Lo stato libanese riconosce e accetta di registrare i matrimoni civili contratti al di fuori del Libano, ma non esiste una legge che li permetta all’interno del Paese.
Fonte: english version
Yara Debs – 27 ottobre 2021
Mi sono innamorata di un giovane cristiano, io, figlia di una famiglia musulmana del sud del Libano. Le cose sembravano facili e non abbiamo avuto difficoltà a convincere i nostri genitori della nostra relazione, poiché la mia famiglia non è religiosa e alcuni miei parenti avevano già sperimentato il matrimonio civile a Cipro.
La famiglia di mio marito è religiosa, ma ha accettato me e la decisione del figlio. Anche se è l’unico della famiglia che si è sposato al di fuori della sua setta, non hanno obiettato al nostro desiderio di avere un matrimonio civile.
Ma c’è stata un’improvvisa pletora di reazioni inquietanti provenienti dalla nostra cerchia sociale più ampia, che si è permessa di commentare e mettere in discussione il futuro dei nostri figli, la loro educazione e come avremmo affrontato le differenze culturali. Un amico musulmano “osservante” mi ha persino detto che i bambini che nascono in un matrimonio non religioso sono bastardi. Questo è stato il commento peggiore che abbia mai sentito.
Sono passati mesi da quando ci siamo sposati e ancora a volte sento commenti strani, come qualcuno che dice che non si sentiva come se mi fossi sposata, perché ogni matrimonio che non è soggetto alle condizioni dell’autorità sociale e religiosa non è un matrimonio riconosciuto dalla setta .
Oggi io e mio marito viviamo negli Stati Uniti. Nonostante ciò, la domanda più frequente a cui devo rispondere quando incontro persone libanesi è: “Da dove vieni?” Lo scopo di questa domanda è determinare la mia appartenenza religiosa a seconda della regione da cui provengo in Libano.
– Rispondo: Dal sud.
– Il Sud? Intendi Jezzine? (una regione abitata da una maggioranza cristiana)
– No, da Nabatieh. (abitato dalla setta sciita).
Noto come alcuni si confondono, e non capiscono come mio marito sia cristiano e come io venga da una zona dove non ci sono cristiani. La maggior parte di queste persone proviene da un contesto cristiano e ha lasciato il Libano dopo la guerra civile o prima che finisse. In esilio, non hanno socializzato con altri se non con quelli del proprio ambiente.
Dopo essermi sposata, ho iniziato a sentire storie di persone che soffrono solo perché amano qualcuno al di fuori della loro setta. Un mio amico cristiano ha annunciato ai suoi genitori che ama una ragazza musulmana e, sebbene l’abbiano accettato, sua sorella, che ama un uomo musulmano, sente che sarebbe impossibile per lei dire loro della sua relazione.
Il collasso economico complica ulteriormente le cose
Prima di innamorarsi di Dominic, Roa’a non avrebbe mai pensato che avrebbe provato timore quando per lei fosse arrivato il momento di dire alla sua famiglia che era innamorata. Dice a Raseef22 che la ragione della sua paura era dovuta alle sue parenti donne che avevano amato giovani uomini al di fuori della setta prima di lei, ma alle quali la pressione della famiglia aveva impedito di continuare la relazione. Quindi ha tenuto segreta la sua relazione perché pensava che la famiglia l’avrebbe ostacolata.
Roa’a viene dal villaggio sciita di Adloun. Ha studiato letteratura francese e ha incontrato Dominic mentre frequentava i corsi del Civil Service Council per diventare professoressa di educazione. Dominic andava da lei nella sua città nel sud del Libano per studiare insieme e avevano iniziato a provare sentimenti reciproci che si erano trasformati in una relazione. Roa’a non aveva osato dirlo a nessuno perché appartengono a due religioni diverse. Ha solo detto a suo fratello che aveva una relazione con un uomo cristiano cattolico, dal momento che lui non la pensa come il resto della sua famiglia. Lo ha invece nascosto a sua sorella nonostante la loro stretta relazione, temendo la sua reazione.
