Copertina: L’autista di bulldozer dell’esercito israeliano Eliran Mizrahi e il pilota di bombardieri Asaf Dagan sono morti entrambi suicidi in ottobre. (Via X/Haaretz)
di Asa Winstanley, 7 novembre 2024
Fonte: English version
L’esercito israeliano è sul punto di crollare? Questa è la domanda che sembrano porsi molte famiglie di soldati recentemente rientrati da Gaza.
Una serie di interviste a più di 20 soldati combattenti e alle loro famiglie per un articolo pubblicato il mese scorso dal sito di notizie di Tel Aviv The Hottest Place, suggerisce che l’esercito israeliano sta soffrendo di una crisi potenzialmente terminale.
“Può trattarsi di un fenomeno silenzioso e taciuto”, scrive il giornalista Revital Hovel, ”ma è in continuo aumento. Molti soldati si rifiutano di continuare a combattere a Gaza e *votano con i piedi”.
Un anno di resistenza armata al genocidio israeliano nella Striscia di Gaza sta pagando il suo prezzo. Molti soldati israeliani si rifiutano di combattere.
Alcuni stanno addirittura morendo suicidi piuttosto che tornare sul campo.
“I plotoni sono vuoti”, ha detto ‘Rona’, la madre di un soldato. “Chi non è morto e non è stato ferito è stato rovinato emotivamente. Sono rimasti in pochi a tornare a combattere”.
Come tutti gli altri citati da The Hottest Place, “Rona” ha usato uno pseudonimo per paura di ritorsioni da parte dell’esercito israeliano.
A dispetto degli orrori senza precedenti che l’esercito di occupazione israeliano ha inflitto a Gaza e in Libano nell’ultimo anno, molti dei soldati sopravvissuti sono rimasti mentalmente segnati dalle loro esperienze.
Il logoramento
“C’è un costante abbandono nascosto dei combattimenti”, ha detto ‘Idit’, una seconda madre. “Non si tratta di un’obiezione di coscienza, ma piuttosto di un abbandono dovuto al logoramento”.
Secondo “Rona”, il morale dell’esercito era già catastroficamente basso anche prima che Israele compisse una serie di omicidi in Libano prima del tentativo di invasione di terra iniziato il 1° ottobre.
Suo figlio le ha detto: “Non so con quale esercito abbiano intenzione di entrare in Libano, ma non c’è nessun esercito. Non tornerò al battaglione”.
Questo potrebbe spiegare perché, a distanza di un mese, l’esercito israeliano non è riuscito ad avanzare in modo significativo nel Libano meridionale e quasi 100 soldati sono stati uccisi nel tentativo.
Secondo Jon Elmer, redattore collaboratore e analista militare di The Electronic Intifada, Israele ha ammesso l’uccisione di 70 dei suoi soldati solo sul fronte libanese dall’inizio dell’invasione.
Hezbollah, il gruppo di resistenza libanese che ferma gli israeliani, afferma di aver ucciso 90 persone.
Eppure questo apparente collasso dell’esercito israeliano non è un fenomeno solo recente né limitato al Libano.
“Molti genitori raccontano che il crollo del morale dei soldati da combattimento è iniziato già ad aprile, quando l’IDF [esercito israeliano] si è impantanato a Gaza”, ha scritto Hovel in The Hottest Place.
“Io lo chiamo rifiuto e ammutinamento”, ha detto ‘Inbal’, la madre di un terzo soldato. “Tornano negli stessi edifici [a Gaza] che avevano ripulito [sic – sgomberato], e finiscono di nuovo in una trappola esplosiva, ogni volta. Sono stati nel quartiere di Zaytoun [di Gaza City] già tre volte. Hanno capito che è inutile e non serve a nulla”.
“Yael”, una quarta madre, ha detto: “Ho parlato con mio figlio e mi ha detto: ‘Siamo come anatre in un tiro a segno, non sappiamo cosa stiamo facendo qui’. È la seconda e la terza volta che torniamo negli stessi posti. Gli ostaggi non tornano, si vede che non finisce, e lungo il percorso i soldati vengono feriti e uccisi. Sembra inutile”. Questo accadeva a marzo”.
Un altro soldato, “Uri”, ha raccontato direttamente a The Hottest Place che tre ufficiali della sua compagnia sono stati uccisi quando un missile anticarro ha colpito una casa che avevano occupato a Khan Younis, nel sud di Gaza.
“Tutti gli ufficiali sono andati al secondo piano di un edificio, e sono rimasti lì insieme, vicini l’uno all’altro, a guardare fuori dalla finestra”, ha detto Uri. “Un missile è entrato nell’edificio da un’altra finestra e li ha colpiti. L’intera compagnia ha dovuto evacuarli… Eravamo sfiniti; volevamo tutti andare in licenza a casa, e hanno deciso di lasciarci lì [a Gaza] comunque”.
Questa esperienza di “svolta” alla fine lo ha portato a rifiutarsi di tornare a combattere a luglio. “Ho iniziato a piangere su un prato e ho detto che non ce la facevo più. Ero emotivamente distrutto. Ho detto al mio comandante che non ce la facevo più”.
La morte per suicidio
L’articolo apparso nella pubblicazione di Tel Aviv fa parte di una serie di articoli simili pubblicati sui media israeliani e occidentali nelle ultime settimane. L’obiettivo è spesso quello di suscitare simpatia per i soldati israeliani genocidi che stanno attualmente portando avanti un olocausto a Gaza.
Ma alcuni di questi articoli rivelano forse più di quanto i loro autori intendano.
