L’esportazione bellica dei trafficanti di armi israeliani è insostenibile anche per Tel Aviv

Israele impone una limitazione sulle vendite di droni suicidi alla Cina per evitare pesanti costi diplomatici nelle relazione con gli Stati Uniti

Fonte: english version

Di Shir Hever – 28 febbraio 2021

Immagine di copertina: Un drone israeliano UCAV IAI Harop mostrato all’aeroporto di Bourget durante l’International Paris Air Show il 21 giugno 2011 (AFP)

Almeno 20 trafficanti d’armi israeliani sono stati arrestati dalla Polizia Segreta Israeliana (ISA) nel corso di alcuni mesi, in quello che ora si sta rivelando come uno dei più grandi scandali della storia dell’industria degli armamenti israeliana.

La vicenda è taciuta in Israele, e solo pochi pochi fatti sono stati divulgati dalla stampa israeliana. Anche il paese di destinazione delle armi resta sconosciuto.

Nonostante questo, sono trapelati abbastanza dettagli perché il pubblico israeliano si facesse un’opinione e i media stranieri pubblicassero ciò che tutti già sapevano: Sembra che i droni suicidi siano stati sviluppati in Israele per essere venduti alla Cina.

Richard Silverstein, un collaboratore di Middle East Eye, è stato uno dei primi a nominare Pechino nel suo blog, in un articolo pubblicato l’11 febbraio. Ha osservato che questo non è stato il primo scandalo del paese che coinvolge la vendita di droni d’attacco, e non è stata una sorpresa considerando la mancanza di supervisione da parte del Ministero della Difesa israeliano.

“Ci sono state numerose vendite problematiche simili alla Cina in passato, molte delle quali hanno fatto arrabbiare gli Stati Uniti. Israele sta facendo un gioco pericoloso accrescendo il commercio con la Cina mentre cerca di mantenere lo stretto rapporto con gli Stati Uniti”, afferma Silverstein.

“In questo caso, l’ingegnere aerospaziale che ha coordinato l’associazione a delinquere di tecnologia militare potrebbe aver agito per denaro, ma ha anche creato uno scandalo potenzialmente dannoso proprio mentre negli Stati Uniti si sta insediando una nuova amministrazione, con un presidente che è molto più riluttante a soprassedere riguardo gli eccessi di Israele rispetto al suo predecessore.”

Antony Loewenstein, giornalista, regista e autore indipendente, ha affermato che il recente scandalo è solo l’ultimo esempio di come il settore della difesa israeliano stia andando fuori controllo, aggiungendo che: “Israele ha un’industria della difesa in gran parte non regolamentata, che consente al governo israeliano e alle sue società private di vendere armi, apparecchiature di sorveglianza e alta tecnologia ad alcuni dei regimi più dispotici del mondo, dall’Uganda alle Filippine”.

“È tempo che lo stato israeliano sia ritenuto responsabile di questa pratica decennale”.

Nonostante la mancanza di regolamenti sull’industria israeliana delle armi, questa volta la Polizia Segreta Israeliana ha condotto un’indagine e interrotto il traffico di armi, indicando che il costo diplomatico dell’accordo in termini di rapporti con Washington sarebbe troppo pesante da sopportare.

È la seconda volta che la Cina acquista munizioni “itineranti” da produttori israeliani. La prima volta è stata nel 1998.

Queste armi, soprannominate “droni suicidi”, sono diventate un marchio di due compagnie di armi israeliane: Israeli Aerospace Industries (IAI) e Aeronautics Ltd, che è stata acquistata da Rafael.

I droni suicidi, un ibrido tra un drone e un missile, sostano in volo per ore prima che l’operatore li diriga ad esplodere su un bersaglio. Sono costosi, trasportano meno potenza di fuoco dell’artiglieria e sono inaffidabili e imprecisi come gli altri droni, quindi qual è il loro valore strategico?

Il fattore terrore

Lo studioso dell’Università di Newcastle Jamie Allinson indicò il valore psicologico dei droni suicidi ai comandanti di potenti forze militari che desiderano l’unica arma che non hanno nel loro arsenale: l’attentatore suicida.

I soldati sono riluttanti a svolgere missioni suicide, ma i droni suicidi possono prendere il loro posto.

Il fattore decisivo è il terrore: così come le popolazioni sono terrorizzate dal pensiero che uno sconosciuto possa rivelarsi un attentatore suicida e uccidere senza preavviso, così possono essere terrorizzati da un drone suicida che può cadere dal cielo in qualsiasi momento.

I droni suicidi di fabbricazione israeliana sono stati ampiamente utilizzati dall’Azerbaigian nel suo recente conflitto con l’Armenia nell’area contesa del Nagorno-Karabakh.

