I metal detectors installati alle porte di al-Aqsa non sono una misura di sicurezza.

Israele ha utilizzato il pretesto della sicurezza per proseguire tranquillamente la pulizia etnica dei palestinesi dalla loro terra.


Città vecchia 21 luglio 20 –  Diana Buttu (*)

Copertina: i palestinesi reagiscono ai gas lacrimogeni lanciati dalle forze israeliane dopo la preghiera di venerdì su una strada vicina alla città Vecchia di Gerusalemme.   [Ammar Awad/Reute]

Ieri, migliaia di palestinesi sono venuti a Gerusalemme per svolgere l’atto più semplice e più pacifico: la preghiera. Palestinesi – musulmani e cristiani, donne e uomini, giovani e vecchi – hanno pregato in strada dopo essersi rifiutati di entrare attraverso i nuovi metal detector e le barricate erette da Israele davanti al complesso di al-Aqsa. Le forze israeliane, armate di munizioni vere, bombe stordenti, granate, cannoni ad acqua e gas lacrimogeni, si sono  preparate per uccidere.

E lo hanno fatto: prima della  fine della giornata di preghiera le forze israeliane insieme a coloni armati hanno ucciso tre giovani uomini palestinesi e feriti oltre 450, alcuni di loro in condizioni gravi. Le forze israeliane hanno persino invaso imbracciando le  armi un ospedale palestinese nel tentativo di arrestare i feriti.

Israeli officer kicked a man while he was praying

This Israeli officer kicked a man while he was praying outside the al-Aqsa Mosque compound.

Pubblicato da Al Jazeera English su Venerdì 21 luglio 2017

 

Israele sostiene che i metal detector sono necessari per la “sicurezza” di Israele dopo l’ incidente della scorsa settimana in cui sono stati uccisi due ufficiali israeliani armati. Questi metal detector non riguardano la sicurezza, ma piuttosto il tentativo deliberato di impedire ai palestinesi l’accesso ai loro luoghi di culto. In contrasto, per esempio, con la recente posizione di Israele verso il Monte del Tempio – un gruppo di estremisti ebrei  ha annunciato apertamente di cercare la distruzione del complesso al-Aqsa per costruire al suo posto  un tempio ebraico. Tuttavia – pur sostenendo apertamente la pulizia etnica dei palestinesi e la distruzione dei luoghi sacri musulmani – il governo israeliano continua a consentire a questo gruppo di entrare nel complesso al-Aqsa (anche con le armi) in virtu’ della cosiddetta “libertà di religione”.

Nel 1990 questo gruppo ha tentato di mettere una pietra miliare per la costruzione di un tempio ebraico durante manifestazioni che causarono proteste che portarono  all’uccisione di circa 20 palestinesi.

La richiesta di libertà di religione per i palestinesi – la capacità di pregare senza l’interferenza delle forze armate israeliane – viene opportunamente ignorata. I metal detector devono essere considerati nel loro giusto contesto: come un altro  atto  del colonialismo di insediamento di Israele nel tentativo di cancellarci, di cancellare la popolazione indigena, distruggendo le nostre case, la nostra cultura e i nostri siti religiosi, sostituendoci con i coloni.

Da parte sua, il ministro israeliano Benjamin Netanyahu è felice di vedere che a Gerusalemme imperversa la violenza. Davanti a un’indagine sulla corruzione per lo scandalo dei sottomarini, Netanyahu si rifiuta di rimuovere i metal detector in modo da assicurarsi che l’attenzione sia deviata da questo scandalo  e focalizzata invece sulla violenza. Vedete, in Israele, la “sicurezza” vende – garantisce voti e assicura che le spese per la corruzione siano deviate.

Per essere chiari, nessun palestinese vuole vedere i luoghi santi trasformati in luoghi di conflitto armato. Ma usando la cosiddetta “sicurezza”, Israele ha assicurato che noi palestinesi si viva come prigionieri nella nostra patria.

In nome della “sicurezza”, Israele espropria la terra palestinese. In nome della “sicurezza”, Israele costruisce insediamenti israeliani su una terra palestinese rubata. In nome della “sicurezza” Israele demolisce case e scuole palestinesi e in nome della “sicurezza” i palestinesi sono assediati a Gaza, costretti a vivere senza elettricità, forniture mediche adeguate o acqua e persino con impedimento ad accedere al mare.

E quando i palestinesi sono stati uccisi e assassinati in massa, come è successo   negli anni ’90 a Hebron per mano di Baruch Goldstein, in nome della “sicurezza”, i palestinesi – e non gli israeliani – sono quelli soggetti a maggiori restrizioni di sicurezza. Insomma, Israele cerca di trasformare Gerusalemme in Hebron: bloccata ai palestinesi, libera per gli ebrei israeliani che hanno la precedenza sui diritti dei palestinesi. Così, mentre Israele continua a colpire i palestinesi, chi fornirà sicurezza ai palestinesi?

Questa sicurezza non verrà dall’attuale leader palestinese non rappresentativo, Mahmoud Abbas, che ha trascorso quattro giorni in Cina, mentre ai palestinesi e’ stato bloccato l’accesso al complesso di al-Aqsa e mentre i Gazawi subiscono  un assedio   sostenuto apertamente. Né, naturalmente, interverrà la Comunità Internazionale silenziosa che sa solo come lavarsene le mani e condannare flebilmente Israele.

Piuttosto, i palestinesi continueranno con coraggio a resistere difendendosi, ascoltando solo il dio che adorano e mai i diktat israeliani.

 

 

Trad. Invictapalestina.org

Fonte: http://www.aljazeera.com/indepth/opinion/2017/07/al-aqsa-metal-detectors-aren-security-measure-170722091622756.html

 

(*)  Diana Buttu è un avvocato e analista palestinese che ha lavorato come consulente legale nello Staff negoziale palestinese dal 2000 al 2005.

Una risposta a “I metal detectors installati alle porte di al-Aqsa non sono una misura di sicurezza.”

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