Le elezioni non sono la democrazia: Appello al boicottaggio delle insignificanti prossime elezioni israeliane e palestinesi

Le elezioni avranno importanza in Palestina quando saranno rivolte a includere tutte le persone che vivono tra il fiume e il mare, una persona, un voto per un’unica legislatura ed esecutivo in una Palestina liberata.

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Miko Peled – 25 febbraio 2021

Foto di copertina: Un poster con la scritta “dimettiti” giace a terra durante una manifestazione contro la visita del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu nella città araba settentrionale di Nazareth, Israele, 13 gennaio 2021. Sebastian Scheiner | AP

GERUSALEMME – Le elezioni per la Knesset israeliana sono previste per il prossimo mese. Inoltre è stato recentemente annunciato che a maggio e giugno si terranno le elezioni per i rami legislativo ed esecutivo dell’Autorità Palestinese. Poiché sia ​​l’Autorità Palestinese che lo Stato di Israele esistono per negare ai palestinesi i diritti e la libertà che meritano, si può mettere in discussione la saggezza dell’Autorità Palestinese nell’indire le elezioni e, inoltre, chiedersi se i cittadini palestinesi di Israele dovrebbero o meno preoccuparsi di partecipare alle elezioni per la Knesset israeliana.

La Lista Congiunta

Tra il 40% e il 60% dei cittadini palestinesi di Israele partecipa alle elezioni. Nelle ultime elezioni c’è stato un aumento considerevole e questa volta l’aspettativa è che il numero scenderà drasticamente.

Quando nel 2015 si è formata la Lista Congiunta, molti pensavano che fosse un miracolo. Nessuno immaginava che i diversi gruppi politici che rappresentano i palestinesi del 1948 avrebbero mai potuto accettare di unirsi sotto un’unica coalizione. Ma i socialisti e il Movimento Islamico e tutti gli altri  misero da parte le divergenze per il bene della causa e  coreo insieme. Vinsero ben 13 seggi, un evento senza precedenti; e nelle elezioni del 2019 fecero di nuovo quello che nessuno pensava fosse possibile:  ottennero 15 seggi, diventando così il blocco più grande della Knesset.

Ma, anche se la Lista è fatta di legislatori seri e laboriosi, hanno relativamente poco da vantarsi per il loro duro lavoro, e il problema più urgente nella comunità palestinese del 1948 è solo peggiorato.

La criminalità violenta all’interno di queste comunità è ai massimi storici, con la proliferazione di armi che raggiunge proporzioni inimmaginabili. Certo, questa violenza è perpetrata dallo Stato, con la polizia israeliana in allerta, e la fonte delle armi è l’esercito israeliano. Se queste armi fossero state usate per scopi politici, la loro fornitura sarebbe stata interrotta molto tempo fa, altrimenti avrebbero rovesciato il governo.

Demolizione di case, mancanza di finanziamenti e infrastrutture e inasprimento delle leggi e delle politiche razziste, per non parlare del linguaggio, sono ai massimi livelli. Quindi, se questo è ciò che accade quando la rappresentanza araba è alta alla Knesset, perché preoccuparsi? Va notato che questi risultati non sono colpa dei parlamentari palestinesi, ma derivano piuttosto dall’ambiente ostile in cui operano. Un ambiente che si prodiga per il loro fallimento. Infatti, la Lista Congiunta avrebbe anche potuto raddoppiare il numero dei seggi, ma sarebbero stati comunque in gran parte ignorati.

I partiti sionisti non collaboreranno mai con gli “arabi”. Non si uniranno mai a loro in una coalizione. Come abbiamo visto dopo le ultime elezioni, l’ex generale Benny Gantz ha rinunciato alla possibilità di essere il primo a battere Netanyahu in oltre dieci anni e diventare Primo Ministro perché avrebbe potuto contare sull’appoggio dei membri “arabi” della Knesset. Così facendo ha rinnegato il suo mandato, ha infranto la sua promessa agli elettori e si è unito a un governo guidato da Netanyahu. La cooperazione con i palestinesi è una linea rossa che nessun politico sionista varcherà.

Ora la Lista Congiunta non è più quello che era. Il Movimento Islamico si è spaccato e ha votato con Netanyahu contro lo scioglimento della Knesset. Citano anche differenze con il resto della Lista su questioni come i diritti LGBTQ. Sembra improbabile che questa volta avranno abbastanza voti per ottenere anche un solo seggio. C’è anche un grande senso generale di disillusione e si prevede che i cittadini palestinesi voteranno in minor numero, il che porterà ciò che resta della Lista Congiunta a soli sette o otto seggi.

Appello al boicottaggio

Quando vengono sollevati appelli al boicottaggio delle elezioni, a questo punto, c’è una buona ragione per ascoltare. Anche quando i partiti politici palestinesi sono al loro meglio, non sono ancora in grado di fare la differenza. Lo Stato ha dimostrato oltre ogni dubbio che non metterà mai fine alle politiche di abbandono e discriminazione, quindi perché fare il gioco che Israele vuole che facciano?

