Nelle alture occupate del Golan, la popolazione di coloni e siriani è approssimativamente uguale, ma gli esperti temono che un nuovo progetto israeliano trasformerà i siriani in una minoranza demografica nella loro stessa terra.
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Jessica Buxbaum – 20 gennaio 2022
MAJDAL SHAMS, ALTURE DEL GOLAN OCCUPATO — Il 15 dicembre 1981, la Knesset (Parlamento israeliano) ha promulgato una legge che annette ufficialmente le alture del Golan, il territorio siriano conquistato da Israele durante la Guerra dei Sei Giorni del 1967. Ora, 40 anni dopo, il governo israeliano spera di raddoppiare le dimensioni degli insediamenti ebraici entro la fine di questo decennio, in uno sforzo che i difensori dei diritti umani vedono come un’ulteriore normalizzazione di un’occupazione dimenticata.
Il mese scorso, il governo israeliano ha approvato un piano da 300 milioni di dollari (265 milioni di euro) per promuovere l’espansione degli insediamenti ebraici nelle alture del Golan occupate. In risposta, questo mese Adalah, il Centro Legale per i Diritti delle Minoranze Arabe in Israele e Al-Marsad, il Centro Arabo per i Diritti Umani del Golan hanno inviato una lettera al procuratore generale Avichai Mandelblit e al Primo Ministro Naftali Bennett chiedendo l’annullamento del piano, dato che costruire insediamenti su terreni occupati è una violazione del diritto internazionale.
“I tentativi di normalizzare l’occupazione del Golan siriano non hanno validità nel diritto internazionale e lo status delle alture del Golan rimane territorio occupato”, ha affermato in un comunicato stampa l’avvocato di Adalah Suhad Bishara. Il governo israeliano deve ancora rispondere alla lettera delle organizzazioni.
Attualmente, circa 28.000 coloni risiedono in 34 insediamenti nel Golan. Gestiscono 167 attività di insediamento e controllano il 95% della terra. La nuova iniziativa del governo mira a raddoppiare la popolazione dei coloni nel Golan in cinque anni, stabilendo due nuovi insediamenti e trasferendo o costruendo fabbriche nella regione. L’obiettivo è aggiungere 23.000 coloni e costruire 7.300 unità abitative. Vuole anche aumentare la popolazione di Katzrin, il più grande insediamento del Golan, di 50.000 residenti entro il 2040.
“L’espansione degli insediamenti nelle alture del Golan non solo viola le regole del diritto internazionale umanitario e delle norme internazionali in materia di diritti umani, ma approfondisce anche la realtà discriminatoria nei confronti dei nativi riguardo ai loro diritti di utilizzare le risorse naturali”, ha affermato l’avvocato di Al-Marsad Karama Abu Saleh. “Ciò aggrava la situazione in cui i coloni hanno privilegi nel ricevere finanziamenti e nell’accesso alle risorse naturali, mentre i nativi soffrono per carenza di terra e altre crisi”.
Un’occupazione dimenticata
Nel 2019, l’allora presidente Donald Trump ha firmato un proclama in cui dichiarava le alture del Golan come parte di Israele, non della Siria. Così facendo, gli Stati Uniti sono diventati il primo paese a riconoscere la sovranità israeliana sul territorio siriano occupato. Due giorni dopo l’annessione ufficiale delle alture del Golan da parte di Israele nel 1981, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha emanato la Risoluzione 497 per designare la legge della Knesset sulle alture del Golan come senza valore giuridico. Oggi, la maggior parte della comunità internazionale considera le alture del Golan come occupate.
Israele ha deciso di costruire un insediamento in onore di Trump, che si chiamerà Trump Heights, come ringraziamento all’ex presidente per il suo ordine esecutivo. Trump Heights fa parte del piano di sviluppo del governo per aumentare la popolazione dei coloni nel Golan. Sebbene l’azione di Trump abbia alterato la strategia degli Stati Uniti in Medio Oriente, non ha cambiato lo status quo generale, ha ribadito l’avvocato di Adalah Bishara, dichiarando:
“La dichiarazione dell’amministrazione Trump al riguardo non ha cambiato nulla sul campo. Ha, ovviamente, le sue implicazioni internazionali in termini di come Israele percepisce questo riconoscimento. Ma in termini di diritto internazionale, l’annessione e qualsiasi riconoscimento da parte di qualsiasi Stato, compresi gli Stati Uniti, non cambia lo status dell’area come territorio occupato e la comunità siriana come comunità protetta dal diritto umanitario internazionale”.
