A Gaza siamo attaccati alla speranza, all’amore, alla vita, e spesso alla morte!

Insegnate ai vostri figli che la vita dei bambini palestinesi è cara ma che questa vita non è mai al sicuro, insegnate ai vostri figli che il bambino palestinese ha dei sogni, ma che sono trasformati in incubi perché vive nell’ingiustizia e sotto l’oppressione dell’occupazione israeliana.

Fonte: Versione originale

Iyad Alasttal / Gaza Stories, 21 maggio 2021

Per 11 giorni la macchina criminale di guerra israeliana non ha fermato i suoi attacchi e massacri contro civili disarmati a Gaza. I bombardamenti hanno reso Gaza inabitabile, hanno distrutto la città, i danni dell’aggressione sono visibili ovunque.

C’è chi è morto e sfugge alle conseguenze dell’aggressione, ma c’è chi è rimasto vivo e aspetta di voltare questa pagina da incubo e che l’aggressione israeliana rimanga solo un orribile ricordo.

Come tutto il resto della popolazione palestinese di Gaza, questa aggressione mi ha insegnato a odiare la notte. Di solito la notte è un tempo tranquillo per riposare, per immaginare e disegnare sogni, ma qui da dieci giorni non è più così. L’aviazione israeliana non lascia il cielo di Gaza e uccide in ogni momento i nostri cari e i nostri amici. L’aviazione bombarda le nostre case dell’infanzia, dove siamo cresciuti e abbiamo vissuto bei ricordi…

A Gaza ogni minuto attendiamo la morte, può arrivare senza preavviso, i bombardamenti israeliani colpiscono infatti le case senza avvertire i loro abitanti.

Ieri la paura ha portato due padri palestinesi a scambiarsi i figli, ognuno ha affidato due figli all’altro. Così, se una delle case delle famiglie viene bombardata, la morte non li prenderà tutti!

«L’ultima cena» vi ricorda qualcosa? Forse «L’ultima cena» il quadro di Leonardo Da Vinci, che raffigura Gesù Cristo con i 12 apostoli? Ma no, qui vi parlo dell’ultima cena di una famiglia palestinese che ha cominciato a preparare il suo pasto nel primo pomeriggio, i bambini con la mamma hanno posato i piatti su un vassoio, aspettando il papà che era andato a prendere il pane. Una volta che tutta la famiglia si è accomodata a terra intorno al vassoio, l’aviazione israeliana ha bombardato la casa togliendo loro l’appetito per sempre…

 

Da noi a Gaza, è l’esercito israeliano che realizza la scena, quella della distruzione di una semplice famiglia palestinese in procinto di mangiare timo con l’olio d’oliva di Palestina.

Per Chaima e Anas, due fidanzati palestinesi di Gaza, la gioia si è spenta e il loro sogno non si è realizzato. I raid aerei israeliani hanno bombardato la casa di Chaima, che è rimasta intrappolata per quasi quattordici ore sotto le macerie della sua casa assieme a tutta la sua famiglia. Ad ogni pietra tolta dai soccorritori e dai pompieri, Anas, il suo fidanzato aspettava di sentire da loro buone notizie. I pompieri sono riusciti ad estrarre il cadavere di una sola vittima, che purtroppo era la sua fidanzata. Anas l’ha identificata dall’anello di fidanzamento che era al dito della sua amata.

Anche la libreria di Mansour, una delle case editrici più conosciute a Gaza, ha subito la sua parte di aggressione israeliana. È completamente distrutta e ora appartiene al passato. Mi ricorda cosa fecero i Mongoli quando invasero Baghdad e gettarono tutti i libri della Casa della saggezza nell’Eufrate: l’inchiostro dei libri colorò di nero il fiume…

Said, il giornalista palestinese che lavora per il canale russo «RT», è un poeta molto conosciuto a Gaza. Durante il suo reportage, non ha potuto nascondere l’emozione e le lacrime, nel dire che questo è un crimine contro la conoscenza, la distruzione di tutti questi libri e di questa casa editrice è un crimine, è come uccidere un bambino.

