Gaza è come un rifugio terroristico, si conosce come un’enclave nel Mediterraneo governata da un’organizzazione terroristica sanguinaria.
Copertina: Amy Goodman autrice delle due interviste.
La seguente intervista e’ stata condotta il 17 luglio 2017 per “Democracy Now!” da Amy Goodman, giornalista e autrice americana .
STORY JULY 19, 2017
AMY GOODMAN: Raji Sourani ci ha parlato dalla città di Gaza. Adesso siamo a New York, collegati con Tareq Baconi, autore del libro in uscita, Hamas Contained: The Rise & Pacification of Palestinian Resistance, collaboratore di Al-Shabaka, network di politica palestinese. Ha anche scritto un recente articolo: “Come dieci anni di blocco israeliano hanno portato Gaza al collasso”.
Molto brevemente, Tareq, tu sei qui negli Stati Uniti anche se naturalmente sei stato a Gaza, non c’è praticamente nessuna copertura per ciò che sta accadendo a Gaza, quindi la maggior parte degli americani non è informata.
TAREQ BACONI: Credo che sia assolutamente giusto. Penso che siano due i modi in cui Gaza e’ rappresentata nei media americani.
È rappresentata come nient’altro che una catastrofe umanitaria, una sorta di realtà post-apocalittica in cui la vita è catastrofica che, ovviamente, è un lato della situazione a Gaza.
L’altro modo in cui viene spesso rappresentata è come un rifugio di terroristi, si conosce come un’enclave nel Mediterraneo governata da un’organizzazione terroristica sanguinaria.
Entrambi i modi di rappresentare Gaza sono estremamente semplicistici. Non lasciano spazio alla comprensione della complessità della situazione, alla comprensione di quello che sta affrontando quotidianamente la popolazione di Gaza su un piano umano. Questo disumanizza tutto nella Striscia di Gaza; toglie ogni spazio all’empatia o alla comprensione della complessità e elimina il fatto che questo è un problema politico creato dall’uomo.
AMY GOODMAN: Le cose sono peggiorate da quando il presidente Trump è entrato in carica?
TAREQ BACONI: Assolutamente. Penso che le cose siano andate molto peggio, e in un periodo molto breve, per una serie di ragioni. Penso che ciò che vediamo accadere nella regione, diciamo ora tra il GCC e il Qatar (ndt. Il Consiglio di cooperazione del Golfo – in inglese Gulf Cooperation Council, GCC), si rispecchia nel microcosmo che è ora Gaza o nei territori palestinesi. Il modo in cui questi paesi hanno trovato sostegno nell’amministrazione Trump, il modo in cui hanno iniziato a muoversi giorno dopo giorno contro “l’estremismo islamico”, vediamo che succede su scala molto ridotta nei territori palestinesi. Quindi la decisione del presidente Mahmoud Abbas in Cisgiordania di iniziare a stringere il blocco di Gaza rappresenta un segnale per l’amministrazione Trump dicendo: “Sai questa è la realtà: sto prendendo una posizione dura contro l’estremismo islamico, sto prendendo una posizione dura contro Hamas. Se c’è un processo di pace che sta per iniziare, io sono il tuo uomo in terra.” E così il messaggio gioca in questa logica di isolare la Striscia di Gaza e di utilizzare 2 milioni di abitanti come pedine politiche.
AMY GOODMAN: Qual’è la tua sensazione, in questo momento, riguardo Israele nei confronti di Hamas e delle vittime che sono i 2 milioni di persone a Gaza? Quale soluzione intravedi?
TAREQ BACONI: Vedi, penso che Gaza sia stato un problema per Israele, anche ancor prima che Hamas fosse creato, prima che prendesse il potere. Quindi l’idea che le politiche israeliane verso la Striscia di Gaza siano in qualche modo condizionate da Hamas è un errore di lettura della storia della situazione. La ragione per cui Gaza presenta un simile problema per gli israeliani è che in maggioranza si tratta di profughi, che hanno diritti politici, che rivendicano i loro diritti politici. E così Hamas, in un certo senso, per Israele è come una foglia di fico, una scusa per mantenere le politiche di isolamento e le politiche di contenimento. Quindi, anche se Hamas dovesse essere rimosso dal confronto domani, le politiche attuate a Gaza non necessariamente cambieranno. E così, a mio avviso, finché non cominciamo a parlare di Gaza come di un problema politico, piuttosto che di un problema economico o di un problema religioso, finché non affrontiamo i nodi politici che animano la resistenza a Gaza – il diritto al ritorno, il diritto all’autodeterminazione, il Dr. Sourani ha parlato molto eloquentemente circa il diritto di vivere e la libertà di movimento – finché non cominciamo a parlare di questi diritti politici, la situazione a Gaza non cambierà.
E l’U.S. ha un grande ruolo da svolgere in questo. Gli Stati Uniti, non solo sotto l’amministrazione Trump, ma anche nelle precedenti amministrazioni, hanno svolto un ruolo molto forte nel sostenere le politiche israeliane per dividere la Striscia di Gaza dalla Cisgiordania e per impedire qualsiasi forma di governo di unità tra AP e Hamas. Il blocco non è per nulla criticato dagli Stati Uniti, anche se è una forma di punizione collettiva e anche se tutti sanno che tre attacchi militari hanno causato migliaia di morti, di morti civili, sproporzionati e crimini contro l’umanità. Così, finché non affrontiamo Gaza come problema politico anziché come problema umanitario, finché non lo vediamo come parte integrante della lotta palestinese per l’autodeterminazione, nulla cambierà.
AMY GOODMAN: Tareq Baconi, voglio ringraziarla per essere stato con noi.
TAREQ BACONI: Grazie.
Trad. Invictapalestina.org
(Articolo di ricavato da un intervento televisivo trascritto in inglese da democracynow e da noi tradotto in italiano)
Fonte: https://www.democracynow.org/2017/7/19/unlivable_gaza_on_verge_of_collapse