Roa’a racconta quello che ha passato prima di riuscire a rivelare che amava un cristiano: “Questo problema mi ha richiesto un grande sforzo psicologico, e non l’avrei fatto (rivelare la mia relazione) se non fosse stato per i crescenti ostacoli che ostacolavano la nostra possibilità di incontrarci”. Continua: “Veniamo da due comunità diverse e non godevo della completa libertà di incontrarlo perché sono una giovane donna di un ambiente un po’ conservatore, quindi ho deciso di dire ai miei genitori che volevo sposare Dominic.”
La famiglia della giovane donna le ha chiesto di pazientare e prendersi il suo tempo, in modo che potessero consultarsi con i membri della famiglia allargata e chiedere la loro opinione sulla questione. Fortunatamente, la famiglia ha acconsentito, ma “a condizione che Dominic diventasse sciita e che il loro matrimonio fosse officiato davanti a un religioso musulmano sciita”.
Per quanto riguarda Dominic, “non ha dovuto affrontare alcun problema e la sua famiglia ha visitato la mia, esprimendo la loro felicità”. Roa’a crede che lei e Dominic abbiano un denominatore comune che aiuta a superare le loro differenze religiose, ovvero che sono entrambi “residenti del villaggio e abbiamo un background sociale comune, anche se proveniamo da due religioni diverse”.
Fin dall’adolescenza, Roa’a desiderava un matrimonio civile per evitare le ingiustizie che le donne subiscono nei tribunali religiosi, soprattutto quando si tratta dei loro diritti e della custodia dei bambini. Ha un’amica che “ha attraversato l’inferno ed è stata privata dei suoi figli, e oggi sta ancora lottando per poterli vedere”.
La giovane diceva sempre alla madre che “anche se dovessi sposare una persona della stessa setta e il mio matrimonio fosse officiato da un religioso, vorrò anche un matrimonio civile e lo registrerò, per tutelare i miei pieni diritti di donna, poiché le leggi sullo status personale in Libano sono ingiuste nei confronti delle donne”.
Tuttavia, secondo le leggi libanesi, anche se un matrimonio civile tra due coniugi musulmani avviene all’estero, sono i tribunali religiosi che risolvono le controversie tra loro – un fatto di cui lei non era a conoscenza.
In Libano, ogni setta gestisce le questioni di status personale, cioè le questioni riguardanti matrimonio, divorzio, affidamento ed eredità. Ogni setta ha i propri tribunali religiosi, i cui casi sono decisi da ecclesiastici che non necessariamente hanno sempre un solido background accademico giuridico.
L’assenza di una legge civile unificata per lo status personale pone un difficile dilemma per coloro che desiderano sposarsi al di fuori delle proprie sette. La maggior parte dei libanesi risolve questo dilemma andando all’estero, spesso a Cipro o in Turchia, per ottenere un matrimonio civile. Lo stato libanese riconosce e accetta di registrare i matrimoni civili contratti al di fuori del Libano, ma non esiste una legge che permetta i matrimoni civili all’interno del Paese.
Coloro che intendono contrarre un matrimonio civile al di fuori del Libano devono sostenere costi non inferiori a 1.500 dollari USA per viaggi e prenotazioni alberghiere, oltre alle spese legali. Questo costo limita la capacità e il desiderio delle persone a basso reddito di liberarsi dall’autorità dei tribunali religiosi sul proprio status personale. È ancora peggio quando i due partner sono di fedi diverse. La loro incapacità di sostenere le spese di viaggio diventa l’ennesimo ostacolo al matrimonio. In questo caso, la coppia non ha altra scelta che pagare un diverso tipo di prezzo, come hanno fatto Dominic e Roa’a.
Quando la famiglia di Roa’a ha chiesto a Dominic di diventare sciita, “non ci importava”, dice Roa’a. La coppia ha considerato l’intera faccenda come una formalità, soprattutto perché Roa’a aveva precedentemente cancellato la sua setta nel registro di stato ufficiale (localmente noto come ‘Noufous’), e quindi lei stessa non appartiene alla setta sciita, in termini di scartoffie ufficiali.