Trasformando le munizioni itineranti in un’arma a marchio israeliano, sebbene anche altri paesi le producano, le compagnie di armi israeliane hanno capitalizzato la convinzione che gli israeliani abbiano esperienza con gli attentati suicidi.

Sebbene sia improbabile che i generali cinesi soffrano di invidia da attentatori suicidi, la Cina potrebbe tuttavia ottenere preziose informazioni da questi droni, che vengono sempre più impiegati dalle forze della NATO.

Una nuova banca dati sulle esportazioni israeliane istituita dall’American Friends Service Committee (Comitato di Servizio degli Amici Americani), associazione religiosa senza scopo di lucro dei Quaccheri degli Stati Uniti, elenca tre accordi di esportazione di armi tra Israele e Cina tra il 1998 e il 2008, che riguardavano missili, munizioni itineranti e un satellite per le Olimpiadi di Pechino.

“La legge israeliana sulle esportazioni militari del 2007 non include il monitoraggio, la considerazione e le restrizioni relative ai diritti umani perché non è stata legiferata tenendo conto di questo”, ha detto il ricercatore e attivista antimilitarista Sahar Vardi.

“È stato legiferato solo per una ragione: consentire allo Stato, e ai suoi interessi negli affari esteri, di limitare le vendite in situazioni in cui non è nell’interesse politico di Israele”.

Vardi ha affermato che questa politica significa che è stata autorizzata la vendita di armi a paesi come il Myanmar, che ha intrapreso la pulizia etnica contro i Rohingya, cosa che lei descrive come non sorprendente.

“Israele collauda, sviluppa e, cosa più importante, commercializza le sue armi come ‘testate sul campo di battaglia’, quel ‘campo di battaglia’ sono città e villaggi palestinesi sotto occupazione israeliana”.

Secondo il quotidiano israeliano Yedioth Ahronot, il valore delle munizioni itineranti vendute illegalmente alla Cina era di poche decine di milioni di dollari.

Meno di 1 milione di dollari è stato confiscato dal conto del capobanda, indicando che il pagamento ai trafficanti di armi era esiguo.

Perché più di 20 trafficanti di armi israeliani dovrebbero correre un rischio così grande per un così piccolo guadagno?

Aiuto condizionato degli Stati Uniti

Considerando il calo a lungo termine della spesa per la difesa israeliana; l’appello urgente del 2015 delle compagnie di armi israeliane al governo avvertendo di una crisi nelle vendite di armi; il Memorandum d’Intesa firmato dall’allora presidente Barack Obama nel 2016 che revoca il privilegio speciale delle compagnie di armi israeliane di ricevere una parte degli aiuti militari statunitensi; e il nuovo movimento politico degli ex generali volto a destituire il Primo Ministro Benjamin Netanyahu mentre affronta le accuse di corruzione, emerge un quadro che indica come l’élite della sicurezza israeliana sta perdendo la sua posizione egemonica nell’economia israeliana.

Questa profonda crisi dell’élite della sicurezza israeliana offre una spiegazione sul perché questi trafficanti di armi hanno scelto di ignorare i rischi e vendere droni suicidi alla Cina.

I trafficanti di armi non potevano sapere che Joe Biden avrebbe vinto le elezioni presidenziali statunitensi e avrebbe preso una posizione dura nei confronti della Cina.

Anche se Israele riceve più aiuti militari statunitensi di qualsiasi altro paese, gli aiuti arrivano con dei vincoli.

Il Pentagono detiene una forte influenza su Israele, limitando il trasferimento di tecnologia statunitense a terzi, vietando alle aziende israeliane di competere con i produttori di armi statunitensi e chiedendo che, oltre agli aiuti, Israele spenderà miliardi in più per le armi statunitensi.

L’inflessibilità delle richieste degli Stati Uniti a Israele è stata dimostrata dalla recente decisione del Ministero delle Finanze israeliano di rifinanziare un prestito di 2 miliardi di dollari dovuto quest’anno, al fine di consentire l’acquisto di jet F-35 per l’aviazione israeliana al costo di 9 miliardi di dollari (7,5 miliardi di euro).

Sebbene le imminenti elezioni in Israele previste per la fine di marzo siano state innescate dalla mancata approvazione del bilancio da parte del governo, è stato necessario trovare fondi per l’accordo F-35 al fine di evitare di inimicarsi il Pentagono, già irritato dalla vendita di droni suicida alla Cina.

Le esportazioni di armi israeliane servono a due obiettivi, a volte contrastanti: promuovere l’influenza diplomatica e generare profitto.

La privatizzazione ha creato un divario tra gli obiettivi, poiché i commercianti di armi non lavorano più per il governo e si concentrano solo sul profitto, mentre il governo non ha più la stessa influenza di prima sui tipi di tecnologie sviluppate e sui destinatari.

 

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org