Il terrorismo e l’incitamento contro i palestinesi sponsorizzati dallo Stato israeliano non sono una novità. L’intensità che vediamo attualmente, in particolare dalla rivolta del maggio 2021, è un serio motivo di preoccupazione.
Fonte: english version
Di Miko Peled – 22 novembre 2021
Immagine di copertina: Un giornalista si trova di fronte a un bulldozer che scava nel terreno durante la costruzione del muro dell’apartheid israeliano ad Al-Walaja, in Cisgiordania, vicino a Betlemme. Foto | Activestills
NAQAB — L’incitamento sionista contro i palestinesi è ai massimi storici, ma non lo sapreste leggendo la stampa internazionale perché è tutto divulgato in ebraico. Il violento dibattito, razzista-suprematista che si tiene nei media e tra i politici israeliani è svolto anch’esso in ebraico e quindi riceve poca o nessuna attenzione. E così, mentre il mondo rimane comodamente insensibile, lo Stato sionista-razzista sta cancellando la Palestina, o ciò che ne rimane, dalla faccia della terra. L’intento è quello di espropriare i palestinesi, cacciarli dalle loro case, prendere la loro terra, cancellare la loro storia e, infine, arrivare al momento che tutti gli israeliani stavano aspettando: la definitiva, gloriosa distruzione della Moschea di Al-Aqsa e la costruzione di un cosiddetto terzo tempio ebraico al suo posto.
Wadi Ara
Wadi Ara è una valle nel nord della Palestina che collega la pianura costiera a Marj Ibn Amr. Nel 1948, nell’area si verificarono pesanti combattimenti e alla fine fu occupata e divenne parte dello Stato di Israele. Mentre c’erano villaggi distrutti e sottoposti a pulizia etnica, molti palestinesi hanno resistito e, fino ad oggi, l’area ospita città e villaggi palestinesi con una popolazione complessiva di quasi 120.000 abitanti. Questa realtà è quella che i sionisti, in generale, trovano preoccupante.
Fin dall’inizio, Israele è stato ossessionato dalla demografia, e in particolare da quella che viene definita la “minaccia demografica”, in cui i palestinesi sono più numerosi degli israeliani. Ci sono state molte discussioni aperte su come trattare con la grande popolazione palestinese che risiede ancora in quest’area molto strategica della Palestina settentrionale. Parlare di trasferire le persone, con o senza la terra, al di fuori dello Stato di Israele è comune, e non è raro sentire il termine “Giudaizzare la Galilea”, che significa rafforzare la presenza israeliana nell’area in modo da creare una “maggioranza ebraica”.
Tuttavia, in una recente intervista con il quotidiano israeliano Ma’ariv, il generale in pensione dell’esercito israeliano Yitzhak Turgeman ha portato l’incitamento contro i cittadini palestinesi di Wadi Ara a un livello completamente nuovo. Ha avvertito che in una guerra futura, i convogli militari diretti a nord dovranno evitare di attraversare Wadi Ara. Questa, ha detto, è una delle conclusioni raggiunte dai vertici israeliani a seguito della rivolta palestinese avvenuta nel maggio del 2021, in cui tutta la Palestina ha resistito all’oppressione sionista, alla profanazione della Moschea di Al-Aqsa e al brutale bombardamento della Striscia di Gaza.
Secondo un articolo del Times of Israel, il generale Turgeman avrebbe detto:
“Quello che mi preoccupa davvero è l’impatto dei violenti disordini sulla sicurezza interna e sul movimento dei convogli di trasporto dell’IDF. È un fattore che prevedo avere un potenziale significativo per ritardare la capacità di manovrare le truppe dell’IDF”.
Sebbene possa sembrare incoraggiante pensare che i cittadini palestinesi di Israele abbiano la capacità di rallentare l’esercito israeliano, è difficile credere che possiedano tali capacità. I cittadini palestinesi di Israele, disarmati e che soffrono molto per la brutalità del sistema di segregazione israeliano, non hanno la capacità di rallentare il movimento dei convogli militari israeliani diretti verso il Libano e la Siria. I commenti fatti in questa intervista sono un pericoloso incitamento, alimentando ciò che gli israeliani già credono dei cittadini palestinesi di Israele, anche se non ci sono prove a sostegno di questa affermazione: che i cittadini palestinesi sono, di fatto, una quinta colonna, un nemico infiltrato all’interno di Israele, e devono essere trattati come tali.
