I resti esplosivi delle bombe sganciate da Israele significano che molti a Gaza stanno ancora “combattendo una battaglia ogni giorno”
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Maha Hussaini , Frank Andrews – 16 agosto 2021
Gaza City, Striscia di Gaza assediata/Londra — Settimane dopo la fine del più recente bombardamento israeliano sulla Striscia di Gaza, il 9 giugno, il sedicenne Ahmed al-Dahdouh andò a prendere il fratello minore, Obaida, dalla casa dello zio nel quartiere orientale di Gaza, al-Zaitoun.
Obaida, nove anni, chiamò suo fratello mentre stavano attraversando il cortile ombreggiato dagli alberi della loro casa di famiglia: “Ho trovato delle schegge”.
Ahmed vide che stava tenendo in mano qualcosa.
“Gli ho chiesto cosa fosse e lui l’ha gettato a terra”, ha detto Ahmed a Middle East Eye. “È esploso”.
Obaida fece alcuni passi stordito e cadde. ” Sono andato verso di lui”, ha detto Ahmed, “poi abbiamo perso entrambi conoscenza”.
Erano circa le 18 quando il padre, Salahuddin, sentì l’esplosione.
Trovò Ahmed che con la mano cercava di coprire una ferita sul collo del suo fratellino. Salahuddin lo toccò e sentì un sottile pezzo di metallo, che gli cadde in mano.
“La ferita era molto profonda. Ogni volta che provavo a coprirla, tre dita della mia mano entravano all’interno”, ha detto Salahuddin, gesticolando.
Poco dopo, un medico dell’ospedale al-Shifa inizò a operare Obaida per salvargli la vita.
Anche Ahmed fu operato. L’esplosione aveva provocato la frattura delle ossa e dei vasi sanguigni del mignolo, che fu amputato. Indossa ancora una benda e la mano ha supporti di platino.
Sdraiato in un letto di terapia intensiva in un’altra parte dell’ospedale, con due dei suoi zii in attesa nel corridoio, Obaida smise di respirare alle 3 del mattino.
“Stavo correndo tra i due [figli], ma sapevo che il caso di Obaida era senza speranza- che era cerebralmente morto”, ha detto Salahuddin.
I medici hanno detto a Salahuddin che una miccia inesplosa di una bomba aveva ucciso suo figlio. Avevano riconosciuto le schegge nel collo e nella spina dorsale.
Salahuddin crolla ricordando il suo ultimo pasto con Obaida prima dell’esplosione: avevano avuto un budino di riso per dessert.
“Gli chiesi di darmene un po’”, ha detto Salahuddin, con la voce rotta dall’emozione. Obaida mi rispose: “Ci sono molti [altri] piatti. Questo è mio”.
In seguito, Salahuddin ha ricordato: “Gli chiesi di stare con me, ma mi disse che voleva raggiungere suo fratello Ahmed al piano di sotto.
“Non sarà dimenticato. Sorrideva sempre fin da quando era un bambino. Anche se lo sgridavi, sorrideva.”
Sepolte tra le macerie
Non tutte le bombe esplodono quando colpiscono. I raid aerei lasciano dietro di sé detriti esplosivi, o bombe completamente intatte, che giacciono per le strade, sepolte tra le macerie o in profondità sotto gli edifici.
E gli ordigni inesplosi, anche vecchi di decenni, possono esplodere improvvisamente quando vengono spostati.
Sebbene incidenti come quello che ha ucciso Obaida al-Dahdouh siano relativamente rari, i resti esplosivi delle bombe sganciate da Israele rappresentano una seria minaccia per la vita degli abitanti di Gaza nell’enclave assediata.
“Negli ultimi tre anni, la Striscia di Gaza ha visto circa un incidente causato da residuati bellici esplosivi ogni mese”, ha detto a Middle East Eye Suhair Zakkout, portavoce del Comitato internazionale della Croce Rossa (ICRC) a Gaza.
Secondo le Nazioni Unite, tra il 2009 e il 2020 sono state segnalate quarantuno persone uccise e 296 ferite da bombe inesplose.
Gli ordigni inesplosi disseminati nella Striscia di Gaza dopo ogni bombardamento israeliano hanno altre gravi conseguenze. Le persone vengono sfollate dalle loro case e scuole, non riescono a guadagnarsi da vivere e rimangono con problemi psicologici duraturi.
