Tensioni per un murale in una panetteria araba

Un ritratto di Rasmeah Odeh sta causando controversie in Oakland.

Jun 23, 2017, 5:31 pm

Quando il mese scorso la panetteria Reem’s California ha aperto i battenti nella città americana del Fruitvale, la proprietaria Reem Assil aveva previsto, insieme ai suoi quattordici dipendenti, che la sua attività sarebbe stata molto più che un semplice ristorante.

Reem’s California non doveva essere solo un luogo in cui ritrovarsi per un boccone durante la pausa pranzo, ma un vero e proprio punto di aggregazione sociale.

Grazie ai sussidi, agli sforzi compiuti con un crowdfunding e alla collaborazione di “La Cocina”, una piccola impresa che promuove le attività alimentari , Assil, la proprietaria, è riuscita a dar vita ai suoi progetti con l’appoggio di un’intera comunità.
Prima dell’apertura avvenuta a maggio, Assil aveva scritto a Eater (Notiziario di cibo e ristorazione di San Francisco): “Questo è un posto in cui le persone possono dire ciò che pensano…  parlare di quello che vogliono…  potrebbero sorgere conversazioni difficili, questioni serie, sulla politica”.

Le reazioni sui media

Qualche settimana dopo l’apertura, questi discorsi entrarono effettivamente  all’interno della Reem’s  ma piuttosto che svolgersi in maniera conviviale nel patio tra dolci e backgammon  si manifestarono  come un’ondata di attacchi virtuali.

A determinarli  è un prominente murale raffigurante Rasmea Odeh dipinto su una parete della panetteria.
Odeh è un’attivista palestinese, condannata dal governo israeliano nel 1970 per le sue connessioni ad un attentato avvenuto nel 1969 in un negozio ortofrutticolo di Gerusalemme, che uccise due studenti universitari.

Il fatto che la panetteria di Assil ritragga in modo positivo la donna, ha fatto sorgere controversie, come dimostrano alcuni commenti taglienti presenti nel settimanale ebraico J. del nord California.

Tra questi, vi sono quelli dell’imprenditore  Daniel Frankenstein che critica appunto la scelta di Assil nel raffigurare Odeh all’interno del negozio.
Seguono poi anche una serie di attacchi su Yelp, un social network americano in cui le persone postano le proprie recensioni sui vari luoghi visitati. Alcuni utenti lamentano il fatto di aver trovato del sangue nelle ciambelle vendute da Assil e ritengono che il murale all’interno della panetteria rappresenti un esplicito incitamento al terrorismo.
Questa settimana, la storia della Reem’s California è approdata su Brietbart, che ha definito il ristorante come “un locale ispirato alla cultura araba”.

Più tardi, un’inondazione di recensioni negative con una stella ha fatto scattare sul Yelp un’allerta che, rilevando eccessivi commenti negativi, impedisce agli utenti di pubblicare ulteriori votazioni, probabilmente false.
Uno Yelper del Massachuttes scrive: “Sulla parete del negozio c’è un murale che ritrae una terrorista, è nauseante”.

Un altro utente accusa il ristorante di glorificare “persone che usano armi di distruzione di massa contro civili indifesi”.  Concludendo poi che “è forse il caso di coinvolgere le forze dell’ordine”.

Frankestein ha riferito a Eater di aver omesso intenzionalmente nel suo articolo il nome della panetteria per evitare di fare ulteriore pubblicità negativa all’attività, definendo poi la campagna diffamatoria degli Yelper come “deplorevole”.
Il 22 giugno, le tensioni si sono accese tanto da far arrivare la polizia a stazionare davanti al negozio di Assil in risposta alle sempre più numerose chiamate d’odio e alle e-mail denigratorie ricevute dalla Reem’s.

La donna dietro la controversia: Rasmea Odeh

Rasmea Odeh venne condannata all’ergastolo dopo aver confessato di aver fatto parte dell’attentato del 1969.
Per i suoi sostenitori, l’ammissione di colpevolezza fu forzata e venne fatta dopo 45 giorni di torture e interrogatori avvenuti nelle settimane seguenti il suo arresto.
L’ergastolo venne però revocato dieci anni dopo: Odeh fu liberata in seguito a uno scambio di prigionieri concertato con gli Stati Uniti nel 1979.
Al suo rilascio, lei stessa testimoniò di fronte a una commissione speciale delle Nazioni Unite che fu torturata, picchiata e abusata sessualmente per mano degli israeliani.

La storia presenta ulteriori complicanze, sorte dopo che una corte federale americana scoprì che Odeh aveva trascurato di riportare nei suoi documenti di immigrazione il fatto di esser stata arrestata in Israele.

Poco dopo la Marcia delle Donne avvenuta in Chicago (che la donna aiutò a organizzare), Odeh accettò una proposta che le consentiva di lasciare pacificamente gli Stati Uniti.
Secondo alcuni, questa scelta è legata alla politica anti-immigratoria condotta dall’attuale amministrazione presidenziale statunitense.
Ma ad affrettare l’abbandono del suolo americano fu la consapevolezza della possibilità di poter essere arrestata per frode di immigrazione.