Il fondatore e direttore di Al-Marsad, Nizar Ayoub, ha affermato che la dichiarazione di Trump ha aumentato l’attività di insediamento nel Golan, con molti insediamenti che hanno adottato progetti di espansione. “Alcuni anni fa, i coloni erano tra i 19.000 e i 20.000. Ora, ci sono circa dai 28.000 ai 29.000 coloni,” ha detto Ayoub.
Ma la decisione di Trump non è l’unico fattore che accelera gli sforzi di espansione degli insediamenti nel Golan. “Gli israeliani stanno approfittando dell’Olocausto in corso in Siria e del disfacimento dello Stato siriano”, ha detto Wael Tarabieh, direttore del Programma per i Diritti Economici, Sociali e Culturali di Al-Marsad. “Quindi questa è l’opportunità che stanno usando per consolidare la loro presa sul Golan”.
Dopo che Israele occupò più di due terzi del Golan siriano durante la guerra del 1967, il 95% della popolazione fu sfollata e gli è stato vietato di tornare. Le forze israeliane hanno distrutto le infrastrutture della zona e costruito insediamenti utilizzando le macerie dei villaggi rasi al suolo. Ma la velocità con cui gli insediamenti si sono espansi è stata più lenta di quanto Israele sperasse, ha spiegato Tarabieh. “Il cuore del Golan è quasi vuoto perché la politica dei coloni sin dall’occupazione era di spingersi il più lontano possibile verso la linea di cessate il fuoco siriana e di creare una situazione di fatto sul campo lì”, ha detto Tarabieh, precisando che fino al 2010 Israele e la Siria hanno condotto negoziati riservati su cosa fare con il Golan, impedendo così l’espansione degli insediamenti. La situazione è cambiata, tuttavia, quando è scoppiata la guerra in Siria.
Oggi, solo 27.000 siriani rimangono concentrati in cinque villaggi (Majdal Shams, Buqaatha, Masaada, Ain Qinya e Ghajar) nel Golan settentrionale. Coloni e siriani sono ora più o meno uguali in numero, ma Tarabieh di Al-Marsad crede che il nuovo progetto di insediamento trasformerà i siriani in una minoranza demografica nella loro stessa terra. Lui ha spiegato:
“Il punto principale viene ignorato e negato continuamente, ovvero che gli altri siriani che sono stati sradicati dalle loro terre contano più di mezzo milione e nessuno ne parla. Nessuno parla, ad esempio, del diritto al ritorno dei siriani come si parla dei palestinesi. Ecco perché la chiamiamo un’occupazione dimenticata e tutti trattano il Golan come se fosse una normale estensione del territorio israeliano”.
E nel bel mezzo della crisi in Siria, i siriani del Golan sono rimasti senza voce, ha detto Tarabieh, continuando:
“A causa di ciò che è successo in Siria nell’ultimo decennio, le persone qui sono indifese e si sentono impotenti. Se si dà un’occhiata ai media locali, si scopre che la reazione da parte della gente del posto al piano di insediamento di Israele è molto scarsa rispetto a quella che abbiamo visto negli anni passati. E questo spiega che il popolo del Golan, i siriani, non ha alcun appoggio o rappresentanza politica”.
Nonostante la maggior parte della comunità mondiale riconosca l’occupazione israeliana delle alture del Golan come una violazione del diritto internazionale, l’oppressione è in gran parte ignorata dai media internazionali.
L’avvocato di Adalah, Suhad Bishara, ha ipotizzato che ciò sia dovuto al fatto che l’attenzione pubblica è stata deviata dalla guerra civile in Siria, dagli sviluppi in corso nei territori palestinesi occupati e da una furiosa pandemia. Con l’occupazione del Golan meno violenta rispetto all’accaparramento di terre dell’instabile situazione in Palestina, l’ingiustizia di Israele contro i siriani viene messa in ombra.
Poiché la questione attira meno l’attenzione da una prospettiva internazionale, all’interno del governo israeliano l’occupazione si normalizza ulteriormente. Bishara ha concluso:
“Sembra che le alture del Golan stiano diventando consenso. Perché anche i membri del governo di Meretz (un partito politico israeliano di sinistra) hanno votato a favore di questa decisione del governo, che afferma esistere un consenso lungo l’intero spettro dell’arena politica israeliana, dall’ala destra ai cosiddetti partiti sionisti di sinistra”.
