La Pace? Si può ancora!!!

Lettera aperta all’Occidente pervenuta da  Adnan Alsawair * giordano,  deputato nella 15’ e 17’ legistratura.

 

On. Adnan Alsawair*  25 maggio 2021

Durante la recente crisi mediorientale, l’Unione Europea e soprattutto l’Italia non hanno saputo o voluto smarcarsi dalla posizione americana e ritagliarsi un proprio ruolo attivo nonostante abbiano a loro vantaggio la vicinanza geografica con la regione e la stima delle popolazioni arabe.

L’Europa e il Bel Paese sono considerati faro di democrazia, libertà e civiltà!
Dato che il cessate il  fuoco è stato trovato senza nessun accordo, rimangono tutti i problemi e i nodi precedenti. Il che significa che può ripetersi tutto di nuovo.

Bisogna ammettere che il ruolo americano è chiaramente in crisi. Dopo più di 50 anni di mediazione, che non ha portato a nessuna soluzione accettabile, si punta tutto sul tempo e sulla rassegnazione del popolo palestinese per spingerlo ad alzare bandiera bianca. Questo non è proprio possibile. I fatti di questi giorni lo hanno dimostrato, quindi rimangono delle porte aperte per la ricerca di una soluzione.

E’ essenziale ricordare che nella Palestina storica (Israele, Cisgiordania e striscia di Gaza) vivono oggi circa 14.2 milioni di persone di cui 7 milioni di israeliani e 2 milioni di palestinesi israeliani in Israele; 3 milioni di palestinesi in Cisgiordania e 2 milioni nella striscia di Gaza. Il totale dei palestinesi è 7.2 milioni. Ogni ricerca di una soluzione deve partire da questi numeri, è impossibile che una parte può pretendere di eliminare l’altra o addirittura anniettarla.

Deve prevalere la legalità internazionale, far rispettare i principi di democrazia e di libertà, da qui deve partire la ricerca, dalle risoluzioni dell’Onu: due popoli, due stati, per costruire una pace giusta nella zona, che garantisca a tutti i popoli l’esistenza e l’indipendenza entro i confini esistenti prima del 4 giugno 1967.

La pace non verrà se non ci sarà un vero impegno dei paesi, soprattutto del Mediterraneo, Italia in testa, per realizzarla.
La pace non si realizza oggi con tutti i leader della politica italiana, sul palco preparato dalla comunità ebraica di Roma, a manifestare il loro appoggio incondizionato ad Israele. Con questo comportamento Israele andrà avanti con la sua aggressione.
La pace non si realizza nemmeno con il silenzio stampa attorno a quanto sta succedendo o il racconto di quanto accade fatto da inviati con posizioni vicine ai politici della destra israeliana, oppure glissando sulle manifestazioni in 50 città italiane in solidarietà con il popolo palestinese. E nessuno racconta le condizioni di vita dei palestinesi, a cui manca tutto.

Questi comportamenti faranno sentire Israele immune dalle critiche internazionali, questo atteggiamento farà del male allo stesso stato israeliano, che non avrà mai pace se non cambia atteggiamento e farà del male anche all’immagine dell’Italia stessa, che si è schierata con la destra israeliana e ha negato il diritto del popolo palestinese all’esistenza e ad uno stato. Le critiche al comportamento israeliano le stanno ormai facendo addirittura gli ebrei democratici di tutto il mondo, compresi quelli in Italia.

Quest’ultima aggressione è stata pianificata dalla destra israliana a scopi elettorali e per impedire l’alleanza che stava venendo fuori tra partiti arabi e partiti centristi in Israele, allo scopo di mandare a casa Netanyahu. Le provocazioni del governo di destra  cominciate all’inizio del mese di Ramadan, sacro per tutti i musulmani, su due fronti ed entrambe a Gerusalemme (impedire l’entrata dei fedeli alla moschea Aqsa e l’esproprio delle case dei palestinesi al Sceck Jarrah per costringerli a lasciare Cisgiordania e andare altrove) sono tentativi a vuoto che gli israeliani attuano da 54 anni.