La coppia stava pianificando un matrimonio civile all’estero, a condizione che “questo fosse il matrimonio ufficiale tra di noi”, dice Roa’a. Tuttavia, il collasso economico, la svalutazione della lira libanese rispetto al dollaro USA, la pandemia di COVID-19 e la chiusura degli aeroporti hanno impedito “la nostra capacità di viaggiare e di permetterci le spese”. E’ stato così che hanno finito per celebrare, contro la loro volontà, un matrimonio religioso, e conseguentemente Domenic “è diventato ufficialmente uno sciita nei registri dello stato”.
Il potere dell’autorità religiosa sull’identità collettiva
Il direttore della Legal Agenda, Lama Karame, afferma che il processo del riconoscimento del matrimonio civile in Libano è iniziato negli anni ’50 e che sono stati presentati diversi progetti di legge per legalizzarlo, alcuni dei quali proponevano il riconoscimento facoltativo, altri obbligatorio, ma nessuno di essi è stato approvato.
Riferisce a Raseef22 che “la prima registrazione ufficiale di un matrimonio civile contratto sul suolo libanese è avvenuta nel 2013, quando Kholoud Sukkarieh e Nidal Darwish si sono sposati. Questa unione civile è stata registrata sulla base di una circolare emessa nel 2009 dall’ex ministro Ziad Baroud, con la quale aveva dato la possibilità di rimuovere dagli atti di stato civile ogni riferimento all’appartenenza religiosa”.
Nella nostra società patriarcale tutti sono soggetti all’autorità del patriarca (padre, fratello, capo religioso). Un uomo che si sposa al di fuori della sua setta non minaccia la comunità tanto quanto una donna che si sposa al di fuori della sua setta
Karame spiega che “la coppia Sukkarieh-Darwish ha basato la sua mossa sul French Mandate Decree L.R. 60 emanato nel 1936, che stabilisce che le persone che non sono soggette a nessuna delle sette storiche (cioè le sette riconosciute in Libano) sono soggette alle leggi civili”.
Nonostante la registrazione di alcuni contratti di matrimonio secondo il testo della legge, “i successivi ministri degli interni si sono rifiutati di registrare i matrimoni civili e molti matrimoni sono stati annullati, costringendo alcune persone a ricorrere al matrimonio fuori dal Libano o a un matrimonio religioso”.
Le richieste di matrimonio civile si sono intensificate con la nomina di Raya El Hassan a ministro degli Interni nel 2019, dopo che aveva annunciato di voler aprire la discussione con tutti gli interessati, ma diverse autorità religiose dichiararono il loro completo rifiuto a tale passo.
Prima di lei, l’ex ministro dell’Interno Marwan Charbel aveva accettato di registrare il primo contratto civile (tra Kholoud e Nidal) davanti a un notaio nel 2012. Sempre durante il periodo del ministro Charbel, è stato registrato l’ultimo contratto di matrimonio civile in Libano. L’unione civile tra Fatima Hashem e Jean Nmeir, è diventata l’ultima nel Paese dopo che il suo successore, il ministro Nohad el-Machnouk, si è rifiutato di registrare i matrimoni civili celebrati sul territorio libanese.
El-Machnouk è diventato famoso per una frase pronunciata durante un talk show televisivo: “Cipro non è lontana”, indicando che chiunque desideri rompere le barriere settarie e aprire la porta alla mescolanza tra persone di sette diverse e le loro famiglie, deve pagare un costo elevato, di cui le spese di viaggio sono solo una piccola parte.
Nonostante il rifiuto del ministero dell’Interno di registrare i matrimoni civili nel paese, quest’anno Marie-Joe Abi-Nassif e Abdallah Salam hanno celebrato il loro matrimonio davanti a un notaio. Karame dice che ” fino ad oggi questo matrimonio non è stato ufficialmente registrato “.
