In Medio Oriente è necessario parlare di violenza contro le donne

Il 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e il lancio di una campagna di 16 giorni di UN Women per combattere la violenza di genere. Quest’anno è particolarmente preveggente dopo gli effetti sproporzionati della pandemia.

Fonte: english version

Nadine Sayegh – 25 novembre 2021

Il 25 novembre segna il lancio della campagna di 16 giorni delle Nazioni Unite per aumentare la consapevolezza sulla violenza di genere, nonché la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

La campagna di quest’anno utilizza il colore arancione “per rappresentare un futuro più luminoso e libero dalla violenza contro donne e ragazze”. La campagna si concluderà in occasione della Giornata internazionale dei diritti dell’uomo e ospiterà numerosi eventi di sensibilizzazione sia digitali che in presenza.

Una rinnovata attenzione sociale e politica è stata data alla preoccupante questione della violenza di genere (GBV) da quando sono stati lanciati movimenti molto pubblicizzati come “Me Too”, ma anche, a un livello molto più intimo,  durante  il lockdown dovuto alla pandemia.

“Nel mondo una ragazza e una donna su tre subisce violenze fisiche o sessuali, una su 137 viene uccisa da un familiare e meno del 40% è in grado di intraprendere qualsiasi tipo di azione in propria difesa”

Durante i lockdown del 2020 c’è stata un’impennata globale della violenza domestica registrata. In generale, una donna su tre ha subito qualche tipo di violenza fisica o verbale nella propria vita, ma durante il lockdown questo dato è aumentato a due donne su tre che hanno subito violenza o conoscono un’altra donna vittima di violenza.

I dati, raccolti da donne in oltre 13 paesi, hanno anche scoperto che, nonostante ciò, solo una donna su dieci ha denunciato gli abusi alle autorità. Hanno inoltre evidenziato una maggiore probabilità di insicurezza alimentare tra le donne.

Il mondo arabo non è mai stato un’eccezione a questa regola, con una serie di casi che portano alla luce aspetti della violenza di genere non spesso discussi. Ad esempio, in Egitto c’è stata un’impennata delle denunce di molestie sessuali, tanto da fare notizia a livello internazionale.

Il ponte Fatih Sultan Mehmet si illumina di arancione in occasione della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” a Istanbul, Turchia [Getty Images]
 I social media hanno portato all’attenzione il “caso Fairmont”, che coinvolgeva droga, molestie, estorsioni e stupri di gruppo di una giovane donna. Gli accusati, un gruppo di uomini giovani e privilegiati, erano apparentemente abituati a trattare le donne in questo modo, poiché scarse erano state le accuse contro ciascuno di questi uomini.

A seguito di questa popolarità mediatica molti speravano, un po’ ingenuamente, che le numerose vittime avrebbero ottenuto la giustizia che meritavano, invece il tutto è stato più o meno archiviato. Il caso è stato mal gestito sotto diversi aspetti: alcuni dei nove accusati sono fuggiti dal paese evitando la punizione, i testimoni sono stati arrestati e sono state esercitate pressioni politiche e sociali sulle donne che si erano fatte avanti.

In Giordania, il video virale di una donna che implorava aiuto al re ha raccolto un grande sostegno nazionale. La giovane donna era stata abusata psicologicamente da sua madre e dai suoi fratelli e sosteneva di essere stata minacciata e respinta da un rifugio per donne. La sua richiesta includeva il sostegno per sé stessa e per altre donne durante il lockdown.

Mettendo a nudo una parte del sentimento pubblico, i commenti prevalenti  sui social media sono stati del tipo:

“Siamo in quarantena, i tribunali sono chiusi… se mai c’è stato un momento per dare uno schiaffo a tua moglie, è ora. Nessuna famiglia che la salvi, nessun ospedale che la accetti, nessuno stato che la protegga [faccine sorridenti]… ”

 “Fermare questa violenza inizia con il credere alle  sopravvissute, adottando approcci globali e inclusivi che affrontano le cause profonde, trasformano le norme sociali dannose e danno potere a donne e ragazze”

In Libano è stato evidenziato un altro aspetto della violenza di genere, spesso sottovalutato a livello regionale: la violenza contro le lavoratrici domestiche straniere. La crisi è scoppiata e divenuta evidente poiché il Libano non solo stava affrontando rigorose misure di quarantena, ma una crisi economica rapida e alla fine fatale.

La grave svalutazione della valuta ha spinto circa il 90% della popolazione sotto la soglia di povertà. Di conseguenza, oltre a questioni più radicate come il sistema Kafala e il razzismo, le donne sono state abbandonate in massa davanti alle loro ambasciate, completamente prive di mezzi. Questo era già accaduto, ma nell’estate dello scorso anno si è raggiunto un nuovo picco. Ci sono stati un certo numero di casi di suicidio da parte delle lavoratrici nei rifugi e nella casa dove  lavoravano.

Queste istanze centrano diversi spazi in cui le donne sono rese più vulnerabili; come l’ambito legale e domestico per quanto riguarda le lavoratrici straniere. Ciò si traduce in una riluttanza collettiva persino a denunciare i crimini contro le donne, per non parlare del tentativo di porvi rimedio. Nel mondo, una ragazza e una donna su tre subisce violenze fisiche o sessuali, una su 137 viene uccisa da un familiare e meno del 40% è in grado di intraprendere un qualsiasi tipo di azione in propria difesa. Il fenomeno mondiale non è inspiegabile, ma radicato nella disuguaglianza a livello sociale, giuridico e politico che si traduce in impunità percepita e spesso reale.

I prossimi giorni di attivismo sono destinati ad aumentare la consapevolezza sulle questioni globali della violenza contro le donne e UN Women presenta succintamente alcune raccomandazioni conclusive sulla via da seguire:

“Fermare questa violenza inizia col credere alle sopravvissute, adottando approcci globali e inclusivi che affrontano le cause profonde, trasformano le norme sociali dannose e danno potere a donne e ragazze. Con servizi essenziali incentrati sulle sopravvissute nei settori della polizia, della giustizia, della sanità e dei servizi sociali e finanziamenti sufficienti per l’agenda sui diritti delle donne, possiamo porre fine alla violenza di genere».

Nadine Sayegh è una scrittrice e ricercatrice multidisciplinare che si occupa del mondo arabo. Ha trattato argomenti tra cui il genere nella regione, la lotta all’estremismo violento, i Territori palestinesi occupati, tra le altre questioni sociali e politiche.

 

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org