Il passaggio del testimone: come l’ANP tenta disperatamente di non farsi rimpiazzare da Hamas

Nell’ultima settimana abbiamo assistito ad una serie di manovre all’interno del Comitato Esecutivo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Non pochi hanno accolto con entusiasmo l’annuncio di Abu Mazen che afferma di volersi dimettere dalla sua carica di Presidente del Comitato Esecutivo dell’OLP e con lui diversi membri di Fatah e dell’Autorità Nazionale Palestinese. Purtroppo, come al solito, sono stati pochi a porsi interrogativi sensati riguardo a quest’ultimo evento.

Palestinian President Mahmoud Abbas attends the opening ceremony of the
Palestinian President Mahmoud Abbas attends the opening ceremony of the “Jerusalem in Memory” exhibition in the West Bank city of Ramallah January 4, 2015.

Prima di tutto bisogna ricordare alcune cose: l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, fondata nel 1964, venne formalmente riconosciuta da parte della Lega Araba come unico legittimo rappresentante del Popolo palestinese durante il Summit di Rabat.

Nel 1974 l’OLP, dietro spinta della corrente arafatiana, adottò il cosiddetto “Programma a fasi”, tramite il quale avrebbe aperto le porte ad un possibile futuro compromesso a spese del Popolo palestinese. Questo evento spinse varie fazioni palestinesi a formare “Il Fronte del Rifiuto”.

Nel 1988 l’OLP adottò ufficialmente l’idea della nascita di uno Stato palestinese nei confini del 1967, anche a costo di una eventuale convivenza con l’entità sionista.

Nel 1993, Yasser Arafat riconobbe l’esistenza dell’entità sionista per mezzo di una lettera diretta all’allora Primo Ministro sionista Itzhaq Rabin.

Sin dalla sua nascita, l’OLP ha visto sempre innumerevoli contraddizioni interne, partiti e fazioni che uscivano dal Comitato Esecutivo in segno di protesta verso la linea politica intrapresa dalla dirigenza dell’Organizzazione, esclusioni, conflitti interni. Questa situazione continua fino al giorno d’oggi.

Altri dati tecnici utili alla comprensione del testo che segue: i due principali organi dell’OLP sono il Comitato Esecutivo e il Consiglio Nazionale Palestinese; è quest’ultimo ad eleggere l’Esecutivo. I dipartimenti dell’OLP sono 24, i partiti che ne fanno parte sono 12.

Nei giorni scorsi, il giornale libanese Al-Akhbar è riuscito ad ottenere una copia del verbale di una riunione fatta trapelare dall’ufficio del Responsabile dell’Intelligence dell’ANP, Majed Faraj. Il verbale è una serie di appunti su quanto discusso nella riunione nella quale sono stati definiti gli ultimi dettagli per completare il controllo di Mahmoud Abbas sull’OLP e su Fatah.

Il resoconto del rapporto reso pubblico da Al-Akhbar è il seguente:

Dieci membri del Comitato Esecutivo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina hanno presentato le proprie dimissioni durante una riunione tenutasi a Ramallah sotto la presidenza di Abu Mazen.

Sebbene queste dimissioni sembrino aver colto di sorpresa molti, in realtà non sono altro che parte di un piano ben architettato da Abu Mazen, Presidente dell’ANP, Sae’eb Erekat, responsabile delle questioni inerenti i negoziati con l’entità sionista, e Majed Faraj, responsabile dei Servizi Segreti palestinesi.

Il rapporto è datato 28 luglio 2015 e in questo si parla apertamente del “consolidamento definitivo del controllo sull’OLP”.

I principali temi affrontati durante l’incontro sono stati:

1 – Come silurare e sostituire sette membri del Comitato Esecutivo

Si tratta di:

  • Yaser Abed Rabbo, ex leader di FIDA, e Segretario del Comitato Esecutivo dell’OLP fino allo scorso mese, quando Abu Mazen lo ha sollevato dalle sue mansioni;
  • Ghassan Al-Shaka’a, membro del Consiglio Legislativo Palestinese, membro del Comitato Esecutivo dell’OLP dal 1997, e più volte sindaco della città palestinese di Nablus;
  • Faruq Al-Qaddumi, Segretario Generale del Comitato Centrale di Fatah, membro del Comitato Centrale dell’OLP e suo rappresentante in Tunisia;
  • Ali Isshaq, Segretario Generale del Fronte di Liberazione della Palestina (FLP) e membro del Comitato Centrale dell’OLP;
  • Asa’ad Abdel Rahman, membro del Consiglio Nazionale Palestinese, membro del Consiglio Centrale Palestinese e membro del Comitato Esecutivo dell’OLP dal 1996;
  • Mohammad Zuhdi Al-Nashashibi, ex-Ministro delle Finanze, membro di Fatah e del Comitato Esecutivo dell’OLP;
  • Zakaria Al-Agha, membro del Comitato Centrale di Fatah dal 1994, membro del Comitato Esecutivo dell’OLP, membro della squadra di negoziatori palestinesi a Madrid-Washington.

