La fragile unione di Bennett con la sinistra sionista lascia ben poche speranze a un Israele post-apartheid

Sulla realtà razzista della politica israeliana, sull’assurdità di chiamare qualsiasi partito sionista “Sinistra”, e sul motivo per cui la cosiddetta sinistra sionista potrebbe unirsi a un governo di coalizione guidato da Naftali Bennett: le loro differenze sono irrilevanti.

Fonte: English version

Di Miko Peled (*) – 22 giugno 2021

Foto di copertina: Una donna israeliana passa davanti a manifesti che mostrano foto di bambini palestinesi uccisi nell’ultimo attacco israeliano a Gaza che sono stati appesi da attivisti israeliani nelle strade del centro di Tel Aviv, 31 maggio 2021. Keren Manor |  Activestill

 

BIR AL-SABA, PALESTINA — Jumaa Alzbarqa è stato membro della Knesset israeliana per due anni. Dirige l’ufficio dell’Alleanza Democratica Nazionale, o Balad, nella città meridionale di Bir Al-Saba nel Naqab. Ci siamo incontrati nel suo ufficio e abbiamo parlato di attualità e di quella che era fino a poco tempo fa la remota possibilità che i partiti della cosiddetta “Sinistra Sionista” come Meretz si alleassero con il leader del partito di “Destra” neofascista, Naftali Bennett.

Alzbarqa, che viene da Laqiya, una piccola città beduina palestinese non lontana da Bir Al-Saba, mi ha raccontato della seguente interazione che ha avuto con un membro del Partito Sionista di Sinistra Meretz mentre prestava servizio alla Knesset. “Gli ho chiesto di co-sponsorizzare un disegno di legge che ponga una moratoria di due anni sulle demolizioni di case nel Naqab”, mi ha detto Alzbarqa. “Ma ha risposto che non avrebbe dato una mano a legittimare la costruzione illegale.”

“Costruzione illegale” è il codice per la costruzione palestinese. Nonostante la grave carenza di alloggi, le autorità israeliane non concedono mai permessi ai palestinesi; quindi, costruire senza permesso è la loro unica opzione. Un rapporto pubblicato nel 2020 dimostra la gravità delle demolizioni di case palestinesi nel Naqab. Ci sono state oltre 2.000 case palestinesi demolite nel solo Naqab per diversi anni consecutivi, quindi questo non è chiaramente un problema da poco. Allo stesso tempo, non sono state demolite case di coloni israeliani. Infatti, non si verificano demolizioni di case di ebrei israeliani.

Questa storia dimostra la realtà razzista all’interno della politica israeliana e dimostra l’assurdità di chiamare “Sinistra” qualsiasi partito sionista. Spiega anche perché la cosiddetta sinistra sionista potrebbe unirsi a un governo di coalizione guidato da Naftali Bennett: le loro differenze sono irrilevanti.

Una maggioranza non rappresentata

Israele governa la maggioranza dei palestinesi, ma lo Stato di Israele si comporta come se questi non esistessero. I palestinesi e gli interessi palestinesi hanno poca o nessuna rappresentanza nelle istituzioni statali. Il più delle volte, le agenzie governative dispongono di un “esperto di affari arabi” che non è palestinese e tuttavia parla dei loro problemi. La coalizione guidata da Bennett è stata applaudita come inclusiva perché comprende un partito arabo islamico. Tuttavia, qualsiasi aspettativa che questo governo soddisfi i bisogni dei cittadini palestinesi di Israele è fuorviante.

L’Alto Comitato di Controllo per gli Affari Arabi è una confederazione che agisce di fatto come rappresentante dei cittadini palestinesi di Israele. È composto dai leader delle varie organizzazioni politiche e civiche all’interno di quella comunità. I membri provengono da precedenti incarichi come capi arabi delle autorità locali e dalle principali organizzazioni e partiti arabi all’interno della comunità palestinese del 1948. A causa del loro status precario all’interno dello Stato sionista, non possono partecipare a elezioni dirette. Tuttavia, vi sono stati appelli da parte della comunità ad impegnarsi in elezioni dirette per posizioni all’interno del Comitato. Ciononostante, lo Stato israeliano ha chiarito che non avrebbe consentito un “parlamento” arabo effettivo all’interno della comunità del 1948.

Ra’am, o Lista Araba Unita, l’unico partito politico palestinese che fa parte della coalizione Bennett, rappresenta il ramo meridionale del Movimento Islamico in Palestina. È nato quando alcuni membri del Movimento Islamico all’interno della Palestina del 1948 hanno deciso di partecipare alle elezioni israeliane e hanno abbracciato gli “accordi di pace” di Oslo. La fazione meridionale non deve essere confusa con il ramo settentrionale del Movimento Islamico, guidato dallo sceicco Ra’ed Salah e messo al bando da Israele per la sua posizione contro lo stato di apartheid. Lo stesso Ra’ed Salah è stato perseguitato dallo Stato sionista ed è stato arrestato numerose volte per le sue attività politiche antisioniste.

All’interno dello stesso partito Ra’am, ci sono seri disaccordi riguardo la decisione di aderire alla coalizione. Infatti, l’unico membro della Knesset che ha permesso alla coalizione di vincere il voto alla Knesset con uno scarto 60-59 è del partito Ra’am. 

Il membro della Knesset Sa’id Elharoumi, la cui astensione dal voto ha permesso alla coalizione di andare avanti, sta ora esprimendo serie preoccupazioni per il governo. Viene citato per le sue affermazioni che se il governo non raggiungerà un accordo che garantisca i diritti alle terre e il rispetto della popolazione beduina palestinese nel Naqab, ci saranno conseguenze che “metteranno in pericolo l’intera realtà politica in Israele”. In altre parole, a meno che ai cittadini palestinesi del Naqab non vengano concessi i diritti che meritano, il partito, o parti di esso, possono revocare il loro sostegno alla fragile coalizione.

Tuttavia, la decisione di Ra’am di unirsi alla coalizione guidata da Bennett è malvista da altri palestinesi e i membri del Comitato di Controllo chiedono l’uscita di Ra’am dal governo. Secondo un rapporto della rivista araba Arab-48, Ahmed Khalifa del movimento Abna’a El-Balad, che ha avviato la procedura per espellere i membri Ra’am, avrebbe dichiarato:

“Per noi di Abna’a El-Balad, non c’è posto per alcun intermediario del governo israeliano all’interno del Comitato di Controllo, qualunque sia il suo nome. La legittimità del Comitato sussiste principalmente perché è un corpo unitario che affronta i governi israeliani e si oppone alle loro politiche”.

Sfruttamento, non inclusione

L’inclusione di Ra’am nella coalizione non è un segno di autentica inclusione, neanche quella del governo israeliano che mostra improvvisamente preoccupazione per i bisogni dei suoi cittadini palestinesi. È più un tentativo di sfruttare i politici arabi palestinesi che i sionisti sono disposti a sopportare per tutto il tempo necessario e per il cui sostegno devono dare il minimo in cambio. Questo è  un riflesso delle tendenze razziste del nuovo governo e della mancanza di integrità dei membri di Ra’am.

Il sostegno internazionale al disordinato mosaico di una coalizione che ora costituisce il governo di Israele è il risultato dell’errata convinzione che la Palestina stia sanguinando a causa di un particolare governo o di un singolo Primo Ministro. Il problema in Palestina è il sistema sionista di oppressione, occupazione e apartheid. La soluzione non può essere trovata all’interno di quel sistema.

(*) Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. E’ autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five”.

 

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org