gaza), con diversi video sulla situazione militare a settimana.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org