In un articolo su Aljazeera sull’annuncio delle elezioni nell’Autorità Palestinese, Yara Hawari scrive che: “le elezioni sono solo procedure tecniche e non sono in alcun modo intercambiabili con la democrazia. Si svolgono regolarmente non solo nelle democrazie ma anche nei paesi in cui le caratteristiche democratiche sono carenti o del tutto assenti”.

Lo scrive riguardo l’Autorità Palestinese, ma lo stesso si può dire di Israele. Il fatto che i cittadini palestinesi di Israele possano votare è solo una questione procedurale e ha poco a che fare con la democrazia.

Due forze principali hanno boicottato le elezioni e chiesto ad altri di fare lo stesso. Il primo è il Movimento Islamico del Nord, che non fa parte del Movimento Islamico che ha corso per la Knesset (che è stato bandito dalle autorità israeliane ed è guidato dall’ormai imprigionato Sheikh Ra’ed Salah). A guidare l’attuale Campagna di boicottaggio, la Campagna popolare per boicottare le elezioni, è il Movimento Laico e Progressista di Abna ‘Al-Balad. Anche Raja Eghbarieh, leader di lunga data dell’Abna ‘Al-Balad, è stato arrestato ed è costantemente perseguitato dallo Stato.

In una dichiarazione rilasciata dalla Campagna popolare per boicottare le elezioni della Knesset, i promotori della campagna hanno invitato i cittadini palestinesi di Israele a evitare di partecipare a quelle che sono ormai le quarte elezioni in due anni. Questo, sostiene la dichiarazione, conferma che lo Stato sionista è in crisi.

Questa sarà l’elezione per la ventiquattresima Knesset. La dichiarazione invita i potenziali elettori palestinesi ad evitare il “rischio di essere ingannati per la 24esima volta! La nostra posizione di principio è che l’intera Knesset sionista rappresenta i crimini dell’occupazione sionista della Palestina, la deportazione del suo popolo, il razzismo, le uccisioni, la distruzione della nostra patria e la negazione del diritto all’autodeterminazione del nostro popolo”.

La realtà attuale, affermano correttamente i promotori della campagna, è che i candidati più probabili alla carica di Primo Ministro sono uno dei tre razzisti, ovvero Gideon Saar, Naftali Bennett e Benjamin Netanyahu. Ed è molto più probabile che i primi due finiranno per lavorare per Netanyahu in un governo da lui guidato.

L’Autorità Palestinese

Ci sono segnali di fermento in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza in vista delle elezioni. Fonti non ufficiali affermano che oltre il 90% delle persone che risiedono in queste due enclavi si sono registrate per votare.

C’è da chiedersi, tuttavia, che senso ha partecipare a elezioni che nella migliore delle ipotesi promettono di essere una farsa, se non essere cancellate del tutto. La stessa Autorità Palestinese ha poca autorità ed è vista da molti come poco più di un subappaltatore che fa il lavoro sporco per Israele arrestando attivisti palestinesi e fornendo informazioni alla polizia segreta israeliana.

Anche se le elezioni dell’Autorità Palestinese dovessero svolgersi, ciò significa che solo una piccola parte dei palestinesi è rappresentata. Israele non permetterà mai ai palestinesi residenti a Gerusalemme o ai rifugiati nei campi al di fuori della Palestina di partecipare. Il massimo che vedremo è un rimpasto di governo che non porterà alcun cambiamento e nessun sollievo alla vita dei palestinesi.

Elezioni che contano

Le elezioni contano quando sono un veicolo di democrazia. Altrimenti, non sono altro che un processo per legittimare un regime non democratico. Poiché la Palestina è occupata e sotto un regime oppressivo, non c’è democrazia e non c’è motivo per cui nessuno si rallegri delle elezioni, figuriamoci parteciparvi. Sia con la pretesa di un’Autorità Palestinese democratica o di un Israele democratico, in entrambi i casi, la mossa giusta è prendere una posizione e boicottare, piuttosto che dare loro legittimità. Le elezioni avranno importanza in Palestina quando saranno rivolte a includere tutte le persone che vivono tra il fiume e il mare, una persona, un voto per un’unica legislatura ed esecutivo in una Palestina liberata. Quello sarà il momento giusto per votare. In una Palestina liberata con tutti i partiti politici liberi di partecipare e i leader palestinesi ora nelle carceri dell’occupazione israeliana liberi di condurle, quelle saranno le elezioni che contano. Niente di meno dovrebbe essere accettato.

 

Miko Peled è scrittore collaboratore di MintPress News, autore di pubblicazioni e attivista per i diritti umani nato a Gerusalemme. I suoi ultimi libri sono “Il figlio del generale. Journey of an Israeli in Palestine” e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five”.

 

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org