Itamar Ben-Gvir non è un’anomalia nella politica israeliana; fa parte di un’alleanza di estrema destra che la comunità internazionale sta normalizzando da anni.
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Sami Abu Shehadeh – 4 marzo 2021
Foto di copertina: Itamar Ben Gvir, capo del partito Otzma Yehudit, tiene una conferenza stampa a Gerusalemme, 1 marzo 2020 (Olivier Fitoussi / Flash90)
Nelle ultime settimane, un noto colono israeliano che vive nei territori occupati ha chiesto alla Knesset di impedire a qualsiasi cittadino arabo palestinese di candidarsi alle imminenti elezioni israeliane. Allo stesso modo in cui sostiene il trasferimento dell’intera cittadinanza palestinese dalla loro patria storica, ora cerca di avere un parlamento ebraico “purificato” da qualsiasi presenza araba indesiderata. Sebbene alla fine la Knesset abbia rifiutato le sue richieste, il suo desiderio rimane invariato.
Questo individuo, purtroppo, non è un estremista isolato. In realtà, spera di allearsi con il Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e di fare parte del prossimo governo di coalizione.
Itamar Ben-Gvir, membro del partito di estrema destra Otzma Yehudit (“potere ebraico”), è noto da tempo come seguace del movimento razzista kahanista; le sue opinioni politiche sono così estreme che persino l’esercito israeliano lo dissuase dall’arruolarsi. Ben-Gvir vive in un insediamento nella Hebron occupata, ed è noto per incitare a perseguitare i palestinesi della città. Ha apertamente chiesto la distruzione della moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme e ha fotografato con orgoglio il suo ex collega di partito, Michael Ben-Ari, mentre strappava una copia del Nuovo Testamento.
Ora, Ben-Gvir e il suo partito si stanno candidando per il parlamento con la nuova lista dei religiosi sionisti, guidata da un altro estremista, Bezalel Smotrich, che il mese scorso ha accettato di concedere al Likud i voti in eccesso della sua lista.
Il fatto che il Primo Ministro abbracci questi estremisti sionisti come potenziali alleati non dovrebbe sorprendere nessuno. Populista di destra, Netanyahu recluta costantemente politici israeliani per dire cose che non può esprimere pubblicamente o esplicitamente. Questo ruolo una volta apparteneva a personaggi come Avigdor Liberman di Yisrael Beiteinu, Naftali Bennet e Ayelet Shaked di Yamina, e ora Ben-Gvir. Questa formula ha permesso a Netanyahu di governare con la lealtà delle frange estremiste della società israeliana, seppellendo le prospettive di un accordo di pace con i palestinesi.
Se si analizza attentamente l’obiettivo finale del Likud di Netanyahu e di Otzma Yehudit di Ben-Gvir, scoprirete che alla fine perseguono lo stesso programma: negare i diritti dei palestinesi, avanzare la colonizzazione e imporre un regime segregazionista dal fiume al mare. La legge sullo stato nazionale ebraico, con il sostegno di Netanyahu, cerca di sancire questa visione della supremazia razziale come valore costituzionale. La “Vision for Peace” (Visione per la pace”) statunitense-israeliana, presentata dall’ex presidente Donald Trump lo scorso anno, è andata oltre e ha approvato il trasferimento di centinaia di migliaia di cittadini palestinesi di Israele.
Ben-Gvir, a cui mi riferisco spesso come il nuovo portavoce di Netanyahu, si sente sicuramente irritato dalla presenza di rappresentanti palestinesi nel parlamento israeliano, come me. Il mio partito, Balad, che è uno dei gruppi che compongono la Lista Congiunta, sostiene che Israele diventi uno stato di tutti i suoi cittadini e che metta fine alla sua occupazione militare conformemente al diritto internazionale e alle risoluzioni delle Nazioni Unite.
In altre parole, chiediamo che Israele accetti i principi fondamentali di uguaglianza e giustizia che i partiti sionisti israeliani rifiutano. Non siamo interessati ad un Israele che si definisce esclusivamente “ebraico” pur permettendo solo una simbolica rappresentazione araba, per aiutare i propagandisti israeliani a sostenere di essere una vera democrazia. Piuttosto, vogliamo rendere questo paese veramente democratico, con palestinesi ed ebrei che godono dello stesso status davanti alla legge. Per la destra sionista israeliana, compreso il Primo Ministro, una tale visione è una minaccia.
Sfortunatamente, la comunità internazionale ha svolto un ruolo importante nel normalizzare l’alleanza di estrema destra di Israele e il suo programma. Quando il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas visitò Israele nel febbraio 2017, l’allora ministro della giustizia Ayelet Shaked lo accompagnò in un tour aereo che, contro tutti i protocolli diplomatici, includeva la Cisgiordania occupata.
Sui social media, l’ambasciatore dell’Unione Europea in Israele, Emanuele Giaufret, ha sfacciatamente promosso i suoi incontri con alcuni dei politici più razzisti e pro-annessione di Israele, molti dei quali stanno attivamente lavorando per smontare la soluzione a due stati che Giaufret intende promuovere; uno di questi politici, la pro-colonizzazione Tzipi Hotovely, è ora l’ambasciatrice di Israele nel Regno Unito. Questa accondiscendenza occidentale dell’approccio irriducibile del governo israeliano negli ultimi anni dimostra a Netanyahu che il coinvolgimento di tali estremisti sarà rapidamente accettato.
I governi stranieri hanno anche mostrato i loro doppi standard nel garantire a Israele l’impunità di continuare su questa strada pericolosa. Ad esempio, i diplomatici europei chiedono regolarmente che l’Autorità Palestinese, che quest’anno svolgerà le elezioni, rispetti i precedenti accordi con Israele così come i parametri internazionali per una soluzione a due stati, come richiesto dal Quartetto del Medio Oriente (ONU, USA, UE e Russia).
Eppure, questi stessi diplomatici hanno sostanzialmente taciuto sul fatto che nelle imminenti elezioni israeliane figureranno in primo piano politici che non solo respingono tali accordi, ma sono in competizione per dimostrare chi è più anti-palestinese e favorevole agli insediamenti. La richiesta al governo israeliano di attenersi alla visione del Quartetto è nella migliore delle ipotesi tiepida, se non quasi assente.
Il problema, quindi, non è unicamente con Ben-Gvir. Si tratta di un intero sistema di discriminazione istituzionalizzata e incitamento all’odio che mira a impedire ai palestinesi di raggiungere l’uguaglianza all’interno di Israele e a negare la libertà dei palestinesi che vivono nei territori occupati, anche spegnendo le prospettive di uno Stato palestinese lungo il confine del 1967.Tuttavia, la probabile alleanza di Ben-Gvir con Netanyahu dovrebbe servire da campanello d’allarme per la comunità internazionale. A tutti quelli a Washington, Bruxelles, Londra, Ottawa, Canberra, Berlino e altri, che affermano di “condividere valori” con Israele, dovrebbero ripensare seriamente al loro approccio. Finora, hanno semplicemente contribuito a una realtà in cui coloni razzisti come Ben-Gvir sono diventati efficaci strumenti politici per negare i diritti umani e impedire qualsiasi prospettiva di una pace giusta e duratura. Il mondo dovrebbe rifiutarsi di legittimare qualsiasi governo israeliano che rifiuta i principi fondamentali del diritto internazionale e la piena uguaglianza per tutti.
Sami Abu Shehadeh è il presidente del partito Balad e un membro della Knesset con la lista congiunta.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org