La vita dei palestinesi nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est, è diventata un inferno. Ogni giorno ai check points tanti palestinesi muoiono o donne incinte sono costrette a partorire sul posto non potendo raggiungere gli ospedali; il continuo esproprio delle case e dei terreni, i 700 mila coloni che si sono insediati in Cisgiordania nei terreni palestinesi, un trattamento razzista indegno nei confronti dei palestinesi, hanno il chiaro scopo di costringerli a lasciare tutto.

Non possono sentirsi meglio i palestinesi della striscia di Gaza. La striscia è una grande prigione, lì non hanno nulla, al punto che non fa grande differenza la vita o la morte. Naturale che Hamas trova un terreno tanto fertile per allargare il suo consenso.

La novità è la situazione dei palestinesi all’interno della linea verde (dentro Israele). Anche lì i palestinesi, dopo tanti anni, spinti dai comportamenti israeliani nei loro confronti che si perpetuano da tanto tempo, non ce l’hanno fatta e, all’improvviso, quando hanno visto cosa stava accadendo ai palestinesi di Gerusalemme, si sono sentiti, forse per la prima volta, palestinesi e uniti come popolo. Hanno capito che tutti i palestinesi sono un obiettivo della destra, che vuole costringerli, non importa dove essi siano, a lasciare il paese. E’ pulizia etnica anche nei loro confronti, altrimenti come si spiega il progetto tanto amato dalla destra israeliana di “ebraizzazione dello stato”?

Tutto questo ha fatto sentire tutti i palestinesi che non hanno più nulla da perdere, che sono uniti nel destino e qualcosa all’interno degli arabi israeliani si è rotto e più di ogni altra volta nel passato, gli arabi israeliani hanno smesso di credere nella convivenza e all’appartenenza allo stato d’Israele.
Quest’ultima aggressione, non ben calcolata, agli abitanti del quartiere di Sheikh Jarrah ha avuto un effetto domino su tutti i palestinesi in Israele e nei territori occupati. Li ha uniti contro l’ingiustizia e le disuguaglianze che subiscono tutti i palestinesi da sempre.

Se una parte ha sempre subito l’esproprio e le provocazioni dei coloni, l’altra è da sempre considerata “di serie B” e indesiderata. Gli arabi israeliani, duranti tutti i conflitti palestinesi israeliani precedenti hanno quasi avuto posizioni di non schieramento, salvo manifestazioni di solidarietà pacifiche, simili a quelle che succedono anche negli Stati Uniti oppure nelle diverse città europee, senza mai superare le linee rosse che assicurano loro l’appartenenza allo stato d’Israele e alla pacifica convivenza con gli altri israeliani venuti da tutti le parti del mondo dopo il ‘48.
Oggi il mondo democratico, che vorrebbe insegnarci la democrazia, non riesce a condannare Israele per il massacro di 65 bambini, 40 donne e 40 anziani, oltre a 85.000 senza tetto?. Allora non chiedetevi come mai vince Hamas a Gaza. Sicuramente troverà terreno ancora più fertile anche in Cisgiordania e vincerà a man bassa le prossime elezioni, se mai ci saranno.

Ricordiamo che Hamas è nata durante la prima Intifada del 1987, in circostanze esistenti da sempre: la solitudine del popolo palestinese.

Mi rivolgo anche a chi ha a cuore Israele, perché chi perde di più oggi è proprio lo stato israeliano. I suoi cittadini sono sfiduciati e impauriti, l’esercito ha il morale a terra.

La legalità internazionale deve avere il sopravvento. Altrimenti, l’occidente avra’ per sempre sulla coscienza la questione palestinese.

(*)
Ex presidente associazione d’amicizia parlamentare italo-giordana
Insignito Cavaliere dell’ordine della Stella d’Italia, 2016

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