Tutti questi personaggi rappresentano in un modo o nell’altro un ostacolo per la corrente fedele ad Abu Mazen all’interno di Fatah. I fedelissimi di Abbas intendono quindi “neutralizzarli” per sostituirli con esponenti della cerchia più ristretta.

E’ storicamente noto che il partito più frustrato a causa della politica dell’Autorità Nazionale Palestinese sia Fatah in quanto, date le numerose correnti interne in contrasto l’un con l’altra, Arafat ha sempre preferito assegnare posizioni chiave a “personaggi indipendenti” più che ad esponenti di Fatah. E’ semplice capire il perché di una scelta simile: ogni esponente rilevante di Fatah aveva una “sua corrente” e, forte del proprio seguito, sarebbe stato meno restio a piegarsi dinnanzi a tutte le posizioni dell’allora Presidente.

Senz’altro Mahmoud Abbas, “Abu Mazen”, è stato un buon allievo, ha imparato bene la lezione dal suo predecessore, Yasser Arafat “Abu Ammar”.

Secondo il rapporto, diversi membri del Comitato Esecutivo hanno ricevuto comunicazioni nelle quali era richiesto di presentare le proprie dimissioni. A quanto pare, preso da un moto d’orgoglio, il negoziatore Yasser Abed Rabbo avrebbe rifiutato l’invito e iniziato “una campagna di incitamento contro Abbas”. Sempre secondo il rapporto, tutti i presenti alla riunione hanno convenuto sulla “necessità di adottare altri mezzi per far pressione su di lui” (Abed Rabbo).

Le mancate dimissioni di Yasser Abed Rabbo passano però in secondo piano, in quanto il numero di persone dimessesi durante questa campagna di dimissioni collettive ha raggiunto il limite minimo per poter indire una seduta straordinaria del Consiglio Nazionale Palestinese, seduta che potrà essere tenuta solo da chi potrà essere fisicamente presente.

E’ ovvio che in questo modo verrebbero esclusi i membri del Consiglio presenti nella Diaspora e fuori dalla Cisgiordania. E questo darebbe modo ad Abu Mazen di raggiungere la maggioranza all’interno del Consiglio Nazionale, spingendo la sua corrente a votare per il Comitato Esecutivo esclusivamente membri della cerchia dei fedelissimi.

2 – Scenari possibili

Secondo il rapporto, i presenti alla riunione hanno anche discusso dei vari scenari che avrebbero potuto presentarsi durante l’incontro del Consiglio Nazionale Palestinese. Nel verbale compaiono frasi come “bisogna imporre in ogni modo il controllo, e considerare alternative per qualsiasi scenario possiamo figurarci” e “bisogna imporre un controllo reale, garantito”.

Si è quindi deciso di puntare i riflettori su Azzam Al-Ahmad (membro di Fatah nel Consiglio Legislativo Palestinese), anche se “bisogna comunque seguire la questione attentamente”.

3 – Prima di egemonizzare l’OLP bisogna egemonizzare Fatah

Per arrivare pronti alla seduta del Consiglio Nazionale Palestinese, sanno di dover prima consolidare il proprio controllo all’interno di Fatah. Per questo motivo il mese prossimo verrà tenuto il Settimo Congresso in cui, secondo il rapporto, Abu Mazen e la sua cerchia nomineranno “persone fidate” nelle posizioni chiave.

In modo da facilitare le sue manovre, Abu Mazen intende anche cambiare lo Statuto Interno di Fatah riducendo il numero minimo di partecipanti al Congresso di Fatah a 1000, del Consiglio Rivoluzionario a 80 eletti e 20 nominati, del Comitato Centrale a 15 eletti e 6 nominati.