In 11 giorni a maggio, quando i razzi lanciati da gruppi militanti tra cui Hamas da Gaza uccisero in Israele 13 persone, Israele lanciò 2.750 attacchi aerei e 2.300 proiettili di artiglieria sulla Striscia di Gaza, secondo l’Euro-Med Human Rights Monitor, uccidendo 248 palestinesi, di cui 66 bambini. Entrambe le parti potrebbero aver commesso crimini di guerra.
Il team di artificieri (EOD) del ministero degli interni di Gaza non ha calcolato quanti resti esplosivi ha incontrato dall’offensiva di maggio.
Ma Mohamed Miqdad dell’EOD ha detto a MEE che l’unità ha condotto 1.170 missioni dall’inizio dell’ultimo bombardamento, facendo brillare bombe inesplose e controllando le case alla ricerca di detriti esplosivi.
L’EOD ha anche identificato 16 bombe inesplose ancora sepolte in profondità sotto case civili, terreni e negozi in tutta la Striscia.
L’ONU ha stimato a giugno che il 30 percento delle macerie rimaste dall’offensiva, circa 110.000 tonnellate, fosse stato ripulito. Le rovine non ancora bonificate rimangono mortalmente pericolose, soprattutto per i bambini che giocano e per le persone che cercano di salvare i loro averi.
Residuati bellici
Intorno alle otto del mattino del 12 maggio, l’intelligence israeliana chiamò Saadallah Dahman, 62 anni, e sua moglie nella loro casa nel campo profughi di Jabalia, nel nord di Gaza, per informarli che il loro edificio stava per essere bombardato.
“Ci dissero che avevamo 10 minuti”, ha detto Dahman a MEE, “e che gli aerei da guerra erano già sopra la casa”.
Una bomba Mark-84 da 925 kg rase al suolo il lato sinistro dell’edificio. Una seconda cadde attraverso i cinque piani sulla destra e si conficcò diversi metri sottoterra senza esplodere.
Mesi dopo, è ancora lì.
Le sei famiglie dell’edificio – 36 persone, di cui 22 bambini – rimangono sfollate. La maggior parte ha affittato case nelle vicinanze.
Nessuna organizzazione tiene il conto di quanti delle migliaia di abitanti di Gaza ancora sfollati dall’offensiva di maggio sono stati trattenuti dal tornare a casa a causa di ordigni inesplosi. Stesso discorso per i dati sulle scuole che restano chiuse per la presenza di residuati.
Ma l’OED ha detto a MEE che quattro scuole gestite dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e il lavoro per i rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) rimangono permanentemente chiuse a causa delle bombe sepolte in profondità nel terreno sotto di loro. Un portavoce dell’UNRWA non ha risposto alle richieste di commento.
Queste bombe sono molto più difficili da rimuovere.
Abbiamo sentito l’esplosione e [la gente] ha detto che il missile non era esploso. Abbiamo trovato il missile sul letto. Mia figlia è svenuta quando l’ha visto” – Residente di Gaza
Bombe sepolte in profondità
Il Mine Action Service (UNMAS) delle Nazioni Unite aiuta le autorità di Gaza a smaltire le cosiddette bombe sepolte in profondità. Miqdad una volta ne vide una a 18 metri di profondità – e possono volerci settimane per essere localizzate, disinnescate, estratte e smaltite. Le 16 bombe ancora sparse nell’enclave dal bombardamento di maggio sono tutte sepolte in profondità.
Molte di esse potrebbero essere Mark-84, o MK-84, una bomba su cui Israele ha fatto molto affidamento nell’offensiva più recente, nonostante il suo alto rischio di danni collaterali.
Un video dell’UNMAS da Gaza nel 2017 mostra gli artificieri mentre creano una sorta di pozzo per arrivare a una Mark-82. Gli operatori EOD, che devono strisciare sottoterra per disinnescare una bomba prima che possa essere rimossa, a volte hanno bisogno dell’ossigeno per poter scavare i tunnel.
Ma l’alternativa, lasciare le bombe nel terreno, non è un’opzione.
Primo perché potrebbero esplodere. Se qualcuno che costruisce su un terreno colpisse accidentalmente una bomba sepolta in profondità, potrebbe spazzare via un intero quartiere.
