I palestinesi sono oppressi da un regime che, sebbene possa sembrare nuovo, è in realtà tanto brutale, crudele e razzista quanto qualsiasi governo sionista.
Fonte: english version
Di Miko Peled – 5 novembre 2021Immagine di copertina: manifestanti brandiscono poster con immagini di prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane che recitano: “libertà per i prigionieri che sono in sciopero della fame”, durante una manifestazione a sostegno dei prigionieri palestinesi, nella città di Ramallah in Cisgiordania, 4 novembre 2021. Credito: Nasser Nasser | AP
GERUSALEMME – Il Primo Ministro più improbabile di Israele, Naftali Bennett, che ha ottenuto solo sei seggi su 120 nel Parlamento israeliano, o Knesset, e tuttavia è diventato Primo Ministro, è appena tornato a Gerusalemme dopo aver partecipato alla Conferenza sul clima di Glasgow. Le sue foto con i leader mondiali, che dimostrano la sua popolarità all’estero e il suo successo nell’approvazione del bilancio, il primo che la Knesset è riuscita a approvare dal 2018, stanno rafforzando le possibilità di Bennett di rimanere al potere anche se il suo governo detiene una maggioranza molto ristretta.
Fare approvare un bilancio è sempre un compito titanico, ma questa volta è stato ancora più difficile. La Knesset ha approvato il disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2021 con un voto di 61-59 alle 5:30 del mattino di giovedì 4 novembre, dando a Israele un nuovo bilancio per la prima volta dal marzo del 2018. Ciò significa che è improbabile che si svolga presto un altro turno elettorale.
Tutto ciò che resta ora è la competizione in corso tra il governo di coalizione e il blocco dell’opposizione su chi è più di destra. È una competizione tra l’attuale governo, guidato da Bennett, un ex capo del movimento dei coloni, e l’opposizione, guidata dal leader del Likud Benjamin Netanyahu.
Ma né il successo di questo governo, né l’immagine di un primo ministro più giovane e fresco, devono essere confusi con un reale e concreto cambiamento. La Palestina viene distrutta; i palestinesi sono oppressi da un regime che, sebbene possa sembrare nuovo, è in realtà tanto brutale, crudele e razzista quanto lo sia mai stato qualsiasi governo sionista.
Scioperi della fame
In un eroico atto di sacrificio, Kayed al-Fasfous, un 32enne del villaggio di Dura vicino a Hebron, ha digiunato per quasi 115 giorni. Miqdad al-Qawasmi, 24 anni di Hebron, è in sciopero della fame da 105 giorni. L’elenco degli scioperanti della fame prosegue con Alaa al-Araj, 87 giorni; Hisham Abu Hawash, 78 giorni; Shadi Abu-Aker, 71 giorni; e Ayad al-Harimi, 42 giorni senza cibo. Louay al-Ashqar e Ratib Hreibat sono in sciopero della fame in solidarietà con altri prigionieri rispettivamente da 24 e 26 giorni.
Per dare l’idea, un articolo sulla rivista Live Science afferma:
“Dopo più di un mese di digiuno, o quando si perde più del 18% del peso corporeo, possono verificarsi complicazioni mediche gravi e permanenti. Può diventare molto difficile deglutire l’acqua; possono verificarsi perdita dell’udito e della vista; la respirazione può diventare affannosa e può iniziare a manifestarsi un’insufficienza multi-organo. Oltre i 45 giorni, la morte è un rischio molto reale, a causa di collasso cardiovascolare o grave infezione.”
Inoltre, secondo questo articolo, “Anche dopo la fine di uno sciopero della fame, la ri-alimentazione presenta alcuni rischi reali, poiché i cambiamenti metabolici che si verificano durante il digiuno grave possono essere profondi“.
