La sentenza della Corte Suprema israeliana sull’applicazione della Legge del Ritorno minaccia il definitivo indebolimento del potere politico dei partiti religiosi ortodossi di Israele, e quindi ha il potenziale per influenzare le dinamiche delle prossime elezioni.
Fonte: english version
Miko Peled – 5 marzo 2021
Foto di copertina: Soldati israeliani e parenti di nuovi immigrati ebrei dagli Stati Uniti e dal Canada, sventolano bandiere israeliane per accoglierli mentre arrivano all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, Israele. Ariel Schalit | AP
GERUSALEMME – In una rivoluzionaria decisione otto a uno, la Corte Suprema israeliana ha recentemente stabilito che la Legge del Ritorno, che garantisce la cittadinanza a qualsiasi persona di religione ebraica che si trasferisce in Israele, si applica a chiunque si sia convertito al giudaismo mentre si trova in Israele attraverso una conversione non ortodossa. Questa sentenza ha creato una grande agitazione politica e sdegno tra i partiti religiosi sionisti e il rabbinato capo dello Stato.
In un sistema politico come quello israeliano, dove i piccoli partiti politici sono cruciali per qualsiasi governo di coalizione e sono spesso il fattore determinante per chi diventa Primo Ministro, questo disagio è problematico. Nella Knesset israeliana, i partiti religiosi esercitano un grande potere e molto spesso agiscono da registi, dando i loro voti a uno dei due maggiori partiti e stabilendo così il destino della politica israeliana in un modo o nell’altro. Sconvolgere lo status quo sulle questioni religiose prima di un’elezione generale è un male per la politica.
Fortunatamente, la Corte Suprema israeliana non è un organo eletto e non ha bisogno di preoccuparsi delle questioni di coalizione, quindi i suoi giudici sono liberi di pronunciarsi come ritengono opportuno. Ciò che ha portato la Corte a questa particolare sentenza, tuttavia, è stata una mancanza di capacità da parte del legislatore e delle istituzioni statali a decidere su questa questione molto delicata.
In Israele, l’ebraismo ortodosso ha il monopolio su tutte le questioni del ciclo di vita di una persona: nascita, matrimonio, divorzio e morte. Regola anche tutto ciò che ha a che fare con la determinazione della validità o della purezza della propria ebraicità. Il capo rabbinato dello Stato, da non confondere con le istituzioni rabbiniche non sioniste che non riconoscono le autorità rabbiniche nominate dallo Stato, ha anche il monopolio su tutte le conversioni. Si rifiuta di riconoscere le conversioni fatte da rabbini non ortodossi.
Una terza questione spinosa
Questo è vero in Israele. Al di fuori di Israele, tuttavia, il giudaismo ortodosso non è la maggioranza e non ha alcun controllo sulla vita del popolo ebraico. Negli Stati Uniti, ad esempio, la più grande comunità ebraica è quella del giudaismo riformato, che assomiglia solo a malapena al giudaismo ortodosso.
Ad esempio, i membri dei Riformati, e anche le correnti conservatrici del giudaismo, andranno alle funzioni il venerdì sera o il sabato mattina e la famiglia si siederà insieme nel santuario durante il servizio, proprio come si potrebbe vedere in una chiesa. Ciò è in totale contraddizione con i principi del giudaismo ortodosso. Secondo il giudaismo ortodosso, guidare di sabato è severamente vietato e uomini e donne devono sedersi in parti separate del santuario, che devono essere divise in modo che non possano vedersi.
Lo Stato di Israele è obbligato a sostenere le comunità riformate e conservatrici, poiché comprendono la maggioranza degli ebrei al di fuori di Israele e sono anche profondamente sionisti. Se lo Stato di Israele negasse la validità della loro ebraicità o la legittimità delle loro istituzioni rabbiniche, sarebbe un serio schiaffo in faccia a milioni di ebrei in tutto il mondo, in particolare negli Stati Uniti.
Queste comunità non ortodosse sono le stesse comunità ebraiche che contribuiscono finanziariamente a favore di Israele e formano i galoppini per Israele nelle sale del potere a Washington. Tuttavia, non votano alle elezioni israeliane e non hanno la capacità di determinare chi sarà il Primo Ministro in Israele. I partiti religiosi ortodossi in Israele sono relativamente piccoli e non rappresentano grandi comunità, ma possiedono la capacità di farlo. È per questo motivo che i politici israeliani hanno fatto tutto il possibile per evitare di affrontare la questione di chi si qualifica come ebreo ai sensi della Legge del Ritorno.
La Legge del Ritorno
I sionisti affermano che tutti gli ebrei discendono da un’antica tribù che viveva in alcune parti della Palestina storica diverse migliaia di anni fa. Questo, affermano i sionisti, conferisce a tutto il popolo ebraico il diritto di “tornare” in Palestina e risiedervi come cittadini dello Stato di Israele, uno stato che ha occupato la Palestina e imposto un regime di apartheid al popolo palestinese dal 1948.