Abu Mazen ha intenzione di mantenere all’interno del Comitato Centrale di Fatah i seguenti personaggi:

  • Sae’ed Erakat
  • Nabil Abu Rudeina
  • Othman Abu Gharbiyya
  • Mahmoud Al-Alul
  • Azzam Al-Ahmad
  •  Mohammad Al-Madani
  •  Amal Hamad (nominata in sostituzione a Mohammad Dahlan, sollevato dalle mansioni da Abu Mazen).

4 – I fedelissimi del Raìs

I fedelissimi che Abu Mazen promuoverà saranno i seguenti:

  • Nabil Abu Rudeina, dovrà essere il portavoce ufficiale di Fatah e suo rappresentante all’interno del Comitato Esecutivo.
  • Rafiq Al-Husseini, vice di Abu Mazen, dovrà prendere il posto di “indipendente di Gerusalemme”.
  • Jamil Shehade, come rappresentante del Fronte Arabo Palestinese (FAP).
  • Wasel Abu Yousef, dovrà prendere il posto di Ali Isshaq come rappresentante del Fronte di Liberazione della Palestina (FLP).

5 – Ereditare il califfato

Oltre ai suddetti, Abu Mazen tenterà di promuovere anche alcuni figli di fondatori storici di Fatah, tra cui:

  • Maher Ghneim, figlio del Segretario del Comitato Centrale di Fatah, Abu Maher Ghneim.
  • Sabri Saidam, figlio del dirigente Mamduh Saidam.
  • Jihad Al-Wazir, figlio di Khalil Al-Wazir, conosciuto come Abu Jihad.

E, Yasser Abbas, uomo d’affari canadese, nientepopodimeno che il figlio di Mahmoud Abbas.

Possibile che tutta questa macchinazione abbia come obiettivo far ereditare il potere al suo secondogenito?

Allo stesso tempo Abu Mazen intende promuovere anche Majed Faraj, uno degli artefici del malefico piano, Samir Al-Rifai, Amin Maqboul e il Consigliere di Abbas, Fehmi Zaa’arir.

6 – Il problema di Marwan Barghouthi, Abu Maher Ghneim e Tawfiq Al-Terawi

Secondo il rapporto di Al-Akhbar, durante l’incontro si è parlato inoltre degli eventuali ostacoli che avrebbe potuto creare Marwan Barghouthi, membro di Fatah imprigionato dal 2002.

Barghouthi, nonostante per un certo periodo abbia sostenuto i colloqui con l’entità sionista (ultimamente si è lanciato in dure critiche contro l’ANP e Abu Mazen), gode di grande popolarità tra le fila di Fatah.

A quanto pare, Barghouthi, negli ultimi anni specialmente, ha iniziato a sperare di scalare la piramide di Fatah mirando alla cima.

I fedelissimi di Abu Mazen hanno dunque proposto una soluzione: convincere Fadwa, moglie di Barghouthi, che egli verrà nominato all’interno del Comitato Centrale di Fatah; in tal modo non vi sarebbe necessità di candidarsi tra la quota di membri eletti. Ne è una prova lo stesso Abu Mazen: durante il Sesto Congresso di Fatah non si è candidato ed è divenuto ugualmente Presidente. Inoltre, Marwan, sarebbe stato nominato insieme ad altri cinque personaggi per seguire le problematiche legate a “personaggi e zone”. In caso Marwan rifiutasse l’offerta, si candidasse e fallisse nelle elezioni, il problema Barghouthi sarebbe arginato.

Per evitare, invece, la candidatura al Comitato Centrale di Maher Abu Ghneim, i presenti hanno convenuto sul fatto che basterebbe fargli intendere che, in caso di candidatura, la nomina di suo figlio andrebbe a monte: ossia, fargli intendere che una candidatura del figlio sarebbe preferibile ad una sua fallimentare candidatura.

I presenti parlano anche della questione di Tawfiq Al-Terawi, membro di Fatah e alto responsabile dei Servizi di Sicurezza dell’ANP, che ultimamente avrebbe rilasciato dichiarazioni di disappunto nei riguardi dell’ANP. I fedeli di Abu Mazen le interpretano come un principio di campagna elettorale; data quindi la percezione di una candidatura di Tawfiq Al-Terawi, hanno convenuto sulla stesura di una lista di nomi di tutti i personaggi vicini a lui da escludere dal Settimo Congresso di Fatah.

