Roma 15 marzo 2021 – a cura della Redazione di Invictapalestina
«Cosa significa campo profughi?», chiese lei.
«Il campo è un luogo che ti permette di vedere il mondo con chiarezza».
Poi aggiunse:
«Ti racconterò una storia. Una sera io e mio padre stavamo guardando la televisione. Era il maggio 2003 ed eravamo abituati a sedere e chiacchierare di un po’ di tutto; o forse è meglio dire che eravamo soliti farlo a seconda del tempo che aveva a disposizione, dato che a volte tardava un po’ o non era dell’umore giusto per parlare con me. Quella sera, mentre stavamo guardando la televisione, rimasi di stucco quando, senza nessun preavviso, un uomo entrò in sala, prese il telecomando in mano e iniziò a fare zapping tra i canali della TV. In un primo momento rimasi sconcertato, poi mi avvicinai intimorito a mio padre; non conoscevo quell’uomo e non l’avevo mai visto prima in casa nostra o nel quartiere. Come poteva fare irruzione in casa senza chiedere il permesso e sedersi tra noi come se nulla fosse? Probabilmente il fatto che mio padre, al contrario di me, non sembrò mostrare alcun interesse per quello che era successo aumentò la mia paura, come se io fossi il solo a essermi accorto della sua presenza.
Dopo qualche minuto, l’uomo posò il telecomando sul tavolo e guardò mio padre sorridendo, rosso in viso. Prima che potesse parlare, mio padre gli chiese interrogativo:
“Pensi che se ne siano andati adesso?”
“Ma chi?”, mi intromisi io, dopo aver guardato mio padre senza capire.
Lui continuò, ridendo:
“Non preoccuparti, e non vergognarti. Questa è anche casa tua, la mia famiglia è la tua famiglia. L’importante è che tu stia bene e che, entrando in casa, tu sia riuscito a sfuggire ai controlli delle forze di Occupazione”.
A quel punto capii. Capii quanto è bello questo campo, con le storie e le relazioni sociali di cui è fatto e che non si trovano oltre i suoi muri. Capii che, nonostante la polvere del tempo, il campo continua ad accogliere ogni storia che fugge dal freddo dell’inverno. Come ha fatto con questo ragazzo che stava scappando dall’esercito israeliano durante una delle irruzioni nel campo; per sfuggire all’arresto non aveva potuto far altro che fingere di essere un abitante di casa nostra. E mio padre gli aveva retto il gioco, come se anche lui avesse vissuto in precedenza quell’esperienza e quelle circostanze.
Mi hai chiesto del campo…
Questo è il campo…».
Racconto tratto da: FOGLIE DI GELSO racconti palestinesi. Aysar Al-Saifi ed. Prospero editore – ISBN 978-88-31304-21-4 – 13 euro
Prefazione Luisa Morgantini, postfazione Chef Rubio.