La narrativa sionista è probabilmente responsabile dell’atteggiamento di accoglienza e di perdono che il mondo intero ha nei confronti degli orrendi e imperdonabili crimini commessi da Israele sin dalla sua fondazione nel 1948.
Fonte: English version
Di Miko Peled – 20 settembre 2021
PALESTINA — Mentre scrivo, gli ultimi due prigionieri palestinesi ancora in libertà evasi dalla prigione di Gilboa sono stati catturati dalle autorità israeliane. La Palestina continua a reagire a questa fuga coraggiosa e alla conseguente cattura dei sei prigionieri politici che sono fuggiti e hanno sfidato l’intero apparato di sicurezza israeliano. Tuttavia, anche se sono riusciti a liberarsi da questa prigione di massima sicurezza, hanno trovato un mondo a cui non importa. Il resto del mondo non si è fatto avanti per salvare questi uomini coraggiosi e non ha fornito loro rifugio, e così sono stati catturati.
Una delle grandi tragedie della Palestina è che quasi ogni giorno si commemora un massacro o un altro, la morte di un bambino o la distruzione di una casa o di un villaggio, portando a pensare che la narrativa palestinese sia una storia di morte e distruzione, che è ciò che Israele vuole che la gente pensi.
Ma la verità è che non è così. La narrativa palestinese è quella di una storia gloriosa con periodi di grande tristezza e tragedia. È la storia sionista che è piena di uccisioni, furti e distruzioni e non, come cercano di far credere, di creazione e sviluppo.
Il 16 settembre 2021 ha segnato 39 anni dai massacri nei campi profughi di Sabra e Shatila in Libano. Mentre le persone ricordano e piangono le migliaia di civili disarmati che sono stati massacrati e gli innumerevoli che sono sopravvissuti a terribili ferite e cicatrici i emotive, dobbiamo anche ricordare l’uomo che si trovava dietro questo bagno di sangue.
Costui era un uomo la cui complicità nemmeno le autorità israeliane potevano ignorare, l’ex generale e noto criminale di guerra Ariel Sharon. E sebbene sia stato momentaneamente deposto e bandito dalla politica, tornò molto rapidamente e per un quarto di secolo è stato l’uomo più potente e influente nella politica israeliana.
Narrazioni
In fin dei conti, è tutta una questione di narrativa, e sappiamo fin troppo bene che Israele ha fatto un lavoro eccezionale cancellando la narrativa palestinese e sostituendola con la sua narrativa mitologica e falsa. Nei media, nei film, nella letteratura, nell’istruzione pubblica e in politica la falsa narrativa sionista regna sovrana e noi che ci opponiamo al razzismo e alla violenza ci troviamo di fronte a un compito enorme mentre ci impegniamo nel lavoro di correggere la narrazione, un compito senza il quale è difficile immaginare che la Palestina possa mai diventare libera.
Negli ultimi 100 anni, il movimento sionista è riuscito a prendere la storia davvero incredibile della Palestina e trasformarla in una nota storica, sostituendola con una storia mitologica che si basa molto su una lettura letterale protestante-sionista dell’Antico Testamento, che ha permesso loro di creare quella che è conosciuta come “storia del ritorno”. In altre parole, la versione sionista della storia della Palestina crea l’impressione che gli ebrei siano tornati alla loro antica patria dopo 2000 anni, rendendolo un evento storico senza precedenti che oscura qualsiasi altra cosa sia avvenuta in Palestina in quei due millenni.
La narrativa sionista è progettata per trasformare l’antica storia della Palestina in una storia marginale e senza importanza che non può essere paragonata alla grandezza della narrazione presentata dall’Antico Testamento. Ciò è evidenziato quando politici israeliani come l’attuale Primo Ministro, Naftali Bennett, fanno riferimento alla Bibbia come fonte di legittimità per Israele.
Una storia di quattromila anni
Grazie allo storico Nur Masalha, ora sappiamo che il nome Palestina risale a quasi 4.000 anni fa. Sappiamo che il nome Palestina era usato nelle fonti egiziane risalenti all’età del bronzo, oltre il 1000 a.C. Più tardi, il nome fu usato dagli Assiri nelle iscrizioni di quell’epoca. Lo storico greco Erodoto, vissuto nel V secolo a.C. e considerato il padre della storia come la conosciamo, visitò il paese e vi si riferì come Palestina. Anche lo scienziato e filosofo greco Aristotele si riferisce alla Palestina per nome nei suoi scritti.
Le città di Lyd, Ramle e Yaffa avevano tutte storie notevoli, così come le città di Akka, Haifa e, naturalmente, Nablus, Gaza e Al-Quds-Gerusalemme. Durante il dominio musulmano della Palestina, le città crebbero, le culture fiorirono, le condizioni economiche e il commercio con l’Europa permisero alle persone di prosperare. Dhaher Al-Umar, che governò su gran parte della Palestina durante il XVIII secolo, è considerato il padre fondatore della modernità palestinese e, secondo Nur Maslaha, fu la figura più influente nell’orientamento moderno della Palestina verso il Mediterraneo. Durante il suo regno in Palestina, furono introdotte innovazioni tecniche e agricole che “beneficiarono la maggior parte dei contadini palestinesi”. Grazie a Dhaher Al-Umar, c’è stata una notevole crescita nell’esportazione di cotone, olio d’oliva, grano e sapone.
Altre parti meno conosciute della Palestina prosperarono nel corso della storia, come la città palestinese di Khalasa, fondata dagli arabi nabatei nel IV secolo e poi spopolata dalle milizie sioniste nel 1948. Era conosciuta per essere su quella che viene chiamata la “via dell’incenso arabo” e, secondo Nur Masalha, sotto il dominio arabo-islamico, la città, che si trova appena a sud-ovest della città di Bi’r Al-Saba, era un importante centro urbano.
Secondo Mansur Nasasra, i beduini palestinesi del Naqab avevano un’esportazione molto redditizia di orzo in Inghilterra per la produzione di birra. Le foto aeree della prima occupazione britannica della Palestina mostrano anche ampi tratti di terra coltivata nel Naqab. Queste terre sono ora per lo più spopolate e ai beduini palestinesi nel Naqab è proibito coltivare le loro terre ancestrali. Tutto questo contrasta con le affermazioni sioniste secondo cui sono venuti in una terra arida e l’hanno fatta fiorire.
La narrativa sionista è probabilmente responsabile dell’atteggiamento di accoglienza e di perdono che il mondo intero ha nei confronti degli orrendi e imperdonabili crimini commessi da Israele sin dalla sua fondazione nel 1948. Al fine di prevenire il prossimo massacro di Israele, uno Stato che sembra avere una sete insaziabile di sangue palestinese, dobbiamo correggere la narrativa e delegittimare il sionismo.
Foto: Immagini dalla Palestina, dall’Arabia settentrionale e dal Sinai, approssimativamente l’anno 1905. Bernhard Moritz | Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti
Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. E’ autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five”.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org