Karame afferma inoltre che “quando in Libano due persone si sposano civilmente, sono i tribunali civili dello status personale a decidere sulle controversie matrimoniali, ad esempio divorzio, eredità e custodia. E il tribunale civile è solo una camera civile all’interno dei tribunali di giustizia ordinaria”.
Per quanto riguarda i matrimoni civili tra libanesi all’estero, chiarisce che “i tribunali civili sono anche quelli che decidono sulle controversie, ad eccezione del matrimonio, tra un uomo musulmano e una donna musulmana, dove i tribunali della sharia hanno il potere di decidere sulle controversie. Quanto ai drusi, è stata emanata una legge dalla Corte di Cassazione (o Corte Suprema), che riconosce ai tribunali civili la competenza per dirimere le controversie tra i contendenti, purché abbiano un matrimonio civile».
Hala Awada, ricercatrice e assistente all’Istituto di Scienze Sociali dell’Università libanese, attribuisce il rifiuto dei matrimoni misti in Libano al ruolo svolto dalla “storia delle sette e dei conflitti demografici”.
Dice a Raseef22 che, nonostante il ruolo significativo che le sette religiose svolgono nell’ostacolare i matrimoni misti, “un fattore molto importante che non può essere trascurato è il modo in cui i chierici di tutte le sette religiose temono di perdere il loro ruolo nel processo del matrimonio e sentano minacciata la loro posizione sia moralmente che finanziariamente”.
Le parole della dottoressa Awada mi ricordano una storia che la mia amica mi ha raccontato mentre cercava di capire come fossi riuscita a “convincere la mia famiglia” del mio matrimonio. Mi ha detto che per cinque anni aveva cercato di persuadere la sua famiglia cristiana a lasciarla sposare il suo ragazzo musulmano, e tutto ciò che aveva in risposta erano frasi come “Ci hanno ucciso in guerra. Vuoi sposarli?”, “Un giorno avrà una seconda moglie” e “Non possiamo andare nelle loro zone”.
Mi ricordano anche la storia di un giovane cristiano che aveva sposato una donna drusa e che dovette emigrare dal Libano affinché lui e sua moglie fossero al sicuro da qualsiasi tentativo di omicidio. Sono passati vent’anni e la coppia vive ancora oggi all’estero.
In Libano, gli slogan sulla tolleranza e sulla convivenza falliscono già alla prima prova, ovvero il matrimonio al di fuori della setta. Si sfaldano perché il matrimonio diventa una minaccia all’insieme dei principi che il gruppo si è disegnato.
Awada mette in relazione la questione degli ostacoli, delle paure e delle difficoltà che le persone affrontano a causa dei matrimoni misti, all'”identità sociale dell’individuo”. Spiega che “la differenza tra gli esseri umani dal punto di vista sociologico deriva dal loro bisogno sociale di entrare a far parte di un gruppo che lavora alla definizione dei suoi obiettivi e principi, nonché dei ruoli e delle posizioni di coloro che ne fanno parte, attraverso determinate classificazioni dell’identità dell’individuo, ed è così che si forma l’identità collettiva di un individuo”.
Awada basa le sue parole su Henri Tajfel, il fondatore della teoria dell’identità sociale, per spiegare come un gruppo, fin dall’inizio della sua formazione, “cerca di distinguersi attraverso il ‘noi e loro’, e questo vale per tutte le forme di raggruppamento e non si ferma solo ai gruppi religiosi”.
Ma accade che l’identità individuale a volte si scontra con l’identità sociale, e su questo dice che “quando si forma l’identità sociale dell’individuo, la sua appartenenza al gruppo diventa una questione centrale con forti legami affettivi che lo legano ad esso. Come individuo, adotta strategie per distinguere positivamente il suo gruppo dagli altri gruppi. Tuttavia, in certi momenti, l’identità personale dell’individuo si scontra con i valori del suo primo gruppo, a tal punto da non soddisfare più le sue ambizioni personali che derivano dalla sua identità individuale. È allora che inizia ad adottare una strategia di movimento individuale per migliorare la sua immagine di sé, quindi lascia il primo gruppo e si unisce a un altro gruppo per perseguire obiettivi individuali. Qui possiamo capire come un individuo lascia il suo gruppo, si sposa in un’altra setta e si affilia ad essa, o come rifiuta tutti i gruppi esistenti, ha un matrimonio civile e forma un nuovo gruppo che non adotta i valori e gli standard né del suo primo gruppo, né di quello del suo partner. Quindi siamo in procinto di formare un altro gruppo con nuovi standard e valori”.