Inoltre, se i crateri che lasciano sulla loro scia – che possono essere larghi 15 metri – non vengono coperti, ha detto Miqdad dell’EOD, “persone e auto possono facilmente cadervi dentro”.
Più difficile da quantificare, ma non per questo meno immediato, è l’impatto psicologico di sapere che una bomba si nasconde nella terra sottostante.
Pedaggio psicologico
Un giorno prima dell’entrata in vigore del cessate il fuoco a maggio, un Mark-84 sfondò il tetto della casa di Ramzi Abu Hadayed, a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, e precipitò in una camera da letto. L’aviazione israeliana non aveva dato alcun preavviso, secondo la famiglia. L’IDF non ha risposto a una domanda sull’incidente.
Durante la discesa, la miccia della bomba si è rotta ed è esplosa separatamente, lasciando intatto il resto del missile, secondo l’EOD.
“Grazie a Dio il missile non è esploso”, ha detto la suocera di Abu Hadayed, visibilmente scossa, in un’intervista che è circolata su Facebook.
I cinque figli della famiglia erano al piano di sotto quando la bomba ha colpito.
“Abbiamo sentito l’esplosione e [la gente] ha detto che il missile non era esploso. Siamo venuti a vedere e abbiamo trovato il missile sul letto”, ha detto. “Mia figlia è svenuta quando l’ha visto.”
Secondo lo psichiatra Yasser Abu Jamei, che dirige il Gaza Community Mental Health Program (GCMHP), le oltre due milioni di persone di Gaza sono state probabilmente tutte soggette a traumi a causa dei bombardamenti israeliani nel corso degli anni.
“Tutti hanno sperimentato i bombardamenti o ne hanno visto il risultato: la distruzione di edifici in diversi quartieri”, ha detto a Middle East Eye.
“Perché una persona si riprenda dal trauma, deve sentire che l’evento scioccante è finito, che non si ripeterà e che è totalmente al sicuro.
“Ma le persone a Gaza non raggiungono questo livello di sicurezza, perché sperimentano continuamente segnali che evocano la memoria di eventi traumatici”.
Un esempio, ha detto, sono i droni israeliani che ronzano costantemente in alto.
“Un altro esempio sono le bombe inesplose. Se esplodono, accadrà un altro evento scioccante… E se non esplodono, sono nelle case delle persone e i residenti sanno che sono lì, quindi non si sentono mai al sicuro”.
Secondo i dati diffusi dall’UNMAS prima dell’offensiva di maggio, lo scorso anno 1,9 milioni di abitanti di Gaza erano a maggior rischio di esposizione a residuati bellici esplosivi.
Alcuni si abituano al pericolo, però. Dopo il recente bombardamento, i bambini sono stati fotografati seduti su ordigni inesplosi, spesso in presenza di adulti, nonostante i gravi rischi.
Altri sentono di non avere altra scelta che rischiare una possibile esplosione.
Perdita dei mezzi di sussistenza
Molti dei raccoglitori di rottami metallici di Gaza, per esempio, vivono in condizioni così difficili che sentono di non avere altra scelta che continuare a raccogliere detriti.
Sono ad alto rischio, secondo UNMAS, insieme agli agricoltori, che si imbattono in resti esplosivi appena sotto la superficie della loro terra, resti che potrebbero anche essere pericolosamente tossici.
Ordigni dispersi significa anche che non si può lavorare.
Il primo giorno dell’ultima offensiva israeliana, il 10 maggio, Taha Shurrab chiuse il suo negozio di abbigliamento femminile, situato ai primi due piani di un edificio residenziale di cinque piani in un mercato sovraffollato a Khan Younis, nel sud di Gaza.
Dieci giorni dopo, qualcuno che abitava sopra il negozio gli telefonò: gli israeliani avevano concesso loro 15 minuti per sgomberare l’edificio.
“Decisi di restare a casa”, ha detto Shurrab, 44 anni. “Non volevo vedere le mie merci e i miei soldi bruciare davanti ai miei occhi. Gestisco questo negozio con i miei fratelli da quando avevo 15 anni”.
Quella sera, due ore dopo l’attacco, l’EOD chiamò Shurrab e gli chiese di aprire la porta. Cercavano una bomba inesplosa.
