Ecco perché i nemici dichiarati degli Stati Uniti e dei governi israeliani sono esposti alle misure di censura da parte di Facebook, mentre gli Stati Uniti e i funzionari israeliani (e i loro alleati più tirannici e repressivi) non lo sono.
Glenn Greenwald, 30 dicembre 2017
Nel settembre dello scorso anno è stato notato che rappresentanti di Facebook si erano incontrati con il governo israeliano per decidere quali account Facebook di palestinesi dovevano essere cancellati perché costituivano “incitamento”. Gli incontri – convocati e presieduti da uno dei funzionari israeliani più estremisti e autoritari, il ministro della Giustizia pro-insediamenti Ayelet Shaked – sono arrivati dopo che Israele aveva minacciato Facebook che il suo mancato adempimento volontario agli ordini di cancellazione israeliani avrebbe portato alla promulgazione di leggi che avrebbero imposto a Facebook di farlo, sotto la minaccia di multe severe o addirittura di essere bloccato nel paese.
I prevedibili risultati di tali riunioni sono ora chiari e ben documentati. Da allora, Facebook ha lanciato un attacco censorio contro attivisti palestinesi che protestano contro l’occupazione illegale israeliana lunga decenni, tutti indicati e fissati dai funzionari israeliani. Infatti i funzionari israeliani si sono pubblicamente vantati di quanto sia obbediente Facebook quando si tratta di ordini di censura israeliani:
Poco dopo la notizia all’inizio di questo mese di un accordo tra il governo israeliano e Facebook, il ministro della Giustizia israeliano Ayelet Shaked ha detto che Tel Aviv aveva presentatonegli ultimi quattro mesi 158 richieste al gigante dei social media, chiedendo di rimuovere i contenuti ritenuti di “incitamento”. Ha detto che Facebook ha accolto il 95 % delle richieste.
Ha ragione. La sottomissione ai dettami israeliani è difficile da esagerare: come ha scritto il New York Times nel dicembre dello scorso anno, “le agenzie di sicurezza israeliane monitorano Facebook e inviano all’azienda i post che considerano incitamento. Facebook ha risposto rimuovendone la maggior parte.”
Ciò che rende questa censura particolarmente significativa è che “il 96% dei palestinesi ha dichiarato che il loro uso principale di Facebook era per seguire le notizie”. Ciò significa che i funzionari israeliani hanno un controllo praticamente illimitato su un forum chiave di comunicazione dei palestinesi.
Nelle settimane successive a quegli incontri Facebook-Israele, secondo The Independent, “il collettivo attivista Palestinian Information Center ha riferito che almeno 10 account dei loro amministratori delle loro pagine Facebook in arabo e inglese – seguite da oltre 2 milioni di persone – sono stati sospesi, sette di loro in modo permanente, che dicono essere il risultato di nuove misure messe in atto in seguito all’incontro di Facebook con Israele.” Lo scorso marzo Facebook ha chiuso per breve tempo la pagina Facebook del partito politico Fatah seguita da milioni di persone, “a causa di una vecchia foto pubblicata dell’ex leader Yasser Arafat che imbraccia un fucile”.
Un rapporto del 2016 del Centro palestinese per lo sviluppo e le libertà dei media ha dettagliato la portata della censura su Facebook:
Un rapporto del 2016 del Palestinian Center for Development and Media Freedoms ha dettagliato la portata della censura su Facebook:
Pagine e account personali filtrati e bloccati: Palestinian Dialogue Network (PALDF.net) Gaza now, Jerusalem News Network, agenzia Shihab, Radio Bethlehem 2000, Orient Radio Network, pagina Mesh Heck, Ramallah news, il giornalista Huzaifa Jamous di Abu Dis, l’attivista Qassam Bedier, l’attivista Mohammed Ghannam, il giornalista Kamel Jbeil, gli account amministrativi di Al Quds Page, gli account amministrativi dell’agenzia Shihab, l’attivista Abdel-Qader al-Titi, il giovane attivista Hussein Shajaeih, Ramah Mubarak (account è attivato), Ahmed Abdel Aal (account è attivato), Mohammad Za’anin (ancora cancellato), Amer Abu Arafa (ancora cancellato), Abdulrahman al-Kahlout (ancora cancellato).