Per quanto riguarda la specificità dei gruppi che rifiutano i matrimoni misti, Awada afferma che “il matrimonio e quindi la gravidanza, che è più importante, è una questione vitale per un gruppo in quanto intesa a riprodurre il ‘noi’ rispetto al ‘loro’ “. Così in Libano “gli slogan di tolleranza e convivenza falliscono durante la prima prova, ovvero il matrimonio al di fuori di una setta culturale religiosa, e lo slogan cade a pezzi perché diventa una minaccia all’insieme di principi, idee e comportamenti che il gruppo ha adottato con i quali lavora per crescere i suoi figli”.
Secondo Awada, questa minaccia sorge quando “una persona che non è affiliato a una setta arriva in questo gruppo portando una serie di idee, principi e comportamenti diversi che costituiscono una minaccia per l’unità del gruppo”.
“Non sposare un musulmano”
Samer e Rita (pseudonimi) si sono conosciuti attraverso l’attivismo politico, con orientamenti simili, di sinistra e non religiosi. Rita proviene da una famiglia cristiana cattolica, mentre Samer da una famiglia musulmana sunnita, ma nessuno dei due segue il credo delle proprie famiglie, né alcun altro credo religioso. La loro relazione è andata avanti per cinque anni, dopodiché hanno deciso di sposarsi in Libano nel 2010.
A differenza di Roa’a, nessuno dei due aveva paura di informare le proprie famiglie del loro desiderio di sposarsi, ma ciò che è stato sorprendente è stata “la quantità di domande che ci sono state poste su come crescere i nostri figli”, dice Samer a Raseef22, “Penso che sia difficile per alcune persone capire cosa significhi essere atei e non religiosi”.
Samer e Rita avevano deciso di avviare le procedure per un matrimonio civile, indipendentemente dalla posizione delle loro famiglie, ma il fatto che Samer non avesse nazionalità gli ha impedito di ottenere il visto per recarsi a Cipro. Dato che la coppia aveva precedentemente fissato la data del matrimonio, hanno dovuto pensare a una soluzione. Sono andati in una chiesa cattolica per far convertire Samer al cristianesimo e poi sposarsi in chiesa, ma l’autorità del sacerdote di accettare o rifiutare una persona a deluso le aspettative della coppia.
In chiesa, dopo che gli è stato chiesto perché volesse “diventare cristiano”, Samer aveva ammesso che lo faceva “per sposarsi”. Poi il prete si era rivolto a Rita per farle una domanda piena di rimprovero: “Perché vuoi sposare un musulmano? Hai pensato al futuro dei tuoi figli?”
– Rita: Ci amiamo e abbiamo una relazione da cinque anni.
– Samer: Sono pronto a firmare un impegno che battezzerò i nostri figli, se è una condizione per il nostro matrimonio.
Ma il prete non ha permesso che Samer diventasse cristiano
– Rita: Cosa devo fare adesso, devo andare a sposarmi da un religioso musulmano e diventare musulmana?
– Prete: No, non sposarlo affatto, devi sposare un cristiano.
La coppia si è poi recata presso la Chiesa maronita, che ha acconsentito a far entrare il giovane nella sua parrocchia. Ma quando ha saputo che Rita era cattolica, il prete li ha informati che non poteva sposarli nella sua chiesa.
La coppia originariamente non religiosa non ha avuto altra scelta che tentare di celebrare il proprio matrimonio davanti alla corte sunnita della sharia, dopo aver scoperto che un uomo musulmano può sposare una donna cristiana senza che lei sia obbligata a cambiare religione, a condizione che i figli siano cresciuti nella religione islamica.