Jenin
Un articolo del quotidiano ebraico Mako riporta un evento che “ha sollevato serie preoccupazioni negli ambienti militari israeliani”. È stato durante il funerale dell’ex Ministro palestinese per gli Affari dei Prigionieri Wasfi Qabha. Secondo l’articolo, scritto in ebraico, durante la cerimonia c’è stata una grande affluenza di combattenti armati di Hamas. Qabha era un leader di Hamas e, secondo il resoconto, questo non solo preoccupava l’esercito israeliano, ma rappresentava anche un serio problema per l’Autorità Palestinese.
“Membri armati delle Brigate Qassam stavano marciando in strada durante la processione”, afferma il rapporto, e continua, “Questa non è Gaza ma Jenin”, che, ricordano ai lettori, è vicino alla città israeliana settentrionale di Afula. Jenin in effetti si trova nel confine settentrionale della Cisgiordania, il che significa che è vicino a molti insediamenti israeliani situati nella Palestina del 1948.
Non diversamente dall’incitamento contro i palestinesi di Wadi Ara, questo dovrebbe essere visto come un appello all’azione israeliana contro il popolo di Jenin. Sempre secondo il rapporto, l’Autorità Palestinese vede questo come un problema perché “Hamas è il più grande nemico dell’Autorità Palestinese”. Mentre una forte dimostrazione di sostegno ad Hamas rappresenta un problema per l’Autorità Palestinese guidata da Fatah, l’idea che la più grande minaccia per i palestinesi sia tutt’altro che Israele è assurda.
Il Naqab
Non passa giorno che politici e media israeliani non incitino contro i beduini palestinesi del Naqab. Sono descritti come bande armate violente che si impadroniscono di terre “di proprietà ebraica” o “di proprietà statale”, e come una comunità che rappresenta una minaccia per i bravi cittadini ebrei rispettosi della legge del Naqab, e c’è una costante richiesta che lo Stato utilizzi misure più severe e punitive per controllarli.
Allo stato attuale, negli ultimi anni più di 2.000 case sono state demolite ogni anno solo nel Naqab. Alcune delle comunità più ricche di Israele e dei più alti tenori di vita si trovano tra gli insediamenti e le città israeliane del Naqab, mentre i beduini palestinesi vivono in estrema povertà mentre vedono le loro terre essere prese e coltivate dai loro occupanti.
Il quotidiano ebraico Walla riferisce dalla città occupata di Bir El-Saba, conosciuta come la capitale del Naqab, di una recente esplosione di violenza tra due clan beduini. Il sindaco sionista della città ha usato ogni parola in codice nella lingua ebraica per chiedere al governo di agire duramente contro la comunità beduina palestinese. Mentre lo Stato di Israele ignora e persino incoraggia la criminalità violenta all’interno delle comunità dei suoi cittadini palestinesi, i politici israeliani ignorano le richieste della comunità di disarmare le bande, ma non perdono mai l’occasione di incolpare la comunità stessa della violenza.
Il sindaco Ruvik Danilovitch ha affermato che “lo Stato ha perso ogni controllo” e che “le milizie devono essere smantellate”. Ha anche definito i beduini terroristi, dicendo che “lo Stato deve combattere il terrorismo interno”. Ha invitato il governo ad avvalersi della Shabak (Shin Bet), la polizia segreta israeliana, che regolarmente detiene e tortura i palestinesi. Va notato che i palestinesi nel Naqab sono già governati da un’agenzia governativa separata su cui non hanno alcun controllo e in cui non hanno voce in capitolo, mentre lo Shabak detiene e tortura regolarmente giovani attivisti del Naqab.
Conosciuta come “L’Agenzia Israeliana per lo Sviluppo dei Beduini”, l’agenzia ha una propria unità di polizia chiamata “Yoav”, che è un’unità altamente militarizzata, simile a un reparto speciale, utilizzata principalmente contro la comunità beduina nel Naqab. L’agenzia, e le unità Yoav ad essa collegate, non sono le uniche impegnate a rendere la vita impossibile alla comunità palestinese del Naqab. L’ONG israeliana Regavim conduce campagne nazionali di diffamazione e incitamento contro i palestinesi in generale e contro i beduini palestinesi del Naqab in particolare.
Il terrorismo e l’incitamento contro i palestinesi sponsorizzati dallo Stato israeliano non sono nuovi. L’intensità che vediamo attualmente, in particolare dalla rivolta del maggio 2021, è un serio motivo di preoccupazione.
Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. È autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five”.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org