Il conflitto

Frankestein controbatte a chi sostiene che Odeh venne forzata a confessare “una menzogna”, e cita a proposito il divieto dichiarato da Israele contro la tortura.
“Il problema di Rasmea Odeh non sta nel fatto che ella sostenga dei movimenti sociali e politici, ma che sia un’assassina e una terrorista che cerca di nascondere i propri crimini facendo appello ai progressisti sotto le apparenze di un’attivista.”
“Con il mio commento ho voluto sostenere la consapevolezza di questo fatto,” scrive in una e-mail Frankestein – che dice di essere un fermo sostenitore per un Israele sicuro e per una Palestina libera e indipendente.
“Il mio obiettivo è quello di fornire semplicemente il contesto e le informazioni che Berkeleyside ha omesso dal suo articolo.
“Infine, dice Frankenstein, sono offeso per il fatto che una terrorista sia stata elevata allo status di modello”.
Assil la vede in un altro modo. Come dice infatti a Eater via e-mail, rispondendo all’opinione di Frankestein: “Ho posto Rasmea a quel livello perché la ritengo un simbolo della resistenza”.
“Quel ritratto mi ricorda che, come donna araba, non dovrei mai aver paura di parlare contro l’ingiustizia, qualsiasi possano essere le conseguenze.”

Riprendendo le parole dell’attivista politica americana Angela Davis, Assil ha definito il caso contro Odeh una “caccia alla strega” motivata politicamente, che l’attivista palestinese ha dovuto sopportare mentre lottava per dare maggiori diritti alle donne immigrate.
Assil vede gli attacchi alla sua panetteria come conseguenza del clima politico attuale e non come la condanna di una terrorista, come affermerebbe Frankestein.
“Gli attacchi riportati contro la Reem’s sono parte delle sempre più frequenti invettive contro le comunità arabe e musulmane, aumentate di recente sotto la presidenza Trump.”
“Tuttavia queste accuse che ritraggono gli arabi e i musulmani come terroristi o sostenitori del terrorismo non sono nuove… sapevamo già che avremmo riscontrato un certo livello di razzismo e xenofobia.
Chiunque accusi la Reem’s di non essere un luogo sicuro è invitato nel negozio a constatare il contrario.”

Il murale rimane

“E’ stata condotta una campagna che sosteneva che c’era del sangue nel mio cibo e altre cose similmente assurde…” dice Assil.
“In un giorno i miei sostenitori hanno però risposto e reagito a tutte quelle recensioni da una stella: questo dimostra che esiste una solidarietà nella comunità e che non c’è bisogno di organizzare nulla per far comprendere la verità”.
[Nota dell’editore: come per lunedì 26 giugno, il sistema di allerta di Yelp è stato di nuovo attivato in seguito a un eccesso di commenti negativi].

Nonostante la maggior parte delle offese sia legata alle accuse di terrorismo rivolte ad Odeh, Assil le collega più che altro a un fatto di razzismo, leggendole nello specifico come un attacco alle donne di colore.
Frankestein è un oppositore di Odeh ma è comunque aperto all’immigrazione. Egli riferisce sempre a Eater in una e-mail:
“Supporto ferventemente l’immigrazione e ritengo che la retorica del mio paese sia vergognosa”. Sono contrario a qualsiasi tipo di bigotteria contro i musulmani, gli ebrei e chiunque altro. Non c’è posto per l’odio al mio tavolo.”
Ma le tensioni attorno alla Reem’s  s’intensificano: ora anche la frattura culturale tra Israele e Palestina sembra essere presa in gioco.
Alcuni blog israeliani in lingua inglese affermano che la panetteria sta cercando di “ingannare il sistema” nel fatto di chiedere supporto sui social media in seguito alla controversia. Questi siti inoltre invitano i lettori a lasciare recensioni e commenti negativi riguardo alla Reem’s sulle pagine web di Yelp, Google e Facebook.

Il ritratto di Odeh rimane oggi ancora lì, sulla parete, e osserva i clienti che ordinano un Draymond Green man’oushe ( una specie di pizza condita con lo za’tar ).

Lo scontro non ha stimolato la ricerca di una soluzione da nessuna delle due parti. Il murale della Reem’s potrebbe aver effettivamente ostacolato ogni tentativo di promuovere un ambiente in cui si possono tenere delle conversazioni serie “faccia a faccia” sulla politica.

“Abbiamo moltissimi clienti israeliani nel nostro locale”, conclude Assil alla fine del suo discorso.
“Amano il nostro cibo, gli ricorda Israele. Se possiamo connetterci con loro in questa maniera, perché non sfruttare il potenziale? Per tutta la mia vita sono stata considerata diversa: non ho intenzione di far sentire nessuno in questa maniera.
Solamente rispettandoci l’un l’altro potremmo avere una conversazione.”

 

Trad. Miriam Zatari – Invictapalestina.org

Fonte: https://sf.eater.com/2017/6/23/15820576/reems-arab-bakery-rasema-odeh-oakland-controversy

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