In Iraq le famiglie delle vittime di suicidi sono ostracizzate dalla società

L’Iraq sta attualmente assistendo a un aumento dei tassi di suicidio: con 772 suicidi nel 2021, 109 casi in più rispetto al 2020 con gli adolescenti al primo posto con il 36% del numero totale di suicidi

Fonte: english version

Mohannad Fares – 8 gennaio 2022

Ali, un giovane poco più che ventenne, si era laureato in ingegneria, laurea che lo avrebbe qualificato per un lavoro prestigioso che a sua volta avrebbe ottenuto l’approvazione della famiglia della sua ragazza, così da poterne chiedere la mano.

Tempi difficili lo portarono a lavorare temporaneamente come operaio edile, fino a quando si rese conto che non avrebbe potuto realizzare i suoi sogni. Passarono mesi, con Ali che continuava a cercare inutilmente un vero lavoro; nell’odierno Iraq cercare un ago in un pagliaio è attualmente molto più facile che trovare un lavoro.

Un giorno apprese che la sua amata aveva sposato uno dei suoi parenti, e ne rimase scioccato. Aveva trascorso gli anni dell’università dandosi da fare con il lavoro e studiando duramente per entrare nelle grazie della famiglia della ragazza di cui era innamorato, così tanto che nel frattempo il cuore della sua amata  era diventato di qualcun altro. Non poteva sopportarlo e la disperazione e l’angoscia si impadronirono di lui,  tanto che a metà settembre  decise di porre fine alla sua vita.

Dopo che Ali si suicidò, iniziarono i tentativi di demonizzarlo: lo hanno accusato di drogarsi, altri hanno accusato la sua famiglia di cattiva genitorialità, o di averlo rinnegato

Il suo amico Aysar al-Shimri, che lo chiamava “Allawi”, ricorda: “Dopo che Ali si è suicidato, sono iniziati i tentativi di demonizzarlo. Lo hanno accusato di assumere droghe e di essersi suicidato per sfuggire alla sua dipendenza. Altri hanno accusato la sua famiglia di cattiva genitorialità, cosa che li ha portati a rinnegare il figlio, anche se so che a loro lui manca molto e che sono addolorati, ma lo hanno fatto perché non possono staccarsi dalle cosiddette tradizioni. Se lo facessero, sarebbero ostracizzati”.

La maggior parte della società irachena vede il suicidio come una deviazione dall’Islam. Dato che è proibito dalla religione, con il tempo questa  convinzione si è trasformata in una delle tradizioni che la società irachena considera alla pari con la conservazione della religione e la protezione da tutto ciò che potrebbe influenzare la loro fede.

L’Iraq sta attualmente assistendo a un aumento dei tassi di suicidio. Il portavoce del Ministero dell’Interno ha annunciato che nel 2021 si sono suicidate 772 persone, 109 casi in più rispetto a quelli documentati l’anno precedente. Gli adolescenti di età inferiore ai 18 anni sono al primo posto con il 36% del numero totale dei casi di suicidio, seguiti dai ventenni, con il 32%. Le ultime statistiche hanno anche rivelato che il tasso di suicidi maschili è aumentato del 55% rispetto a quello femminile. In termini di livello di istruzione, il 62% di loro non ha completato la scuola primaria.

Queste cifre non sorprendono l’attivista per i diritti civili Safaa Daoud, che ritiene che i suicidi siano probabilmente anche superiori al numero dichiarato. Attribuisce questo forte aumento alle “circostanze difficili che il Paese sta affrontando. La colpa ricade sul governo e sulla sua negligenza nei confronti dei giovani, che ha fatto perdere la speranza a molti, e questo aumento dei suicidi deriva da una reazione comune nei paesi che stanno attraversando crisi di sicurezza, politiche o economiche, come l’Iraq”.

I campi per sfollati interni – in particolare i campi profughi yazidi – hanno assistito a un aumento del numero di suicidi. A questo proposito, l’attivista yazida Faisal Malko Fandi attribuisce l’incremento alle “condizioni psicologiche e di vita che gli sfollati stanno vivendo all’interno dei campi, con l’impossibilità di tornare nelle loro case distrutte e costretti a vivere sotto tende di plastica da anni, lontano dal governo e dal sostegno umanitario”.

