La crisi dell’industria bellica israeliana

Lunedì 16 novembre 2015- Winstanley – Middle East Monitor

ElbitFactory-Kent
photo of BDS activists blockading a factory of Elbit Systems in Kent, UK earlier this year. Due to BDS activists, more than dozen banks have divested from Elbit, as well as having a large scale collaboration project in Brazil being cancelled.

 

 

asaLo scorso mese i dirigenti delle quatro maggiori imprese belliche israeliane hanno avvertito il governo di una “gravissima crisi” dell’industria bellica del Paese. Il valore delle esportazioni di armi sta crollando di almeno un miliardo di dollari all’anno, hanno scritto gli amministratori delegati.

Nella loro lettera al primo ministro Benjamin Netanyahu hanno avvertito che “le esportazioni militari sono scese dai 7.5 miliardi di dollari del 2012 a 6.5 miliardi nel 2013 e ancora a 5.5 miliardi nel 2014. Quest’anno prevediamo esportazioni per un totale di 4-4.5 miliardi di dollari.”

Ciò significa che alla fine di quest’anno il calo triennale delle esportazioni potrebbe ammontare fino a 3.5 miliardi di dollari. A cosa si deve questa drammatica situazione?

Gli stessi amministratori delegati lo attribuiscono alla cattiva congiuntura economica e a un generalizzata riduzione globale nelle spese per la difesa nelle industrie che non siano nazionali: “I mercati della difesa si stanno riducendo. I Paesi stanno comprando meno armi e quelli che stanno ancora comprando stanno chiedendo di spostare la produzione e le risorse per il loro sviluppo all’interno dei loro confini; stiamo affrontando seri dilemmi a causa di ciò.”

Ma Michael Deas del comitato nazionale del BDS (la coalizione dei gruppi della società civile palestinese che guida e promuove il movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni) ha di recente affermato che parte delle ragioni del declino delle esportazioni [di Israele] può essere attribuito ai militanti della solidarietà con i palestinesi che hanno a lungo spinto per porre fine alle esportazioni militari da Israele nei rispettivi Paesi.

“Il movimento BDS ha iniziato a sfidare la cooperazione militare internazionale con Israele,” ha scritto. “Vista la denuncia degli esportatori israeliani sul crollo delle esportazioni non è più esagerato dire che le campagne di base e lo spostamento dell’atteggiamento dell’opinione pubblica hanno reso più difficile per Israele esportare le armi testate sui palestinesi.”

Il BNC [il BDS palestinese. Ndtr.] ha evidenziato una lista di risultati della campagna globale per un embargo degli armamenti contro Israele. Più di una dozzina di banche ha disinvestito da Elbit, una grande industria israeliana produttrice di armi. In seguito alle proteste, nel 2014 il governo regionale dello Stato brasiliano del Rio Grande do Sul ha posto fine ad un progetto di ricerca su vasta scala in collaborazione con Elbit Systems. I governi di Norvegia e Turchia hanno annunciato forme di embargo militare contro Israele. Il leader dell’opposizione nel Regno Unito, il laburista Jeremy Corbyn ( a lungo sostenitore dei diritti dei palestinesi) appoggia un embargo delle armi da e verso Israele e ha dichiarato che, se dovesse essere eletto primo ministro, ne adotterebbe uno contro Israele.

Ma c’è ancora tanta strada da fare.

Israele ha ancora una grande e proficua industria bellica, anche se i profitti che ne ricava tendono a ridursi. Nel 2014 Israele è stato l’ottavo maggiore esportatore di armi al mondo – che è tantissimo rispetto alle ridotte dimensioni del Paese.

Israele vende le proprie armi come “testate sul campo” – che significa che sono state sperimentate utilizzando cavie umane palestinesi o altre arabe durante le diverse guerre di occupazione ed abusi dei diritti umani da parte di Israele. Questo è parte della loro attrattiva per governi privi di etica in tutto il mondo, che comprano le proprie armi dalle industrie israeliane: le loro armi hanno dimostrato di essere più efficienti nell’uccidere civili, per cui risultano un interessante investimento per criminali di guerra e torturatori in tutto il mondo. In effetti Israele ha una lunga storia nell’aiuto e il sostegno ad alcuni dei regimi più repressivi della storia, sia nella regione che nel resto del mondo. Questi comprendono lo Shah in Iran, il regime dell’apartheid in Sud Africa e le ex dittature in America Latina.

Nonostante l’annuncio di questa settimana che l’Unione Europea vorrebbe etichettare i beni esportati dalle colonie illegali israeliane costruite sulle terre palestinesi e siriane come “prodotti in Israele” (le etichette dovrebbero utilizzare la scritta “colonie israeliane”), i legami tra i governi europei e Israele sono in realtà ancora forti, con il governo francese che ora ha persino messo fuorilegge ogni appello al boicottaggio di Israele.

Le campagne degli attivisti contro le industrie belliche israeliane hanno rappresentato una pubblicità molto peggiore che in passato, che sembra aver contribuito a determinare questa crisi. Ma la maggiore fonte della loro cattiva pubblicità sono state le stesse azioni di Israele: i suoi crimini di guerra, come lo scorso anno a Gaza, e la perdurante, brutale ed illegale occupazione della terra palestinese ha significato che sempre più persone nell’opinione pubblica stanno iniziando ad essere sempre più indignate nei confronti dei soprusi contro il popolo palestinese da parte di Israele.

E’ il momento giusto per un embargo totale delle armi contro Israele. E’ davvero il minimo che i governi possano fare: non partecipare e contribuire ai crimini di guerra israeliani.

 fonte: https://www.middleeastmonitor.com/articles/inquiry/22305-the-crisis-in-israels-arms-industry

Co-redattore di Electronic Intifada, Asa Winstanley è un giornalista d’inchiesta che vive a Londra.

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