Le storie d’amore tra persone di sette diverse non sono come le normali storie d’amore, non perché sono tra persone emarginate dalla legge e respinte dalla società settaria, ma perché queste relazioni affrontano continui tentativi di interromperle
Samer dice: “Se fosse stato possibile per noi avere un matrimonio civile, non avremmo dovuto ricorrere a chierici che volevano dettarci i loro termini e condizioni”. Aggiunge che anche quando stavano registrando il matrimonio presso i registri del registro civile, “c’è stato un ritardo intenzionale da parte dell’ufficiale del registro, nella misura in cui abbiamo dovuto utilizzare un intermediario per completare una normale registrazione di matrimonio”.
I due hanno avuto il loro primo figlio, e la loro piccola famiglia “mista” ha avuto un nuovo membro. “Quando sono diventata madre, ho iniziato a temere per la sorte dei miei figli e per il mio diritto alla tutela e alla custodia in caso di controversie tra me e Samer”, racconta Rita.
Samer, da parte sua, esprime i suoi timori “nel caso mi succeda qualcosa o muoia”. Ha paura specificatamente che la sua famiglia prenda in custodia suo figlio perché sua moglie è ancora cristiana, e teme anche la questione della divisione dell’eredità.
Samer dice: “Stiamo vivendo tutto questo, anche se siamo persone non religiose e non ci interessano queste cose. Volevamo solo ottenere un matrimonio civile e crescere i nostri figli come vogliamo noi”.
Attualmente, la coppia vive in un paese straniero in cui ha ottenuto la cittadinanza, e il loro matrimonio è quindi regolato da leggi civili.
Un uomo non può essere svergognato o disonorato
Lara (pseudonimo) non avrebbe mai pensato di incontrare l’amore della sua vita nel nuovo edificio in cui si era trasferita a vivere in uno dei quartieri di Beirut. Il suo compagno Elie proviene da una famiglia cristiana, mentre lei proviene da una famiglia drusa.
Lara descrive la sua famiglia come “laica, non religiosa o estremista”. Nonostante ciò, “Quando ho detto loro che avevo una relazione con un giovane cristiano e volevo sposarlo, sono rimasti sorpresi, perché mio padre non si sarebbe mai aspettato che io avrei sposato qualcuno al di fuori della setta drusa”.
Aggiunge: “La paura di mio padre era per l’ambiente in cui vivevano, la reazione della comunità drusa e ciò che la gente avrebbe detto. Non era basato su convinzioni religiose o attaccamenti. Era prima di tutto una paura sociale”. D’altra parte “Le cose erano molto più facili da parte di mio marito. Questo perché viviamo in una società patriarcale, non solo settaria. Un giovane non può essere svergognato o disonorato da nulla, mentre la ragazza ne paga sempre il prezzo”.
In questo contesto, il dott. Awada afferma che “la nostra società è patriarcale, dove sia le donne che gli uomini sono soggetti all’autorità del patriarca (padre, fratello, capo religioso della setta), e quindi il matrimonio di un uomo con una donna di un’altra setta non minaccia la comunità come fa una donna che si sposa al di fuori della sua setta. Ecco perché non è facile per una donna sposare qualcuno al di fuori della sua religione, perché non è completamente libera dal controllo del patriarca maggiore».
Indica in dettaglio che “la questione più importante è l’eredità, impedendo la dispersione della proprietà e mantenendo rigorosamente la questione dell’eredità fino all’uomo. In secondo luogo, poiché la donna vive in una società patriarcale, sarà soggetta alle regole e ai criteri del gruppo in cui è entrata, anche se solo in apparenza, mentre ciò non vale per gli uomini».
Awada continua: “È noto che le minoranze temono la frammentazione della loro proprietà (diritto di possesso), e le famiglie temono la frammentazione delle loro terre, quindi preferiscono che i loro figli maschi si sposino nella setta o addirittura nella famiglia stessa, molto meno quando si tratta delle loro figlie femmine!”