“Quando sono entrati e hanno visto i resti e i buchi nel soffitto e nel pavimento”, ha detto Shurrab, “hanno confermato che il missile era ancora da sette a otto metri sottoterra”.
A Shurrab non è permesso riaprire il negozio prima che il missile sia stato eliminato. Ha dato dei vestiti ad altri negozianti da vendere, ma non ha ancora abbastanza soldi per l’affitto.
“Provo compassione per me stesso per dover ammettere questo. Sono un noto commerciante: non sono un mendicante.”
Muhammed al-Hindi, uno dei proprietari dell’edificio, ha affermato che conteneva sei negozi e 10 appartamenti, che ospitavano circa 50 persone che ora sono sfollate.
“A giorni alterni, i nostri vicini chiamano per chiedere quando verrà rimosso il missile. Sono spaventati, soprattutto perché l’area è densamente popolata”, ha detto.
Nonostante il pericolo, le autorità non possono chiudere l’intera area: migliaia di persone fanno acquisti al mercato ogni giorno.
“I negozianti intorno a noi vengono ancora e aprono i loro negozi ogni giorno: cosa possono fare?” chiese hindi.
Decenni di detriti
L’EOD si imbatte occasionalmente in bombe inesplose di attacchi israeliani di anni, anche di decenni fa.
La sola guerra di Gaza del 2014 ha lasciato 7.000 resti di esplosivi.
Lo scorso aprile l’EOD ha trovato un guscio di fosforo bianco rimasto dall’offensiva israeliana del 2009. (L’uso di tali proiettili nelle aree civili è un crimine di guerra.)
Il ministero degli interni di Gaza ha immagazzinato da 50 a 60 di questi proiettili in serbatoi d’acqua – il fosforo bianco viene attivato dall’ossigeno – in un magazzino in un’area disabitata a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, dove, dicono le autorità, non rappresentano una minaccia per la gente del posto.
Tuttavia, non li hanno ancora eliminati, per mancanza di fondi e di conoscenze tecniche.
Secondo Miqdad, i residenti della Striscia, in particolare i contadini nelle aree adiacenti ai confini con Israele, trovano talvolta missili inesplosi conficcati nel terreno.
“Tre anni fa a Khan Younis, abbiamo smaltito le mine antiuomo risalenti agli egiziani negli anni ’70”, ha detto Miqdad a MEE, riferendosi a quella che è conosciuta dagli arabi come la Guerra d’Ottobre e dagli israeliani come la Guerra dello Yom Kippur.
Le bombe hanno meno probabilità di esplodere 10 giorni dopo il lancio, ha detto, perché le loro batterie di riserva si scaricano. Ma “gli esplosivi non hanno una data di scadenza precisa, possono durare 150 anni”.
Nel 2019, due persone morirono quando una bomba residua della seconda guerra mondiale esplose in un garage in Polonia.
Mancanza di attrezzatura
Quando l’EOD viene chiamato, porta gli ordigni in un sito di stoccaggio temporaneo ed esegue un’esplosione controllata.
Il suo lavoro quotidiano tende usualmente a non essere costoso, ma richiede tempo e può essere pericoloso.
Quattro tecnici EOD rimasero uccisi nell’agosto 2014 quando una bomba israeliana che stavano recuperando esplose. Rimasero uccisi anche due passanti e due giornalisti: Simone Camilli, italiano, e Ali Abu Afash, palestinese.
Miqdad ha affermato che alla sua squadra mancano le attrezzature, “compresi bulldozer, tute protettive esplosive e veicoli per il trasporto di esplosivi”.
“[Il team] non ha strumenti speciali, giubbotti protettivi, elmetti di sicurezza e robot per il controllo a distanza”, ha affermato. “Ci mancano anche le attrezzature di scavo. L’occupazione israeliana impedisce l’importazione di questi oggetti.
“Attualmente utilizziamo veicoli regolari per trasportare bombe inesplose e questo rappresenta un rischio enorme per la squadra e i residenti”.
Un video girato a maggio dopo che una bomba Mark-84 ha colpito la casa di Abu Hadayed a Khan Younis senza esplodere, mostra mentre viene caricata da una gru sul retro di un furgone a pianale ribassato.
