Mentre il loro Paese non sembra pronto a trovare la via della pace, il destino dei siriani che vivono sulle alture del Golan, occupate dal 1967 dallo Stato di Israele, sembra definitivamente uscito dai radar internazionali.
Fonte: Version française
Laurent Perpigna Iban – 16 gennaio 2021
Un cartello stradale segna il vecchio confine tra Israele e Siria. Entriamo nelle alture del Golan, un’area di 1.150 chilometri quadrati situata al crocevia dei confini israeliano, libanese, siriano e giordano.
Provenendo dal territorio israeliano, nessun posto di blocco, nessun muro di separazione, nemmeno un checkpoint. Qui l’atmosfera è più simile a quella di Haifa o Nazareth che a quella delle città della Cisgiordania occupata: la stessa infrastruttura stradale è condivisa dai locali siriani, dai coloni e dai tanti turisti israeliani che ogni inverno affollano la regione; la presenza delle forze armate israeliane è estremamente discreta. E per una buona ragione: l’occupazione israeliana delle alture del Golan nella Guerra dei Sei Giorni del 1967 – quando Israele affrontò Siria, Egitto e Giordania – è totale. Mentre 7.000 siriani sono riusciti a restare, 130.000 sono stati sfollati con la forza e 340 villaggi sono stati distrutti.
Sei anni dopo, nell’ottobre 1973, durante la guerra dello Yom Kippur, l’esercito israeliano fu sconfitto dai carri armati siriani sulle alture del Golan. L’avamposto conquistato dall’esercito siriano fu ripreso da Israele solo due settimane dopo, a costo di pesanti perdite. Sul Monte Bental (1.142 metri), ora è possibile visitare le installazioni militari israeliane.
Oggi, i siriani che vivono nelle alture del Golan occupate sono circa 25.000, distribuiti in cinque città e villaggi: Majdal Shams, Buq’ata, Mas’ade, Ein Kenya e al-Gager.
Majdal Shams (11.000 abitanti nel 2019) è la città più popolosa: sul fianco della collina, è separata dal territorio siriano da una modesta barriera di sicurezza, eretta a pochi metri dalle case.
Lato siriano: a pochi metri dalla recinzione, una piattaforma. Questa è la “Valle delle Grida”: per anni famiglie separate dalla guerra hanno attraversato la linea del cessate il fuoco per comunicare. Dall’avvento di Internet, il luogo è stato abbandonato.
Nel 1981, la Knesset votò per l’annessione delle alture del Golan; una decisione condannata dalla risoluzione 497 delle Nazioni Unite nel dicembre dello stesso anno. Israele cerca quindi di costringere gli abitanti del Golan a prendere la nazionalità israeliana, senza molto successo.
Secondo i dati forniti dalla Ong Al-Marsad, solo il 10% dei siriani del Golan possiede ora la cittadinanza israeliana: “Infatti, solo il 6,5% l’ha richiesta volontariamente; il restante 3,5% l’ha ottenuta senza consenso, a seguito di un accordo con il capo villaggio “, ha detto a Middle East Eye Wael Tarabieh, portavoce dell’Ong.
Tuttavia, la guerra civile in Siria ha avuto le sue conseguenze: mentre le speranze della restituzione delle alture del Golan occupate diminuiscono di giorno in giorno, ogni anno, per puro pragmatismo , circa un centinaio di persone fanno domanda per la cittadinanza israeliana. Un fenomeno da considerare in prospettiva: la stragrande maggioranza dei siriani nel Golan rifiuta ancora questa opzione. Da Israele sono stati rilasciati documenti di viaggio – che assomigliano vagamente a un passaporto – che indicano la nazionalità “indefinita”.
Mentre tutti possono viaggiare in tutto il territorio israeliano, prima dell’inizio della guerra nel 2011 solo una minoranza è riuscita a recarsi in Siria per visitare i parenti o per proseguire gli studi. Da allora, non sono più state ammesse delegazioni.
Per le strade di Majdal Shams, una donna espone una bandiera con i colori drusi, una religione praticata dai siriani del Golan. Proveniente dall’Islam – e più in particolare dallo sciismo ismailita – il druzismo riunisce quasi un milione di persone, principalmente in Siria e Libano, ma anche in Israele e Giordania.
I drusi siriani del Golan, invece, si distinguono dai drusi di Galilea, noti per la loro lealtà allo Stato di Israele, tanto che molti di loro si arruolano nell’esercito israeliano.
Le alture del Golan sono un luogo tanto strategico quanto ambito. Ricco d’acqua ed elevato, questo territorio offre un punto di osservazione ideale per la regione. Sul Monte Hermont, una postazione militare israeliana – spesso soprannominata “gli occhi di Israele” – è stata allestita a 2.200 metri sul livello del mare per monitorare l’attività militare libanese e siriana.
Non lontano da lì, l’unica stazione sciistica israeliana (con una quindicina di piste) confina con aree minate, con accesso totalmente vietato. Dalle seggiovie, con il bel tempo, è possibile vedere Damasco, situata a 40 chilometri a volo d’uccello. Sul versante occidentale, il confine libanese dista solo poche decine di metri.
Sul Monte Bental, una guida turistica indica i dintorni a un gruppo di israeliani. Al culmine della guerra in Siria, decine di persone accorrevano qui per osservare i combattimenti tra l’esercito del regime siriano e i combattenti affiliati al Fronte Al-Nusra, ma anche gli attacchi israeliani, frequenti i dall’inizio della guerra.
Una guerra che all’inizio del conflitto divise i siriani del Golan: mentre una parte di loro si schierava per i rivoluzionari, l’altra rimase fedele al regime di Bashar al-Assad. Differenze che la militarizzazione e l’internazionalizzazione del conflitto hanno progressivamente sfumato.
Il Monte Bental offre viste mozzafiato dei villaggi siriani devastati e deserti nella regione di Quneitra. Tutto è desolazione.
In una pianura del Golan, non lontano dal confine siriano, l’IDF ha costruito un villaggio fittizio – una presunta riproduzione di un villaggio libanese – affinché i suoi soldati si addestrino per il combattimento ravvicinato.
Tuttavia, gli anni dello status quo sembrano essere finiti: il 25 marzo 2019 l’amministrazione Trump ha deciso di riconoscere la sovranità israeliana sulle alture del Golan. “La mia prima reazione è stata: ‘Mio Dio, questo sarà terribile per noi’. Ma poi ho capito che non aveva alcun impatto pratico sulle nostre vite “, disse a MEE un giovane all’epoca.
Se i siriani nel Golan sono così fatalisti, è perché Israele non ha aspettato il via libera dell’amministrazione americana per stabilirsi definitivamente in questo territorio. Per la prima volta, le elezioni municipali e parlamentari, nonostante la loro natura illegittima ai sensi del diritto internazionale, si sono svolte rispettivamente nell’ottobre 2018 e nell’aprile 2019.
Se le alture del Golan ora hanno 34 insediamenti illegali – che ospitano 27.000 persone – Israele ha annunciato nel 2019 di voler moltiplicare la popolazione israeliana di 10 volte. La rabbia serpeggia tra le fila dei siriani nel Golan occupato: all’inizio del dicembre 2020, diverse centinaia di loro hanno manifestato contro la costruzione di turbine eoliche destinate alla generazione di elettricità per gli insediamenti israeliani. Eppure, in un contesto regionale turbolento, il destino dei siriani nel Golan sembra più che mai destinato all’oblio.
Trad: Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” –Invictapalestina.org