In che modo l’espansione degli insediamenti avrà un impatto sui nativi siriani
I restanti villaggi siriani del Golan controllano meno del 4% della propria terra. Questo perché Israele ha designato le alture del Golan occupate come “terra statale”, il che significa che il governo israeliano ne determina l’uso. Pur trasformandone parte in campi di addestramento militare e avamposti, altre porzioni sono state assegnate a riserve naturali e parchi nazionali e l’area più grande è riservata allo sviluppo degli insediamenti. Una grave crisi abitativa è emersa dalla carenza cronica di terra di Israele, un problema che sarà solo esacerbato dal piano di insediamento del governo.
Le politiche discriminatorie sulla terra hanno reso quasi impossibile per i siriani ricevere permessi di costruzione, costringendoli a costruire illegalmente e rischiando ordini di demolizione. Le autorità israeliane hanno emesso 1.570 ordini di demolizione dalla sua annessione del Golan. Di conseguenza, molti siriani hanno dovuto pagare sanzioni esorbitanti, andare in prigione o vedersi demolire le loro case.
“Il nuovo progetto per raddoppiare la popolazione degli insediamenti colpirà seriamente i villaggi siriani. Finché gli insediamenti si espanderanno, saranno imposte ulteriori restrizioni alla popolazione locale e aggraveranno maggiormente la crisi abitativa”, ha affermato Ayoub.
Il piano di Israele di trasformare più di 2.000 acri (8.000 km2) del Golan in un parco nazionale ha fortemente limitato lo sviluppo dei villaggi circostanti. Majdal Shams, ad esempio, non è più in grado di espandersi a causa dello spazio limitato.
Tarabieh di Al-Marsad ha ipotizzato che il piano di espansione degli insediamenti possa avvantaggiare le imprese edili locali; ma, nel complesso, l’economia siro-golanese ne risentirà.
“La situazione economica peggiorerà sempre di più con il tempo”, ha detto Tarabieh, spiegando come, insieme alla crescita degli insediamenti, Israele spera di trasformare le alture del Golan nella capitale israeliana delle energie rinnovabili. L’anno scorso, Israele ha approvato un piano per costruire un gigantesco parco eolico su un quinto dei terreni agricoli siriani nel Golan, danneggiando in modo significativo la salute, l’ambiente e l’economia dei nativi e impoverendo le loro risorse naturali. “Ecco perché le persone sentono di essere impotenti. Siamo poche persone senza alcun tipo di supporto”, ha detto Tarabieh.
Ma ha sostenuto che le comunità siriane non sono in costante confronto con i coloni, ma che piuttosto è il governo israeliano la loro principale fonte di attrito. “Quando si parla di crisi abitativa, le persone non la collegano direttamente ai coloni. La collegano alle politiche del governo israeliano, perché trattiamo con le autorità israeliane”, ha detto Tarabieh. “Sono loro che negano il nostro bisogno di espandere i villaggi”.
Nella vita quotidiana, i coloni e le popolazioni native hanno convissuto in modo relativamente tranquillo e pacifico, come ha descritto Tarabieh. I coloni si recano nelle cliniche mediche e nei supermercati dei villaggi siriani. Impiegano architetti e ingegneri siriani per costruire le loro case. E si possono trovare giovani siriani che lavorano per i coloni negli spazi agricoli. “Non è un conflitto quotidiano con i coloni. Non è uno scontro diretto tra il colono e il nativo siriano. È tra noi e il governo israeliano”, ha detto Tarabieh.
Con un maggiore sviluppo degli insediamenti, tuttavia, Tarabieh crede che l’equilibrio di potere nel Golan cambierà. “Quando questi coloni controlleranno più terre, questa tensione aumenterà”, ha detto. “E potremmo ritrovarci a scontrarci violentemente con i coloni esattamente come succede ai nostri fratelli palestinesi”.
Jessica Buxbaum è una giornalista corrispondente da Gerusalemme per MintPress News che si occupa di Palestina, Israele e Siria. Il suo lavoro è stato presentato in Middle East Eye, The New Arab e Gulf News.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org