In quello che è probabilmente l’articolo più famoso del genere, la CNN ha raccontato la storia di Eliran Mizrahi, un soldato israeliano che guidava un bulldozer militare. Mizrahi è morto suicida nel giugno di quest’anno, secondo quanto riferito, solo due giorni dopo essere stato richiamato per tornare a Gaza.
Secondo Guy Zaken, il copilota di Mizrahi, che ha parlato con la CNN, lui e i suoi colleghi soldati avrebbero “investito terroristi, vivi e morti, a centinaia”.
Ha spiegato graficamente come “tutto schizza fuori” da sotto il bulldozer.
Gli israeliani usano comunemente la parola “terrorista” per descrivere qualsiasi palestinese.
All’inizio dell’anno, Mizrahi e Zaken si sono orgogliosamente vantati su un canale televisivo israeliano di aver distrutto le case di 5.000 “terroristi” – prima di affermare che effettivamente tutte le case di Gaza appartengono a “terroristi”.
Ben presto sono emersi online video e altri post in cui Mizrahi pubblicava le prove dei suoi crimini sui suoi stessi social media.
Come riporta la CNN, “Zaken dice di non poter più mangiare carne, perché gli ricorda le scene raccapriccianti a cui ha assistito dal suo bulldozer a Gaza, e fatica a dormire la notte, con il suono delle esplosioni che gli risuona in testa”.
Nonostante la sua entusiastica esecuzione del genocidio israeliano nella Striscia di Gaza, a Mizrahi è stata inizialmente rifiutata la sepoltura in un cimitero militare da Israele, apparentemente perché non era tecnicamente un soldato in servizio attivo al momento della sua morte (Haaretz ha poi riferito che questa decisione è stata annullata dopo che i suoi parenti hanno guidato una protesta pubblica).
È possibile che il suicidio tra i soldati israeliani sia un’epidemia taciuta in questo momento.
Secondo la CNN, migliaia di soldati “soffrono di PTSD o di malattie mentali causate dai traumi subiti durante la guerra”. Non è chiaro quanti si siano tolti la vita”, poiché l’esercito israeliano non ha fornito cifre ufficiali.
Un altro caso di alto profilo recentemente apparso sulla stampa israeliana è stato quello di Asaf Dagan, 38 anni, pilota veterano dell’aeronautica militare, morto suicida il mese scorso.
Il suo biglietto d’addio è circolato online, apparentemente rilasciato dalla sua famiglia nel tentativo di fare pressione sulle autorità affinché acconsentissero alla sepoltura militare che gli è stata negata.
Haaretz ha riferito che a Dagan erano stati diagnosticati anni di disturbo da stress post-traumatico.
“La famiglia di Dagan non sa dire se la fonte della sua sofferenza siano gli eventi traumatici a cui ha assistito durante la Seconda guerra del Libano” nel 2006, ha riferito il giornale, ‘o il senso di colpa per i bombardamenti a cui ha preso parte’.
Il mese scorso, in un’altra occasione, le agenzie di intelligence israeliane hanno annunciato di aver smantellato due presunte reti di spionaggio iraniane, una delle quali interamente composta da ebrei israeliani.
Yossi Melman, corrispondente dell’intelligence per Haaretz, ha descritto l’idea stessa che alcuni ebrei israeliani siano ora disposti a lavorare per l’Iran contro Israele come un segno di ciò che ha descritto come “il decadimento morale e la disintegrazione della coesione sociale di Israele”.
Melman ha riferito per il giornale di Tel Aviv che “lo Shin Bet [agenzia di intelligence] e la polizia hanno arrestato 14 israeliani sospettati di spiare per l’Iran”. Poiché gli arresti sono stati effettuati in tempo di guerra, le accuse sono molto severe. I sospetti rappresentano due gruppi distinti reclutati e controllati da agenti del ministero dell’intelligence iraniano”.
Pur sostenendo che le presunte spie erano motivate principalmente dal denaro, Melman ha scritto che “la dolorosa verità che non può essere ignorata è che sempre più ebrei israeliani sono pronti a spiare per l’Iran”.
Ha affermato che “negli ultimi sei mesi più di 20 israeliani sono stati arrestati dallo Shin Bet e accusati di spionaggio per il Ministero dell’Intelligence iraniano”.
Queste 20 presunte spie “sono israeliani di varie estrazioni sociali”, ha affermato Melman.
“Maschi e femmine, giovani e anziani, provenienti da tutto il Paese. Rappresentano il mosaico della società israeliana: uno studente di yeshiva di Beit Shemesh, uno studente di psicologia di un college di Ramat Gan, un uomo d’affari di Ashkelon e due nuovi immigrati dalla Bielorussia e dall’Ucraina”.
Melman ha spiegato la situazione come la vede lui: “Molti israeliani sono depressi perché non vedono la fine delle politiche bellicose di [Benjamin] Netanyahu. L’economia si sta deteriorando e il governo non offre speranza ai cittadini. Tutto questo è terreno fertile per la formazione di spie”.
Sembra anche un terreno fertile per il possibile collasso, o almeno per un grave degrado, dell’esercito israeliano. Non essendo in vista la fine della guerra di logoramento condotta dalla resistenza, le sfide per le forze armate israeliane continueranno a crescere.
Un crollo potrebbe essere ancora lontano, e per i palestinesi e i libanesi non sarà mai abbastanza vicino.
*vote with your feet, idiom – https://dictionary.cambridge.org/it/dizionario/inglese/vote-with-feet
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Quando il prezzo dello sci è raddoppiato, i turisti hanno ‘votato con i piedi’ e hanno smesso di andare.
Asa Winstanley è un giornalista investigativo e redattore associato di The Electronic Intifada. È autore del libroWeaponising Anti-Semitism: How the Israel Lobby Brought Down Jeremy Corbyn ( OR Books, 2023).
Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org