Edo Konrad | Pubblicato il 24 luglio 2017
La violenza della settimana passata e la copertura mediatica del sangue hanno cancellato un aspetto centrale della storia: la disobbedienza civile palestinese.
Per molti israeliani la violenza delle ultime settimane intorno alla Spianata delle Moschee è poco più che il risultato dell’intransigenza musulmana di fronte alle legittime preoccupazioni di sicurezza israeliane. Questo, dopo tutto, è stato il principale punto di discussione tra la leadership israeliana e i media. Per i palestinesi, invece, i metal detector installati la scorsa settimana dalle autorità israeliane all’entrata del complesso di Al-Aqsa hanno provocato oltraggio e proteste.
L’indignazione è dovuta alla decisione del governo di installare i metal detector – a dispetto dell’IDF e della raccomandazione dello Shin Bet – che ha portato alla morte di quattro manifestanti palestinesi per mano delle forze israeliane di sicurezza e all’omicidio brutale di tre coloni israeliani da parte di un attaccante palestinese la stessa notte. Ma la violenza e la copertura mediatica del sangue hanno cancellato un aspetto centrale della storia: la disobbedienza civile palestinese.
“Dobbiamo capire che a Gerusalemme Est c’è stata una continua protesta nonviolenta per oltre una settimana”, spiega Aviv Tatarsky, ricercatore in loco per Ir Amim, una ONG di Gerusalemme che lavora per costruire una città più equa per tutti i suoi residenti. “La decisione di boicottare i metal detector e astenersi dal salire su Al-Aqsa, il flusso continuo di persone alle porte del complesso, le preghiere di massa, tutte queste sono una forma di disobbedienza civile. E in quanto tale è una forma legittima di protesta – se siamo d’accordo ».
“Per gli israeliani definire le proteste a Gerusalemme Est come “nonviolente” è alquanto strano e, ancor peggio, scandaloso in quanto i metal detector sono stati installati dopo l’uccisione di ufficiali della polizia di frontiera due settimane fa e perché tre israeliani sono stati uccisi solo pochi giorni fa” continua Tatarsky. “Ma per comprendere la nonviolenza delle proteste, il pubblico israeliano dovrà distinguere tra le azioni degli individui – che non sono nemmeno di Gerusalemme Est – e il movimento di protesta di massa che include la maggior parte della società civile palestinese a Gerusalemme. ”
La rivista +972 ha intervistato Tatarsky sul delicato status quo del Monte del Tempio, sulla possibilità di porre fine alla violenza e sulla mancanza di volontà del media a raccontare la nonviolenza palestinese.
Cosa sembrano gli eventi della settimana passata dal lato palestinese?
Ogni palestinese sa cosa si sente quando le misure di sicurezza israeliane restringono le proprie libertà e violano i propri diritti – spesso senza alcun motivo. Dai controlli casuali nel mezzo della strada ai controlli per chiudere interi quartieri. I metal detector sono stati installati dopo due giorni che ai palestinesi è stato impedito di entrare nella Città Vecchia, mentre gli ebrei e i turisti erano liberi di entrare e uscire. La maggioranza degli israeliani non riesce a comprendere che ciò che considerano come “misure di sicurezza” legittime, agli occhi dei palestinesi è una forma di punizione collettiva.
Ricorda che è facile che la violenza possa scoppiare in una situazione tesa in cui le forze armate israeliane stanno faccia a faccia con i manifestanti palestinesi arrabbiati. A volte è la polizia che inizia la violenza, altre volte sono i manifestanti. Indipendentemente da ciò, una componente consistente delle persone che protestavano stava praticando ogni giorno la non violenza, mentre fronteggiava coraggiosamente le forze di sicurezza armate, in grado di usare la violenza in qualsiasi momento.
Che cos’è questo “status quo” di cui continuiamo a sentire tanto parlare?
Dal 1967 il Waqf è stato incaricato di supervisionare l’ingresso della Spianata delle Moschee. I metal detector presidiati dal personale di sicurezza israeliano fanno dire alle autorità del Waqf che c’è effettivamente un cambiamento dello status quo. Fino al 2000, quando scoppiò la Seconda Intifada, il Waqf decideva chi poteva o non poteva entrare nel Tempio/ Haram al-Sharif.
