Ora che Netflix ha inserito personaggi gay nello show arabo, può la rappresentazione queer nella cultura pop rendere i diritti LGBT più mainstream in Medio Oriente?

Mentre in “Perfect Strangers” la rappresentazione queer è stata accolta favorevolmente dagli arabi LGBTQ e dai loro sostenitori, ci vorrà del tempo per vedere come si svolgerà la battaglia per l’inclusione e quali saranno i risultati a lungo termine all’interno della società araba.

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Izat Elamoor -2 Febbraio 2022

Immagine di copertina: Importanti attori arabi partecipano alla prima del primo film arabo di Netflix “Perfect Strangers” il 17 gennaio 2022 al Bvlgari Yacht Club di Dubai, Emirati Arabi Uniti. [Getty]

Da quando il colosso dello streaming Netflix ha pubblicato la versione araba del film italiano “Perfect Strangers” il 20 gennaio, il mondo arabo è stato scosso da un burrascoso dibattito socio-culturale. Il film, coprodotto da società di intrattenimento degli Emirati Arabi Uniti, libanesi ed egiziane, racconta storie sul matrimonio, sulla sessualità delle donne, sulla guida in stato di ebrezza, sullo stigma della salute mentale, sulla paternità anti-patriarcale, sul sesso adolescenziale più sicuro e, per finire, sull’omosessualità e le sfide che devono affrontare gli arabi queer.

Con l’egiziana Mona Zaki (Maryam), la libanese Nadie Labaki (May), Georges Khabbaz (Walid), Adel Karam (Ziad), Diamand Bou Abboud (Jana), Fouad Yammine (Rabih) e il giordano Eyad Nassar (Sherif), il film racconta la storia di sette amici quarantenni egiziani e libanesi dell’alta borghesia che in una notte di eclissi lunare in Libano mettono per gioco il telefonino sul tavolo da pranzo condividendo con tutti le chiamate, i messaggi e i messaggi vocali che arrivano, scoprendo cos’ segreti e scandali.

Tra le numerose questioni socioculturali tabù che hanno fatto etichettare il film come “moralmente corrotto per la cultura araba”, la storia più criticata nell’acceso dibattito è stata quella di Rabih, un professore universitario gay. Rabih si presenta da solo alla cena, organizzata a casa di May e Walid, dopo aver detto ai suoi amici – tre coppie sposate – che quella sera avrebbe presentato loro la sua nuova ragazza (Rasha). Non avendo in programma di rivelare la sua sessualità, Rabih e Sherif si scambiano i telefonini per aiutare quest’ultimo a evitare uno scandalo. Più tardi Sherif legge le notifiche inviate da un ragazzo di nome Roy dal telefono di Rabih come se fossero sue, facendo pensare a Maryam, sua moglie, di essere gay.

“Mentre il dibattito sull’agenda di Netflix e sul film continua, vale la pena  ricordare che quando nel gennaio 2016 Netflix  fu lanciato in Medio Oriente, dovette affrontare molteplici sfide”

Alla fine del film, Rabih rivela che Roy è il suo nuovo ragazzo e che non c’è mai stata una Rasha, aggiungendo di essere stato licenziato dalla sua università per la sua sessualità. Prima che Rabih faccia coming out, gli amici  si comportano con  Sherif (supponendo che sia lui il gay) come se essere gay non fosse un problema. Alcune reazioni sono persino  presentate come biasimo nei suoi confronti per non  avere fatto coming out prima,  in quella che sembra una completa normalizzazione dell’omosessualità nella cultura araba.

Il pubblico si è riversato sui social media, in particolare Twitter e Instagram, mostrando un mondo arabo profondamente polarizzato su molteplici questioni, ma soprattutto sull’omosessualità. Questa polarizzazione ha fatto sì che il film ricevesse sia grandi elogi che feroci critiche.

L’avvocato Ayman Mahfouz, noto in Egitto per il suo comportamento da “poliziotto della moralità“ nel perseguire  artisti e produttori di cultura pop, ha intentato una causa contro Netflix chiedendo di vietare il film. Mahfouz ha detto alla TV egiziana ETC : “Forse che gli artisti sono al di sopra della legge, al di sopra di tutti gli standard morali? In nome dell’arte? I dialoghi del film sono pieni di messaggi cancerogeni”.

Nella causa, Mahfouz accusa il produttore Mohamed Hefzy di produrre opere d’arte volte a “danneggiare la sicurezza nazionale egiziana, cooperando con partiti stranieri allo scopo di far trapelare concetti politici e sociali volti a destabilizzare la stabilità interna”.

Ugualmente Mustafa Bakri, membro della Camera dei rappresentanti egiziana, ha accusato Netflix di “degrado morale” e di “produrre un film destinato a colpire i valori e le basi della società” araba ed egiziana.

Allo stesso tempo, il film ha avuto anche grandi apprezzamenti. Negando che i temi del film siano culturalmente controversi, il Sindacato degli attori egiziani ha rilasciato una dichiarazione ufficiale a sostegno della famosa star Mona Zaki.

Eminenti attori e artisti egiziani come Amr Waked, Hend Sabry, Ahmed Fahmy e Ghada Abd El Razek hanno pubblicamente sostenuto il cast del film. La famosa attrice Elham Shahin, precedentemente nota per aver causato disordini mediatici e politici in Egitto, ha dichiarato sulla sua pagina Instagram: “film bello e reale con tematiche di vita normali, che problema c’è se qualcuno gay… La società araba ha problemi molto più seri”.