La Legge del Ritorno è stata approvata nel 1950. L’Agenzia Ebraica, la cui missione è “assicurare che tutti gli ebrei sentano un legame indissolubile tra di loro e con Israele”, dice quanto segue riguardo alla legge:
Con la nascita dello Stato di Israele, duemila anni di vagabondaggio erano ufficialmente finiti. Da allora, gli ebrei hanno avuto il diritto di presentarsi semplicemente e richiedere di essere cittadini israeliani, supponendo che non costituissero alcun pericolo imminente per la salute pubblica, la sicurezza dello stato o il popolo ebraico nel suo insieme. In sostanza, tutti gli ebrei ovunque sono cittadini israeliani di diritto.
Questa legge è anche in contrasto con le leggi israeliane che rendono impossibile per i rifugiati palestinesi tornare alle loro case e alla loro terra e riavere le loro proprietà, sia private che pubbliche, e che negano loro la cittadinanza nella propria patria. La Legge del Ritorno è una delle prime leggi approvate dalla Knesset israeliana che definisce chiaramente Israele come uno Stato razzista, uno stato in cui esiste un insieme di leggi che concede privilegi agli ebrei, anche se non vivono lì, e un diverso insieme di leggi che negano ai palestinesi i loro diritti sulla propria terra.
Chi è un ebreo?
Il punto in cui la legge si complica è quando tenta di rispondere alla domanda “Chi è un ebreo?” Questa è una domanda a cui i sionisti non sanno come rispondere e quindi hanno cercato di evitarla, ma continua costantemente a perseguitarli. Secondo il giudaismo stesso, una ebreo è qualcuno che accetta l’Onnipotente e segue la Torah, che è stata data al popolo ebraico sul monte Sinai. Si può nascere ebrei e anche convertirsi al giudaismo.
Le autorità religiose nello Stato di Israele considerano tutte le correnti del giudaismo non ortodosse come non ebraiche e non riconoscono le loro conversioni. Tuttavia, ai fini della Legge del Ritorno, lo Stato riconosce tutte le conversioni effettuate al di fuori di Israele purché siano state effettuate da autorità ebraiche riconosciute, anche non ortodosse.
Conversione non ortodossa in Israele
Nel 2005, diversi casi di convertiti che si sono convertiti al giudaismo in Israele ma con istituzioni non ortodosse (la minoranza in Israele) sono stati portati davanti alla Corte Suprema. La Corte ha stabilito che la questione doveva essere decisa dal legislatore. Da allora, più volte i casi sono stati portati davanti al tribunale e ogni volta lo Stato ha chiesto più tempo affinché la Knesset potesse risolvere la questione della conversione non ortodossa avvenuta in Israele.
La Knesset, tuttavia, non è stata in grado di farlo, e la Corte ha deciso: poiché la Legge del Ritorno non discrimina tra conversioni ortodosse e non ortodosse quando gli ebrei vengono a stabilirsi in Israele, non dovrebbe esserci tale discriminazione quando la conversione avviene in Israele.
Il processo di conversione ortodossa è molto più difficile e richiede più tempo della conversione non ortodossa e molte delle critiche rivolte a questa sentenza hanno a che fare con la preoccupazione che i richiedenti asilo africani che hanno vissuto in Israele per decenni possano approfittarne. C’è un intero movimento in Israele che vuole vedere gli africani che vivono e lavorano in Israele (in alcuni casi per decenni) deportati, e quel movimento teme che gli africani possano utilizzare la conversione non ortodossa meno rigorosa per diventare a tutti gli effetti ebrei e quindi meritevoli dei benefici del Diritto al Ritorno, ovvero della legittima cittadinanza.
Il nazionalismo sionista alza la testa
Questa sentenza della Corte Suprema è un serio schiaffo al Rabbinato di Stato, che fino ad ora aveva il monopolio delle conversioni. Politici religiosi di destra come Naftali Bennett, che sta mirando alla carica di Primo Ministro, e Bezalel Smotrich, che sono entrambi intrinsecamente nazionalisti e razzisti e rappresentano i partiti politici religiosi sionisti, hanno immediatamente espresso il loro disappunto per l’intervento della Corte Suprema nella questione.
La destra religiosa in Israele è da anni in contrasto con la Corte Suprema, considerata troppo liberale per i loro gusti. Mischiare politica e religione crea una reazione tossica, e Israele non fa eccezione. Il sionismo e la sua distorsione di ciò che significa essere ebrei hanno creato uno stato profondamente razzista e nazionalista. Prima il regime sionista verrà rimosso e la Palestina sarà libera, meglio sarà per tutti i soggetti coinvolti.
Miko Peled è scrittore collaboratore di MintPress News, autore di pubblicazioni e attivista per i diritti umani nato a Gerusalemme. I suoi ultimi libri sono “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five”.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org