Parlando con Raseef22, Fandi sottolinea che “il lavoro dei centri di sensibilizzazione e di cura psichiatrica nei campi è debole. Avrebbero potuto attenuare le conseguenze di questa crisi, se fossero stati in grado di aiutare le persone ad affrontare tutto ciò che avevano vissuto negli anni passati”.

L’Iraq sta attualmente assistendo a un aumento dei tassi di suicidio: con 772 suicidi nel 2021, 109 casi in più rispetto al 2020 con gli adolescenti al primo posto con il 36% del numero totale di suicidi

Karrar Jassem, attivista dell’Associazione irachena al-Amal, ritiene che i problemi familiari abbiano un impatto notevole su questa crisi. Parlando con Raseef22, ha elencato alcuni di questi problemi, come “i genitori fanno pressione sui figli affinché ottengano punteggi alti a scuola e obbligano le ragazze a sposarsi con matrimoni combinati, o in quello che viene chiamato un ‘matrimonio fasliya’ in cui le donne vengono sposate come compensazione per la risoluzione di conflitti tribali nelle comunità rurali”.

In molti casi, la società, le condizioni sociali, i costumi e le tradizioni sono la principale causa di suicidio, ma questa stessa società, secondo Jassem, “rifiuta il suicidio senza affrontarne le cause per via delle etichette religiose di ‘halal’ e ‘haram’, soprattutto quando si tratta del suicidio di ragazze, che di solito viene etichettato come commesso in nome dell’onore”.

Di conseguenza, Ahmad al-Nuaimi, ricercatore sociale del Ministero del Lavoro, lo descrive come una questione paradossale, “poiché la società condanna il suicidio senza combatterne le cause o le ragioni, e lo considera una reazione eccessiva derivante da un difetto personale o genetico”.

Spiega a Raseef22 che “questa categoria (coloro che condannano il suicidio) è consapevole delle pressioni sociali a cui sono soggette le persone, ma continua ancora ad accusare di follia coloro che si suicidano. Sostengono che anche loro attraversano le stesse difficoltà senza per questo contemplare il suicidio, ignorando come ogni persona abbia diversi livelli di pazienza e tolleranza”. Osserva che “il difetto esistente non è rifiutare il suicidio, ma normalizzarlo e convivere con le cause senza cercare di affrontarle o risolverle. Le persone cercano sempre di nascondere questa crescente crisi e poi ne trascurano le cause”.

Quando uno dei suoi membri si suicida, la famiglia irachena cerca di nascondere l’incidente per paura delle sue conseguenze.  Secondo al-Nuaimi, potrebbe infatti essere socialmente isolata all’interno del proprio ambiente, e molti rifiuterebbero di far sposare i propri figli all’interno di quella famiglia.

  Coloro che cercano cure da specialisti sono ostracizzati dalla società e sono accusati di follia, cosa che  li induce a nascondere lo stress e la pressione psicologica

D’altra parte, lo psichiatra Abdul Amir al-Rubaie, afferma che il 90% della società irachena soffre di malattie sociali e psicologiche. Basa la sua opinione sull’isolamento che la società attuale sta affrontando, “che è uno dei segni più evidenti della depressione. Nonostante ciò, la società rifiuta coloro che cercano un aiuto professionale e li accusa di follia, cosa che induce le persone a nascondere lo stress e la pressione psicologica, in linea con la società”.

Secondo al-Rubaie, questo porta a un accumulo di stress emotivo, che si trasforma in gravi disturbi della personalità, depressione e isolamento, sfociando infine nel suicidio o nel comportamento aggressivo. “Alcuni prendono antidepressivi e farmaci forniti dalle farmacie, il che porta a dipendenza e psicosi che inducono modelli di comportamento suicida, autolesionismo e iperansia se assunti in grandi dosi senza consultare un medico”.

“Se questi tassi continueranno ad aumentare, ciò spingerà l’Iraq in cima alla lista dei paesi con il più alto tasso di suicidi”. Secondo al-Rubaie, le soluzioni “inizieranno con il cambiamento della visione della società sul trattamento mentale, attraverso campagne di sensibilizzazione nei media e implementando programmi statali di sostegno psicologico all’interno di scuole e università, come nei paesi sviluppati”.

Si dice che i proiettili vaganti tolgano la vita agli innocenti, senza considerare i pericoli di critiche sconsiderate contro chi ha un disperato bisogno di cure mentali, in un paese pieno di crisi che apparentemente continuano senza una fine in vista.

 

Traduzione di Grazia Parolari “tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali”-Invictapalestina.org