«Come vedi, con una gamba sola… ma ancora qualche mese e tornerò di nuovo a darvi fastidio con la palla»
Tratto da “Foglie di gelso” pag. 94
Ahmed amava giocare davanti a casa e correre lontano verso il sole. Scavare, picchiare, rompere e magari scalare i piccoli alberi nelle case dei vicini. Suonare i campanelli delle abitazioni del campo e, ridendo, correre via per non essere acciuffato assieme ai suoi amici.
Arrampicarsi sul tetto di casa e sedersi sotto due travi di legno a meditare in pace; a volte, guardava verso il campo provando a memorizzare i luoghi che avrebbe potuto adibire a rifugio segreto, altre, ascoltava i rumori e le urla dei bambini.
Amava il calcio più dello studio. Passava gran parte della giornata calciando la palla contro i muri, tra i murales e le scritte che i ragazzi avevano fatto durante e dopo la prima Intifada. Mentre calciava la palla chiedeva ai passanti il significato di quegli slogan che attiravano la sua attenzione e ogni tanto, la sera, correva da suo padre e lo interrogava per saperne di più.
Ahmed allora non conosceva la politica, e probabilmente l’immagine del campo e il significato di essere un rifugiato non avevano ancora preso forma nella sua mente. Ciò che più gli importava era di non trovare una pozza d’acqua nel piccolo spiazzo davanti a casa dove era solito giocare. Forse è stato proprio quello spiazzo a insegnargli la prima lezione sulla patria; proprio quello spiazzo aggiunse vent’anni di dolore alla sua rosea età.
Non capì quello che stava succedendo. Ciò che vide in quel momento fu lo spezzone di una scena inusuale. Non era pronto a esser testimone di verità di cui si paga il prezzo con la propria vita. Un gruppo di uomini a viso coperto fece irruzione nel suo campo da gioco e, senza chiedere nulla, sparò due colpi che fecero cadere lui e la sua palla.
Era una delle irruzioni israeliane nel campo di Dheìsheh: un gruppo di militari in borghese era entrato nel campo per arrestare un ragazzo. Quel mattino Ahmed era stato l’unico che per sbaglio aveva scoperto della loro irruzione e, forse proprio per questo, le forze di Occupazione gli avevano sparato due colpi.
Quindici anni e tanti ricordi… Il richiamo alla preghiera della moschea, l’albero di china nell’angolo lontano, le scarpe nuove, la voce di sua madre che gli chiede di comprare il necessario per la casa. Quindici anni era l’età della sua gamba sinistra, prima che venisse amputata a seguito della ferita di quel giorno.
Quindici anni e Ahmed sogna la sua gamba sinistra mentre cammina in silenzio in una marcia simbolica per seppellirla nel cimitero dei caduti. Non si bagnerà più sotto la pioggia, non correrà più tra i vicoli del campo e le buche della strada, non importunerà più i vicini con la sua palla che, al momento della caduta, è rotolata al cospetto della verità. Non sognerà più tanto e probabilmente non andrà lontano…
Lo incontrai un mattino mentre camminava sorreggendosi alle stampelle:
«Ahmed! Come stai?».
«Come vedi, con una gamba sola… ma ancora qualche mese e tornerò di nuovo a darvi fastidio con la palla», rispose scherzando. Poi continuò il suo percorso ripetendo:
«Ancora qualche mese… ancora qualche mese…».
Racconto tratto da: FOGLIE DI GELSO racconti palestinesi. Aysar Al-Saifi ed. Prospero editore – ISBN 978-88-31304-21-4 – 13 euro
Prefazione Luisa Morgantini, postfazione Chef Rubio.