Lara non ha sentito alcun commento diretto sulla sua decisione di sposare Elie. Qualsiasi obiezione alle sue azioni era rivolta alla sua famiglia, e lei sa che alcuni amici dei suoi genitori hanno ripetutamente cercato di dire loro che una cosa del genere è inaccettabile e contraria ai loro costumi e tradizioni. Ma Lara ha superato queste difficoltà “attraverso lunghi colloqui e conversazioni con la mia famiglia, e abbiamo finalmente raggiunto un accordo in cui hanno acconsentito a incontrare il mio partner, e quindi avrebbero preso la loro decisione “.
Dopo che i genitori hanno conosciuto Elie, “erano convinti che avessi ragione e che la mia decisione non fosse stata presa solo per amore, ma anche per maturità, comprensione e accordo reciproco”. D’altra parte, molti membri della famiglia allargata, “come mia nonna, ad oggi non hanno ancora accettato questo matrimonio “, dice Lara.
Lara crede che più ci saranno matrimoni misti in Libano, più la barriera del settarsmo verrà infranta, perché avvicinarsi all’altro abbatte molte barriere e rivela che la maggior parte delle idee preconcette riguardo alle altre sette sono errate.
Dice: “La vicinanza ci rende più consapevoli dell’ambiente sociale delle persone. Ci sono molti punti in comune tra le sette in Libano, anche più dei punti di differenza, e questo è quello che ho notato dopo il mio matrimonio, poiché la mia famiglia e la famiglia di Elie si sono comportate come se fossero un’unica famiglia, senza differenze tra loro”.
Come ogni persona in Libano che sceglie di “mescolarsi”, Lara ed Elie sono soggetti a domande “cliché” come “Quali feste celebri?”
Per Lara, ” è un’occasione per festeggiare di più con la famiglia”. E aggiunge: “Mi rende felice che i miei figli possano conoscere due religioni diverse e avere abbastanza consapevolezza da sapere che la religione è una relazione verticale tra l’individuo e il suo Dio e non una relazione orizzontale tra l’individuo e la società, unitamente ai suoi pregiudizi. ”
Prima che il ministero cambiasse idea
Fatima Hashem ha sposato Jean Nmeir nel 2013 in Libano. I due architetti avevano deciso di combattere la battaglia per la libertà cancellando ogni appartenenza religiosa dai loro atti anagrafici e con un matrimonio civile. Questo è stato l’ultimo matrimonio civile riconosciuto dallo stato libanese, prima del famigerato El-Machnouk: “Cipro non è lontana”.
Fatima e Jean sono andati dal mukhtar (funzionario responsabile delle pratiche civili in una regione), che ha consegnato loro un documento in cui affermavano che volevano cancellare la religione dal loro registro civile, quindi sono andati agli atti del registro civile per attuare questa procedura. Fatima dice a Raseef22 che, a causa dell’assenza di una legge civile in Libano, l’hanno basata sulla legge del mandato francese, che richiede di annunciare il matrimonio in anticipo “esponendo gli atti a casa o sul posto di lavoro per 15 giorni”. Dopo aver espletato queste formalità, si sono sposati presso il notaio.
Né la famiglia di Fatima né quella di Jean hanno accettato di sposare una persona al di fuori della loro setta, ma hanno continuato a combattere questa battaglia fino alla fine. Fatima dice che sua madre “pregava e chiedeva a Dio cosa aveva fatto di sbagliato perchè sua figlia decidesse di sposare un cristiano, e anche la madre di Jean andava in chiesa in cerca di perdono”.
Le storie d’amore tra persone di sette diverse non sono come le normali storie d’amore, non perché sono storie tra persone emarginate dalla legge e respinte dalla società settaria, ma perché queste relazioni affrontano una battaglia in salita e tentativi volti a paralizzarli attraverso tutti i mezzi possibili, a tal punto che una persona si sente in perenne stato di guerra pur di realizzare la sua scelta individuale.
Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org