Inutile dire che gli israeliani possono praticamente dare libero sfogo nel postare ciò che vogliono sui palestinesi. Gli appelli di israeliani per l’uccisione di palestinesi sono comuni su Facebook e in gran parte rimangono lì senza problemi.
Come Al Jazeera ha riferito lo scorso anno, “il discorso infiammatorio scritto in lingua ebraica … ha attirato molto meno attenzione da parte delle autorità israeliane e Facebook.” Uno studio ha trovato che “122.000 utenti hanno fatto appello direttamente alla violenza con parole come ‘omicidio’, ‘uccidere’, o ‘brucia’. Gli arabi erano i destinatari n.1 di commenti odiosi.” Tuttavia sembra ci sia poco sforzo da parte di Facebook per censurare tutto questo.
Anche se alcuni degli appelli più infiammatori ed espliciti all’omicidio a volte sono rimossi, Facebook continua a permettere che prosperino la maggior parte degli appelli estremisti di incitamento contro i palestinesi. Infatti il leader israeliano Benjamin Netanyahu ha spesso usato i social media per pubblicare ciò che è chiaramente incitamento alla violenza contro i palestinesi. In contrasto con la repressione attiva di Facebook contro i palestinesi, l’idea che Facebook possa mai usare il suo potere di censura contro Netanyahu o altri israeliani di primo piano che chiamano alla violenza e incitano ad attacchi è impensabile. In effetti, come ha scritto in poche parole Al Jazeera: “Facebook non ha incontrato i leader palestinesi per discutere delle loro preoccupazioni”.
FACEBOOK ORA SEMBRA ammettere esplicitamente di intendere seguire anche gli ordini di censura del governo degli Stati Uniti. All’inizio di questa settimana la società ha cancellato gli account Facebook e Instagram di Ramzan Kadyrov, il leader repressivo, brutale e autoritario della Repubblica cecena, che aveva un totale di 4 milioni di follower nel suo account. Per dirla in parole povere, Kadyrov – a cui viene dato il permesso di governare la provincia in cambio della massima lealtà verso Mosca – è l’opposto di una figura solidale: è stato accusato in modo credibile di una vasta gamma di orribili violazioni dei diritti umani, per detenzione e tortura di LGBT, del rapimento e uccisione di dissidenti.
Ma niente di tutto questo attenua quanto sia inquietante e pericolosa la logica di Facebook per la sua cancellazione dei suoi account. Un portavoce di Facebook ha dichiarato al New York Times che la società ha cancellato questo account non perché Kadyrov sia un assassino di massa e un tiranno, ma che “gli account di Mr. Kadyrov sono stati disattivati perché era stato appena aggiunto a una lista di sanzioni degli Stati Uniti e che la società era legalmente obbligata ad agire.”
Come osserva il Times, questa logica appare dubbia o almeno applicata in modo incoerente: altri che sono sulla stessa lista di sanzioni, come ad esempio il presidente venezuelano Nicolas Maduro, rimangono attivi sia su Facebook che su Instagram. Ma basta guardare le implicazioni incredibilmente minacciose di reclami di Facebook.
Cosa questo significhi è ovvio: che il governo degli Stati Uniti – cioè, al momento, l’amministrazione Trump – ha il potere unilaterale e incontrollato di forzare la rimozione di chiunque voglia da Facebook e Instagram semplicemente includendolo in una lista di sanzioni. Qualcuno pensa che questo sia un buon risultato? Qualcuno si fida dell’amministrazione Trump – o di qualsiasi altro governo – per costringere le piattaforme di social media a cancellare e bloccare chiunque voglia essere messo a tacere? Come Jennifer Granick dell’ACLU ha detto al Times:
Non è una legge che sembra scritta o progettata per affrontare le situazioni speciali in cui è lecito o appropriato reprimere la parola. … Questa legge sulle sanzioni viene utilizzata per togliere la parola con poca considerazione dei valori di libera espressione e dei rischi particolari del blocco della parola, in contrasto con il blocco del commercio o dei fondi come previsto dalle sanzioni. Questo è veramente problematico.
