La collaborazione dell’Università del Minnesota con l’Istituto di Tecnologia israeliano Technion indica un disprezzo per gli studenti palestinesi.

Questa è un’altra ragione per me e altri studenti palestinesi-americani per credere che l’Università semplicemente non abbia a cuore i nostri migliori interessi.

Fonte: english version
Di Noor Adwan – 5 Novembre 2021

L’8 ottobre, la Facoltà di Scienze e Ingegneria dell’Università del Minnesota ha presentato una nuova opportunità per gli studenti universitari di trascorrere un semestre di studi all’estero in Israele all’Istituto Technion, un’università che collabora attivamente con le società di armi che svolgono un ruolo cruciale nelle violazioni israeliane dei diritti umani.

L’Istituto di Tecnologia Israeliano ha stretti legami con aziende militari come Rafael ed Elbit Systems, le cui tecnologie sono parte integrante dell’oppressione e della sottomissione del popolo palestinese. Elbit Systems, ad esempio, è uno dei principali contributori al muro di separazione in Cisgiordania, condannato sia dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che dalla Corte Penale Internazionale come violazione del diritto internazionale.

Questo programma di scambio rivela inoltre chiaramente le ineguaglianze nell’accesso ai territori occupati. Mentre gli studenti che non hanno legami con la Palestina hanno un facile accesso attraverso questo programma, gli studenti della diaspora affrontano sfide schiaccianti quando cercano di recarsi nei territori palestinesi occupati per vedere la famiglia o semplicemente visitare casa.

Ho parlato con Nadia Aruri, una studentessa di urbanistica che attualmente è presidente della sezione universitaria di Students for Justice in Palestine (Studenti per la Giustizia in Palestina). Mi ha raccontato un’esperienza che ha avuto durante il suo 18° compleanno quando tentò di entrare in Palestina attraverso la Giordania.

Aruri ha detto di essere stata separata dal gruppo con cui viaggiava al confine di Sheikh Hussein e interrogata da soldati armati per ore. Disse che era imbarazzante, spaventoso e che il caldo era insopportabile. “Vogliono solo renderlo il più umiliante possibile,” ha detto.

Ha descritto la sensazione di paura e disorientamento, alternanti tra l’essere rinchiusa in una minuscola sala interrogatori e l’essere costretta a girare in tondo fuori nel caldo soffocante. Ha detto che i soldati non hanno risposto alle sue domande e non era sicura se le sarebbe stato permesso di visitare la sua famiglia. Alla fine, dopo quattro ore di interrogatorio, le fu permesso di entrare.

Ma è stata fortunata. Aruri ha detto che altri suoi conoscenti sono stati fatti salire su un aereo ed espulsi lo stesso giorno in cui hanno tentato di attraversare il confine, e sapeva di altri a cui era stato impedito di entrare in Palestina per un periodo di tempo o addirittura detenuti dopo aver tentato di entrare. Ha detto che queste decisioni sono spesso arbitrarie, a seconda “dell’umore del soldato presente”.

Questa esperienza riflette il distacco e il caos insiti nell’essere un membro della diaspora palestinese. Mentre i tuoi coetanei sono invitati a visitare la Palestina occupata per un’opportunità accademica o un viaggio gratuito per diritto di nascita, devi fare i conti con la realtà che, per te, il ritorno sarebbe nel migliore dei casi scomodo e nel peggiore impossibile. Alcuni non hanno nemmeno l’opportunità di tentare di tornare a casa: molti rifugiati, espulsi dalle loro case e dalle loro terre a partire dagli anni ’40, sono stati esiliati o gli è stato rifiutato il ritorno.

Ho contattato il Centro di apprendimento all’estero della Facoltà di Scienze e Ingegneria e gli ho chiesto se hanno mantenuto la loro decisione sulla scia della disapprovazione degli studenti. Ho contattato Jake Ricker, un direttore delle pubbliche relazioni per l’Università del Minnesota che mi ha detto che l’Università non “intende modificare la sua affiliazione con” il consorzio E3, attraverso il quale la Facoltà è affiliata con il Technion, e prevede di continuare a fornire opportunità agli studenti di scegliere opzioni di scambio.

Questa non è la prima volta che l’Università ha tralasciato i bisogni degli studenti della diaspora palestinese. Nel 2018 è stato approvato un referendum sul disinvestimento, che invitava l’Università a disinvestire dalle società israeliane complici di violazioni dei diritti umani e della sovranità palestinese. Queste misure non sono mai state adottate, ha detto Aruri.

“È davvero deludente”, ha detto Aruri, osservando che a parte i referendum dell’ateneo, che non sono vincolanti, gli studenti non hanno modo di apportare un cambiamento significativo.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalesina.org

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