Nel 2003, quando Israele cominciò a promuovere l’accesso non musulmano al sito dopo essere stato fermato con lo scoppio dell’Intifada, ha tolto all’autorità del Waqf il controllo della porta Mughrabi attraverso la quale i non musulmani entrano nel sito.
Da allora, e specialmente negli ultimi anni, dopo l’aumento degli scontri tra le forze di sicurezza e i palestinesi – di solito come risposta agli ebrei che salgono al Monte – i membri del Waqf hanno ripetutamente richiesto che sia restituita loro l’autorità, persino andando a proporre di limitare l’ingresso per gli ebrei. Con i metal detector, il Waqf crede che la polizia abbia ulteriormente soffocato il suo controllo sull’entrata sul Monte.
Perché il pubblico israeliano non ha prestato attenzione alle proteste nonviolente?
Credo che abbia a che fare con il fatto che i media israeliani hanno completamente oscurato l’aspetto nonviolento delle proteste. Si può supporre che i giornalisti israeliani soffrono dello stesso pregiudizio del resto del pubblico: sono così sicuri che la resistenza palestinese significhi automaticamente violenza da non essere in grado di identificare altre espressioni.
Non dimentichiamo che i media hanno giocato un ruolo in questa crisi. Sì, il governo israeliano è quello che ha preso la decisione sbagliata di mettere in piedi i metal detector, e quindi è responsabile del rifiuto a rimuoverli. Ma quando i politici agiscono in modo irresponsabile, il pubblico ha il diritto di chiedere di cambiare le loro decisioni. Se il pubblico israeliano fosse stato informato sugli aspetti non violenti della protesta, alcuni segmenti della popolazione avrebbero capito che la disobbedienza civile è un modo legittimo per fare delle richieste politiche. In una situazione di protesta non violenta, i negoziati con i rappresentanti dei manifestanti raggiungono un risultato desiderato.
Tuttavia, la rimozione dei metal detector in seguito a una lotta violenta è vista come “capitolare di fronte al terrore”. In questo scenario non era semplicemente possibile per il pubblico israeliano ebraico esercitare pressioni sul governo per rimuovere i metal detectors.
Qual è lo stato delle manifestazioni nonviolente adesso?
La maggior parte dei palestinesi a Gerusalemme Est sta mantenendo la calma. Nonostante i violenti scontri, le preghiere nonviolente di massa continuano ad essere una delle componenti centrali della protesta. Sarebbe bene ora trovare una soluzione ai metal detector in modo che possa seguire la calma e la fine della violenza.
Cosa si può fare a questo punto?
È difficile suggerire una qualsiasi soluzione. Indipendentemente dal nostro parere sul miglior risultato possibile è facile capire che le due parti troveranno difficoltà ad accettare un accordo che le vede perdenti in questo round. D’altra parte, finché le due parti rafforzano le proprie posizioni, la crisi può continuare e crescere.
La linea di fondo, però, è questa: Israele non può decidere unilateralmente di entrare nel monte del Tempio / Haram al-Sharif. Il coordinamento con il Waqf è necessario perché protegge i diritti dei fedeli musulmani ed è per questo motivo che e’ tenuto in grande considerazione dai fedeli musulmani. Il coordinamento significa anche riconoscere l’autorità del Waqf al Tempio/Haram al-Sharif.
La violenza di Gerusalemme negli ultimi anni è un’espressione della debolezza della leadership a Gerusalemme Est che continua a dominare gran parte della popolazione palestinese nella città e che avrebbe potuto dialogare con le autorità israeliane. Israele paga un prezzo per questa debolezza ogni volta che sorge una crisi. L’attuale crisi porta ad una nuova leadership popolare a Gerusalemme Est. Se Israele capisce che deve aprire un dialogo con essa, la crisi può risolversi con un cambiamento positivo nella città.
Trad. Invictapalestina – Invictapalestina non sempre condivide le analisi che pubblica con lo scopo di informare su punti di vista differenti. In modo particolare non è condivisibile l’ultimo paragrafo di questa traduzione che addossa alla leadership palestinese l’incapacità di mediare/dialogare con Israele e che in qualche modo porterebbe a nuovi aspetti di normalizzazione dell’occupazione.
Fonte: https://972mag.com/why-the-world-missed-a-week-of-palestinian-civil-disobedience/128886/