La candidata al dottorato dell’Università di Sheffield Hallam, Shahd Abusalama, afferma di essere stata rimossa dall’incarico di insegnante della stessa Università a causa di “pressioni esterne”.
Fonte: english version
The New Arab – 24 gennaio 2022
Immagine di copertina: Shahd Abusalama afferma che: “La campagna è un tentativo di minare tutte le questioni che rappresento”. – Facebook
Un’accademica palestinese con sede nel Regno Unito ha affermato di essere stata presa di mira da una campagna di “cyberbullismo” da parte di account e organi di stampa filo-israeliani sui social media per il suo attivismo a difesa delle questioni palestinesi.
La campagna segue l’affermazione della dottoranda dell’Università Sheffield Hallam Shahd Abusalama il mese scorso di essere stata rimossa dall’assunzione di un incarico di insegnante presso l’Università a causa di “pressioni esterne” sull’Università.
“La campagna di diffamazione sionista continua un modello storico, in cui la narrativa coloniale sionista domina e gode sempre del privilegio sulle narrazioni degli oppressi”, ha detto Abusalama a Katia Youssef, giornalista per la pubblicazione sorella in lingua araba di The New Arab, al-Araby al-Jadeed.
Gruppi e media pro-Israele avrebbero intensificato la pressione sull’Università Sheffield Hallam dopo che Abusalama ha condiviso un tweet in cui difendeva uno studente dell’Università che aveva realizzato un poster con la scritta: “Fermare l’Olocausto Palestinese”.
Gli oppositori di Abusalama hanno affermato che ha contravvenuto all’impegno dell’Università per la definizione internazionale di antisemitismo (IHRA), che vieta il confronto delle azioni di Israele con quelle della Germania nazista.
Zionist racist publications/trolls have renewed online #bullying to discredit my academic reputation, protesting my recent appointment as an Associate Lecturer at SHU. Meanwhile, I'm getting creepy emails about people trying to hack my twitter. Don't let them silence #Palestine. pic.twitter.com/hturWy64HG
— ShahdAbusalama (@ShahdAbusalama) 19 gennaio 2022
I critici della definizione, inclusi accademici palestinesi ed ebrei, sostengono che la definizione IHRA impedisce le legittime critiche a Israele fondendo l’ebraismo con il sionismo e presuppone che lo Stato di Israele incarni l’autodeterminazione di tutti gli ebrei.
Nei suoi post sui social media, la stessa Abusalama ha notato che non avrebbe usato la parola “Olocausto” poiché “distoglie l’attenzione dalle pratiche sioniste del colonialismo e della pulizia etnica contro i palestinesi”.
La scrittrice e accademica ha esortato i sostenitori a chiedere all’Università di revocare la sua decisione. Ha anche ricevuto il sostegno dei compagni ebrei, tra cui l’ex legislatore sudafricano Andew Feinstein, figlio di un sopravvissuto all’Olocausto.
In una lettera indirizzata all’Università a sostegno di Abusalama, Feinstein ha descritto l’accademica come una voce importante nel movimento antirazzista e ha affermato di non averla mai sentita dire qualcosa che potesse essere interpretato come antisemita.
In una dichiarazione inviata via e-mail al New Arab, un portavoce dell’Università di Sheffield Hallam ha dichiarato: “Sheffield Hallam ha adottato la definizione di antisemitismo dell’Alleanza Internazionale per la Memoria dell’Olocausto (IHRA). Tuttavia, l’adozione di questa definizione non mira a limitare le critiche legittime e il dibattito su questioni relative a Israele e al Medio Oriente”.
L’Università ha inoltre affermato che: “Qualsiasi nomina di un membro del personale è soggetta alla nostra politica e ai processi abituali in materia di risorse umane”, senza fornire ulteriori commenti specifici sul caso di Abusalama.
Abusalama, nel frattempo, afferma che: “Le accuse sono un tentativo di minare tutte le questioni che rappresento” e afferma di essere orgogliosa della sua testimonianza di attivismo che ha portato a pressioni filo-israeliane contro di lei.
L’anno scorso, è stata tra coloro che hanno protestato contro la presenza del produttore di armi israeliano Elbit Systems nel Regno Unito.
“Ero con i manifestanti e abbiamo chiesto la chiusura delle compagnie di armi che guadagnano miliardi di dollari uccidendoci in Palestina”, ha ricordato Abusalama.
“Sono sicuramente arrabbiati per i nostri successi come movimento globale che sostiene la causa palestinese e mi stanno prendendo di mira per ostacolare questi risultati, per coprire i crimini dell’occupazione a Sheikh Jarrah, nel Negev, Beita e Gaza”.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org
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