Shahin ha continuato descrivendo l’ipocrisia di “una società ossessionata” in cui alcune idee sono percepite come appropriate nei film stranieri, ma non in quelli di lingua araba prodotti localmente.

Mentre il dibattito sull’agenda di Netflix e sul film continua, vale la pena ricordare che quando nel gennaio 2016 Netflix fu lanciato in Medio Oriente, dovette affrontare molteplici sfide.

Alla fine del 2016, Netflix aveva solo 137.000 abbonati in tutto il MO, pari solo allo 0,1% della sua base complessiva di abbonati. Ha dovuto affrontare il problema dei contenuti piratati, una tendenza che persiste nel mondo arabo causando all’industria centinaia di milioni di dollari l’anno. A causa di problemi di licenza, rispetto a Netflix USA anche l’agenda dei contenuti era limitata. Inoltre l’utilizzo della carta di credito nella regione non è così fluido e può essere lento, quindi Netflix ha dovuto affrontare problemi anche con i metodi di pagamento. La debole infrastruttura Internet è stata un ostacolo alla crescita e la competizione con provider di streaming locali e regionali come Shahid Plus è continuata.

Sebbene alcuni di questi problemi siano migliorati rispetto al 2016 e alla fine del 2021 Netflix avesse 74 milioni di abbonati in Europa, Medio Oriente e Africa, l’azienda si è resa conto abbastanza presto che per diventare più forte, doveva creare contenuti locali originali.

Sebbene “Perfect Strangers” sia il suo primo lungometraggio originale arabo, Netflix aveva già  prodotto due programmi TV arabi che avevano scatenato scontri simili. “Al-Rawabi School for Girls” (agosto 2021) e “Jinn” (giugno 2019), serie girate entrambe in Giordania e percepite come negative e imprecise dalla cultura araba.

Eppure, Netflix ha un tipo speciale di potere, in particolare a causa della sua natura esclusivamente online. I leader politici della regione del Medio Oriente e del Nord Africa si sono resi conto che vietare del tutto la piattaforma è impossibile. Fino a quando non emergeranno le tattiche per affrontarlo, film come “Perfect Strangers” non subiranno la censura regionale e saranno visti senza tagli. Ciò non succede con le tradizionali sale cinematografiche e con le TV locali esistenti da tempo che devono invece affrontare il controllo imposto dallo stato.

Più di recente, ad esempio, film come “Eternals” e “West Side Story” sono stati banditi in diversi paesi del MO a causa della loro inclusione LGBTQ. Considerando questi motivi, i registi e i produttori arabi sono desiderosi di lavorare con Netflix non necessariamente per la sua grande capacità finanziaria, ma per l’infinita libertà che offre. Gli artisti arabi ora sono consapevoli che attraverso Netflix, il loro lavoro può oltrepassare i confini della cultura, dei  Paesi e della lingua.

Da oltre un decennio, da quando è scoppiata la cosiddetta Primavera Araba, le questioni LGBTQ sono emerse sempre più nella regione. Sebbene Netflix sia solo uno dei tanti fattori che contribuiscono a tale visibilità, il gigante dello streaming è particolarmente degno di nota, visto che può superare i divieti e le repressioni sponsorizzate dallo stato.

Vari governi egiziani, ad esempio, negli ultimi decenni, ma soprattutto da quando Al-Sisi è salito al potere, hanno fatto affidamento sulla repressione LGBTQ per mantenere la propria posizione. La controversia pubblica su “Perfect Strangers” e il sostegno pubblico di Zaki da parte del Sindacato degli attori egiziani, tuttavia, potrebbe indicare una nuova fase regionale incontrollabile della lotta LGBTQ, resa possibile grazie all’industria  globalizzata dell’intrattenimento.

  “Il cambiamento LGBTQ  in MO è una lunga strada. Ogni percorso di cambiamento comporta sacrifici, tuttavia, e quelli che ne pagano il prezzo sono nel frattempo gli arabi LGBTQ che vivono nella regione”

Netflix si pone coraggiosamente come un sito di riproduzione culturale per tematiche che raramente catturano il palcoscenico mainstream locale. Sebbene la rappresentazione queer in “Perfect Strangers” sia stata accolta favorevolmente dagli arabi LGBTQ e dai loro sostenitori, ci vorrà del tempo per vedere quali risultati porterà a lungo termine nella più vasta società araba.

Il cambiamento LGBTQ in MO è una lunga strada. Ogni percorso di cambiamento comporta sacrifici, tuttavia, e quelli che ne pagano il prezzo sono nel frattempo gli arabi LGBTQ che vivono nella regione e che si trovano a dover affrontare l’omofobia amplificata provocata dalle conversazioni virali sui problemi LGBTQ che Netflix e il film hanno causato.

Indipendentemente dal fatto che Netflix e/o il film finiscano per essere banditi dalla regione, è già in corso un dibattito locale sulle identità LGBTQ e le sue implicazioni sono destinate a durare anche se i governi dovessero adottare misure per fermarlo. È difficile prevedere se Netflix rimarrà nella regione e se continuerà a sfidare la mentalità socioculturale araba locale sulle identità LGBTQ e oltre, ma non è certo un obiettivo facile da sconfiggere.

 

Izat Elamour è un palestinese che studia per un dottorato di ricerca in Sociologia dell’Educazione alla New York University. Studia le questioni LGBTQ in Palestina con particolare attenzione all’istruzione, alla vita familiare, al movimento queer palestinese e alla vita LGBTQ in Medio Oriente e Nord Africa, con particolare attenzione ai fattori sociopolitici del cambiamento LGBTQ dalle rivolte arabe del 2011.

 

Traduzione di Grazia Parolari  “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org