Quando si lavora per anni per arrivare alla pensione e costruire una nuova casa, è un successo e una gioia. Jalal aveva costruito la sua casa dopo aver lavorato per diversi anni. È stato molto difficile per lui lasciarla dopo aver ricevuto dall’esercito israeliano un avvertimento che diceva che sarebbe stata bombardata. Si è allontanato a più di 50 metri dalla casa, in un luogo «al riparo». Voleva vedere la distruzione della sua casa in cui aveva trascorso tanti bei momenti con i suoi figli. Quando il missile è caduto sulla casa, un fumo nero ha riempito il cielo e Jalal è morto di infarto, la scena troppo insopportabile per lui…

Al momento della Nakba, i nostri nonni pensavano che avrebbero lasciato i loro villaggi solo per qualche giorno, che dopo qualche giorno sarebbero tornati a casa e non presero nulla con sé.

Per 11 giorni, Fatima, giovane palestinese di Gaza che lavora come avvocato in una ONG a Gaza, ha lasciato il suo appartamento per paura di rimanere sola in casa. È andata dalla sua famiglia in un posto più sicuro. Pensava che questa aggressione sarebbe durata solo due/tre giorni. Fatima aveva lasciato una piccola quantità di cibo nel suo appartamento per i suoi due animali preferiti, una tartaruga e un uccello. Scrive sulla sua bacheca di Facebook: Mia cara tartaruga, so bene di averti lasciato poco cibo, ma non mi preoccupo per te, sei forte e più forte del bulldozer. Mio tanto amato uccellino, mi dispiace averti abbandonato. Ho commesso un crimine contro di te, se non sei morto per la fame, è certo che ora sei morto per la paura dei violenti raid israeliani, per come ti conosco più fragile di un foglio di carta.»

Il frastuono degli aerei militari è ovunque, riempie il cielo. La famiglia dei due piccoli Ahmed e Nana, è stata costretta ad abbandonare la sua casa, perché ha ricevuto un avvertimento telefonico dall’esercito israeliano prima che fosse bombardata. La famiglia non si è portata via nulla, il missile israeliano è caduto sulla casa, in un batter d’occhio c’erano solo macerie.

Ahmed e sua sorella Nana, subito dopo sono corsi nella casa in rovina, non per cercare i loro giocattoli, ma per cercare un pesce che tenevano in un vaso. Per miracolo il vaso non si era rotto! C’era ancora un po’ d’acqua sul fondo del vaso e il respiro del pesce era molto più forte dell’odio israeliano.

Essere biondo non è necessariamente essere un occidentale. Ahmed è biondo ed ha due anni. Sua madre è morta di il parto, e da quando è nato suo padre ha cercato di dargli tutta la tenerezza possibile per colmare la mancanza della mamma.

Il quarto giorno dell’aggressione israeliana, Ahmed si è svegliato in ospedale sotto shock, non capiva cosa fosse successo, vedeva solo medici e infermiere intorno a lui, e il suo babbo non c’era più: che fosse andato a comprargli delle caramelle? No, il suo babbo si è unito alla sua mamma, è morto di notte, l’intera casa è stata distrutta dalle bombe israeliane mentre la famiglia di Ahmed era dentro. Cosa dire ad Ahmed quando crescerà?

La lettera di Zaina

Mia cara mamma,
ho tanta paura. Se muoio, chiedi di seppellirci insieme, così posso stare tra le tue braccia. Chiedi di vestirmi con i miei vestiti dell’Eid che non ho potuto festeggiare.
Tua figlia Zaina.

La Palestina è libera e rimane araba.

Questa è la lettera che una mamma palestinese ha trovato sotto il cuscino di sua figlia di 10 anni. È il modo di Zaina di esprimersi davanti a questo orrore e questa barbarie israeliani.

Vi rendete conto di cosa sia la vita di un bambino palestinese?

Insegnate ai vostri figli che la vita dei bambini palestinesi è cara ma che questa vita non è mai al sicuro, insegnate ai vostri figli che il bambino palestinese ha dei sogni, ma che sono trasformati in incubi perché vive nell’ingiustizia e sotto l’oppressione dell’occupazione israeliana.

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org