7 – Dubbi sul cosiddetto “Processo di Pace” con l’entità sionista

Riguardo alla questione dei negoziati, tutti i presenti durante l’incontro sono giunti alle seguenti conclusioni:

  • Israele vuole una pace economica e nient’altro.
  • L’economia palestinese è in fase di stallo, se non addirittura morta.
  • Gli statunitensi non sono più interessati al processo di pace.
  • Il Segretario di Stato John Kerry è un bugiardo e ha reciso i contatti.
  • Nonostante tutte le concessioni fatte, “Israele” e gli USA hanno iniziato ad abbandonare l’ANP.

8 – Hamas, nuovo interlocutore, pronto a prendere il posto dell’ANP

Durante l’incontro viene anche discusso il problema Hamas in quanto, agli occhi di USA, Israele e Inghilterra, sarebbe un migliore interlocutore rispetto all’ANP.

“Gli israeliani, dopo tutte le concessioni, non sono più convinti di noi e hanno deciso di metter fine al nostro mandato; gli americani, nonostante la nostra collaborazione, hanno preso la stessa decisione. Entrambe le parti hanno avvertito di questo il Presidente del Quartetto per il Medio Oriente Tony Blair, che, in seguito a queste considerazioni, si è mosso sul fronte Hamas”.

Inoltre, il rapporto riferisce che: “Il Ministro degli Affari Esteri francese, Laurent Fabius, ci ha allertati in merito al progetto USA-Israele-Hamas, e ci ha avvertiti del prossimo sconvolgente cambiamento nella regione, dei numerosi imminenti cambiamenti. Ha sottolineato la necessità di mobilitarsi insieme ad altri Stati arabi per resistere a questo progetto, ma dove sono gli arabi? Vi sono Stati arabi che probabilmente nel prossimo periodo taglieranno le relazioni con noi”.

Riguardo a Hamas in Cisgiordania, uno dei presenti ha dichiarato che “Hamas ha cellule in Cisgiordania. Abbiamo arrestato un gruppo e ha confessato che il suo compito era quello di uccidere alcuni responsabili dei Servizi di Sicurezza e alcuni dirigenti. Hanno confessato nomi ben precisi”.

Raccogliamo di seguito le reazioni e le posizione delle principali forze della sinistra palestinese in merito all’intenzione di indire una seduta straordinaria del Consiglio Nazionale Palestinese:

Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) qualche settimana fa ha rilasciato un comunicato in cui avvisava che non avrebbe preso parte alle riunioni dell’OLP. In un’intervista del 26 agosto 2015 con “Al-Ghad Al-A’arabi”, Leila Khaled, membro dell’Ufficio Politico del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina ha condannato questa mossa, definendola “una farsa recitata male”. Ha sottolineato la necessità di indire una sessione ordinaria anziché una sessione straordinaria. Ha inoltre aggiunto: “Perché non sono stati onorati gli accordi [N.d.R.: riferimento agli Accordi del Cairo]? Perché non viene tenuta una sessione ordinaria del Consiglio Nazionale? Questa manovra ha il solo scopo di sostituire alcuni membri non fedeli alla dirigenza [N.d.R.: di Abu Mazen]? Dov’è il Programma che sta seguendo il Comitato Esecutivo? E lo Statuto Nazionale Palestinese che è stato annullato? In questo modo si sminuisce questa organizzazione [l’OLP] e si mette in pericolo la sua legittimità come unico e legittimo rappresentante del Popolo palestinese”.

Il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (FDLP) anche ha dichiarato di non voler partecipare alle riunioni dell’OLP. Tayseer Khaled, in veste di membro dell’Ufficio Politico del Fronte Democratico ha avvertito che questa è una manovra volta a riempire i posti vuoti all’interno del Consiglio Nazionale con lo scopo di farlo cadere sotto il controllo e l’egemonia di una sola parte.

Il Partito del Popolo Palestinese (PPP – ex-Partito Comunista Palestinese) presenta le dimissioni del suo rappresentante nel Comitato Esecutivo dell’OLP, Hanna Amira, ma chiede che venga tenuta una seduta ordinaria e non straordinaria come richiesto da Abu Mazen; sostiene che, prima di prendere qualunque decisione, ci debba essere un consenso unanime di tutte le forze nazionali palestinesi.

Articolo pubblicato da:

http://www.udap.it/blog/2015/09/03/il-passaggio-del-testimone-come-lanp-tenta-disperatamente-di-non-farsi-rimpiazzare-da-hamas/

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