“Ma dopotutto, cosa possiamo fare?” chiese Miqdad. “Questo è un lavoro umanitario. Lavoriamo per eliminare la morte e rimuovere il danno”.
L’EOD ha confermato di aver precedentemente eliminato i resti esplosivi dei razzi lanciati da militanti palestinesi che non hanno raggiunto i loro obiettivi.
“La stanza sbagliata”
Secondo l’ONG Action On Armed Violence (AOAV) con sede nel Regno Unito, le bombe moderne sganciate in un conflitto falliscono circa il 5% delle volte, a seconda di diversi fattori, incluso il modo in cui sono state conservate e dove sono state costruite. Solo le forze armate israeliane sanno qual è il loro esatto tasso di fallimento. Un portavoce dell’IDF non ha risposto a una domanda al riguardo.
Ma l’MK-84, la più comune delle bombe che l’EOD ha trovato durante l’offensiva di maggio, potrebbe guastarsi molto più frequentemente.
In un’intervista del 2016, il vicepresidente del settore ingegneristico presso le industrie militari israeliane – ora parte del produttore di armi israeliano Elbit Systems – affermò che gli MK-84 vengono utilizzati con le munizioni ad attacco diretto congiunto (o JDAM), kit sviluppati dagli Stati Uniti che producono “bombe stupide” guidate utilizzando il GPS. L’aeronautica israeliana le utilizzò durante la guerra del Libano del 2006, e il 40% di esse non esplose.
Un kit JDAM “cambia il comportamento degli [MK-84]”, ha detto Dani Peretz.
Ciò significava che in alcuni casi “la bomba raggiunse il bersaglio ma… colpì la stanza sbagliata” e in altri “la miccia si staccò dalla bomba e non esplose”.
L’azienda ha quindi sviluppato una nuova bomba, l’MPR-500, che, a suo dire, colpisce e distrugge il 95% dei suoi bersagli – percentuale molto più alta dell’MK-84, efficace solo il 60% delle volte – e molto meno probabile che causi danni collaterali.
Ma a differenza del 2012 e del 2014, ci ha detto l’EOD, non hanno trovato prove dell’uso di MPR-500 a maggio, nonostante l’IDF abbia confermato di avere le nuove bombe nel proprio arsenale.
Il fatto che Israele sembri aver sganciato consapevolmente bombe malfunzionanti solleva ulteriori interrogativi sulla proporzionalità del suo ultimo bombardamento, in particolare quando avrebbero avuto accesso ad armi propagandate come più mirate.
“Se l’esercito israeliano ha scelto di usare bombe meno precise e con maggiori probabilità di malfunzionamenti, ciò mostra un preoccupante disprezzo per evitare vittime civili”, ha detto a MEE Murray Jones, un ricercatore dell’AOAV.
‘Siamo ancora in guerra’
La famiglia Al-Rantissi, la cui casa nella parte occidentale di Gaza è stata colpita senza preavviso da due missili israeliani intorno alle 4 del mattino del 18 maggio, rimane inutilizzata a causa di un missile inesploso ancora conficcato sotto la loro casa.
Dopo l’attacco, due membri della famiglia, tra cui una ragazza di 14 anni e un uomo di 27, hanno manifestato sintomi di disturbo da stress post-traumatico.
“Abbiamo affittato una casa vicino a casa nostra fino a quando il missile non sarà smaltito, ma non ci sentiamo a nostro agio lì e ci sentiamo senza casa. Preferiremmo vivere proprio sopra il missile piuttosto che vivere questa esperienza di spostamento”, ha detto Muhammed al-Rantissi a MEE .
“Gli esperti stranieri di esplosivi che sono venuti a vedere la bomba ci hanno detto che avrebbero scavato manualmente un buco per rimuoverla, perché non possono usare attrezzature pesanti in questi casi. Non possiamo aspettare che venga finalmente rimossa.
“E’ proprio come promettere la ricostruzione di Gaza, continuano a rimandare tutto e non succede nulla”, ha aggiunto. “La guerra non è ancora finita; la stiamo vivendo ogni giorno, finché il missile resterà in casa nostra”.
Rakan Abed El Rahman e Hossam Sarhan di Middle East Eye hanno contribuito a questo rapporto.
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org