La politica di Facebook di bloccare le persone sanzionate dalla sua piattaforma si applica a tutti i governi? Ovviamente no. Va da sé che se, per esempio, l’Iran decidesse di imporre sanzioni a Chuck Schumer per il suo sostegno alla politica di Trump nel riconoscere Gerusalemme come capitale israeliana, Facebook non eliminerebbe mai gli account del leader della minoranza in Senato del partito democratico – proprio come Facebook non eliminerebbe mai gli account dei funzionari israeliani che incitano alla violenza contro i palestinesi o che sono sanzionati da funzionari palestinesi. Proprio il mese scorso la Russia ha annunciato sanzioni di ritorsione contro vari funzionari e dirigenti canadesi, ma inutile dire che Facebook non ha preso provvedimenti per censurarli o bloccare i loro account.
Allo stesso modo, Facebook oserebbe mai censurare politici o giornalisti che usano i social media per istigazione alla violenza contro i nemici dell’America? Porre la domanda è darle una risposta.
Come è sempre vero per la censura, c’è un solo principio, uno solo, che guida tutto questo: il potere. Facebook si sottometterà e obbedirà alle richieste di censura di governi e funzionari che esercitano realmente un potere su di esso, mentre ignora quelli che non lo fanno. Ecco perché i nemici dichiarati degli Stati Uniti e dei governi israeliani sono esposti alle misure di censura da parte di Facebook, mentre gli Stati Uniti e i funzionari israeliani (e i loro alleati più tirannici e repressivi) non lo sono:
Tutto ciò dimostra che gli stessi gravi pericoli derivanti dalla censura statale sono elevati almeno quanto gli appelli dei giganti della Silicon Valley di censurare più attivamente i “cattivi discorsi”. Le richieste di censura da parte dello stato possono spesso essere ben intenzionate – il desiderio di proteggere gruppi emarginati da un nocivo “discorso d’incitamento” – ma, com’era prevedibile, sono di gran lunga molto più usati contro gruppi emarginati: per censurarli invece che per proteggerli. Basta soltanto guardare a come le leggi sull’odio razziale sono usate in Europa, o nei campus universitari degli Stati Uniti, per vedere che le vittime della censura sono spesso critiche delle guerre europee, o attivisti contro l’occupazione israeliana, o difensori dei diritti delle minoranze.
Si può creare un mondo fantastico nella propria testa, se lo si desidera, in cui i dirigenti della Silicon Valley usano il loro potere per proteggere i popoli emarginati di tutto il mondo censurando coloro che desiderano far loro del male. Ma nel mondo reale questo non è altro che fantascienza. Proprio come i governi, queste società useranno il loro potere di censura per servire, non per indebolire, i gruppi più potenti del mondo.
Proprio come rallegrerebbe la censura di qualcuno che non piace senza vedere le conseguenze a lungo termine del principio che viene convalidato, può rallegrare la scomparsa da Facebook e Instagram di un mostro ceceno. Ma Facebook ti sta esplicitamente dicendo che la ragione delle sue azioni è che ha obbedito ai decreti del governo degli Stati Uniti su chi deve essere messo al bando.
È difficile credere che il punto di vista ideale di chiunque su Internet comporti il potere del governo degli Stati Uniti, del governo israeliano e di altre potenze mondiali di decidere su chi può essere ascoltato e chi va eliminato. Ma sempre più, nel nome di una richiesta di protezione fatta alle società di Internet, è esattamente quello che sta succedendo.
Traduzione Simonetta Lambertini – invictapalestina
Fonte: https://theintercept.com/2017/12/30/facebook-says-it-is-deleting-accounts-at-the-direction-of-the-u-s-and-israeli-governments/