Il libro “Ten Men Dead” (Dieci Uomini Morti), dell’ex corrispondente del Guardian in Irlanda, il compianto David Beresford (1947-2016), è un’opera potente che rivela quale enorme atto di sacrificio di sé sia impegnarsi in uno sciopero della fame. Ho ricevuto una copia del libro durante una visita a Belfast da un ex attivista volontario dell’IRA e devo ammettere che il libro ha avuto un profondo impatto su di me. Dopo averlo letto, non si potranno mai più sottovalutare il dolore, la sofferenza e i terribili effetti di uno sciopero della fame prolungato.
Il libro illustra la lotta di 10 prigionieri politici irlandesi contro la brutalità delle autorità britanniche e l’enorme violenza perpetrata dal governo britannico. Racconta la storia dei 10 uomini e include ogni dettaglio della loro vita prima e durante lo sciopero. Non è affatto una lettura facile, ma è giustamente descritta come “una lettura straziante e stimolante sul cameratismo, l’altruismo, il coraggio e la devozione alla propria causa e ai propri principi”. Oggi questo libro è rilevante per la lotta dei prigionieri palestinesi.
È stato nell’aprile del 2013 che ho avuto il privilegio di visitare Belfast e i miei ospitanti sono stati così gentili da portarmi al cimitero di Milltown per visitare le tombe di Bobby Sands e degli altri attivisti volontari dell’IRA che sono morti a causa dello sciopero della fame. A quel tempo in Palestina, Samer Issawi aveva fatto quello che era considerato lo sciopero della fame più lungo della storia. Mentre stavamo vicino alle tombe, mi è stato chiesto di leggere “l’Orazione Della Fame” di Issawi agli israeliani.
“I vinti non rimarranno sconfitti e il vincitore non rimarrà un vincitore”, ha scritto Issawi, rivolgendosi agli israeliani che votano costantemente per governi determinati a uccidere il suo popolo e distruggere il suo paese. Le sue parole sono importanti oggi come lo erano quando le scrisse, quasi dieci anni fa.
Distruzione e profanazione
Per dare legittimità alla loro pretesa sulla Palestina, lo Stato di Israele e le organizzazioni sioniste che lo sostengono sono state impegnate in una campagna di distruzione di ogni prova dell’esistenza della storia palestinese. A tal fine, hanno perpetuato il mito biblico, vendendolo come storia, e hanno distrutto monumenti storici inestimabili e luoghi di sepoltura che non soddisfacevano i loro ristretti interessi.
Oltre a distruggere città, paesi e quartieri che avevano un enorme valore storico, lo Stato di Israele ha anche distrutto e lasciato cadere in rovina antichi monumenti e cimiteri palestinesi. I cimiteri musulmani sono stati distrutti, profanando i luoghi sacri che custodiscono la gloriosa storia di un popolo e di un Paese.
L’ultimo di una lunga serie di cimiteri a Gerusalemme che sono stati oggetto di profanazione da parte delle autorità israeliane è la sezione dei Martiri del cimitero musulmano di al-Yusufiyah. È emerso un video scioccante di una madre palestinese aggrappata alla tomba di suo figlio, mentre le autorità cercano di allontanarla in modo da poter distruggere il cimitero. La madre giura che morirà prima di permettere loro di distruggere la tomba di suo figlio.
Il motivo della distruzione intorno alla Città Vecchia di Gerusalemme è l’esecuzione di un piano per costruire un parco a tema biblico in un’area che include il cimitero di al-Yusufiya. Al-Yusufiya, noto come il Cimitero dei Martiri, si trova adiacente a una delle mura storiche della Città Vecchia di Gerusalemme e, come il Cimitero di Ma’amila e altri siti storici non ebraici, deve scomparire in modo che Israele possa continuare con i suoi sforzi per legittimare ciò che è intrinsecamente un’occupazione illegittima.
La mancanza di una reale rappresentanza palestinese nelle capitali di tutto il mondo significa che la Palestina è quasi scomparsa dal dibattito pubblico. Ciò consente a Israele di continuare senza ostacoli con le sue atrocità nei confronti della Palestina e del suo popolo.
Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. E’ autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five”.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org