Le donne della mia famiglia e i piatti tradizionali palestinesi

Il cibo ha interessato ogni singola donna della mia famiglia, soprattutto perché una donna viene giudicata in base alle sue capacità culinarie.

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Diana Mardi Atari – Febbraio 2022

Non avrei mai pensato che sarei stata così interessata al cibo. Ma, in tutta onestà, il cibo ha preoccupato ogni singola donna della mia famiglia, soprattutto perché una donna viene giudicata in base alle sue capacità culinarie. La capacità di preparare un riso perfetto – mufalfal (cotto bene ma non appiccicoso) – è il barometro con cui si misura il talento di una donna come muaadallah (cuoca cordon bleu). Quando ho cucinato per la prima volta, è stato perché dovevo, non perché volevo. Mia madre era andata in ospedale per partorire il mio terzo fratello e sarebbe stata via per tre giorni. Dovevo dimostrare di essere all’altezza della responsabilità, quindi ho deciso di preparare il moloukhiyeh, un piatto che amo, per i miei fratelli. Tutto perfetto, anche il riso. Sfortunatamente, mancava di sale, ma questo non era un problema, poiché chi voleva più sale poteva semplicemente aggiungerlo nei propri piatti. L’aspetto più importante del pasto, però, era il riso. Quel giorno mi guadagnai il titolo di muaadallah, ma dovevo dimostrare di saper fare anche altri piatti più difficili.

Maftool

Le donne della mia famiglia – mia nonna e le sue cognate, le mie zie e le mie cugine – si incontravano in varie occasioni formali o informali, di solito intorno a un pasto. Spesso preparavano il concentrato di pomodoro fatto in casa mentre noi, le ragazze più giovani, le aiutavamo con quei compiti che non richiedevano ingredienti o abilità particolari. Lavavamo, affettavamo e pressavamo i pomodori da consegnare alle donne più esperte per farli cuocere su un fornello a legna, mescolandoli bene e aggiungendo la giusta quantità di sale necessaria per conservarli prima di versarli nei barattoli.

A volte guardavo mia nonna fare una grande palla di pasta, un altro modo per misurare la maestria di una donna in cucina. Speravo che un giorno mi avrebbe fatto provare a fare l’impasto, ma quello è rimasto un semplice sogno perché non mi è mai stato permesso di toccare il cibo a causa dell’ossessione di mia nonna per l’igiene. Ma l’immagine dell’impasto è rimasta nella mia memoria e nei miei sogni per il futuro.

Hisin Mardi, la nonna dell’autrice

La guardavo anche preparare il maftoul (couscous), un pasto che noi bambini amavamo, sempre impazienti di vedere lo stufato di zucca e ceci che veniva versato sul maftoul per renderlo pronto da mangiare. Imploravamo mia nonna di darci come spuntino un po’ del maftoul al vapore marinato in puro olio d’oliva. Ho chiesto più volte a mia nonna e alle altre donne della mia famiglia di farmi preparare il maftoul, ma invano. Per loro, ciò richiedeva un’abilità ed un’esperienza speciali che si potevano acquisire solo da adulti.

Quando sono cresciuta e mi sono sposata, ho potuto provare a preparare il maftoul senza aspettare l’approvazione di mia nonna. Ho dovuto dimostrare la mia abilità anche se non avevo mai avuto esperienza pratica. Nella mia testa sentivo la voce di mia nonna: “Usa entrambe le mani per lavorare l’impasto, strofinalo delicatamente, senza alcuna pressione, per lasciare libero il maftoul”.

Per preparare il maftoul utilizziamo il bulgur messo a mollo, lo stendiamo su una teglia, aggiungiamo la farina di frumento, il sale, il pepe nero e la cannella, e mescoliamo, strofinandolo delicatamente tra le mani per ottenere delle palline rotonde che vengono poste in un setaccio sopra una pentola di acqua bollente. Il maftoul viene cotto a vapore e poi messo in una pentola con le cipolle tritate condite con sale, pepe nero e olio d’oliva, a cui si aggiungono pezzi di zucca, carote e ceci bolliti immersi in uno stufato di pollo a base di pomodoro. I pezzi di pollo vengono arrostiti e poi adagiati sopra.

Il maftoul è un piatto popolare nel mio villaggio natale, Tiret al-Muthalath, noto anche come Tiret Bani Sa’ab. Le donne della mia famiglia (mia nonna, sua cognata e probabilmente una o due altre donne) preparavano il maftoul utilizzando un sistema di distribuzione dei compiti basato sull’esperienza. Alcune donne sono impegnate a lavorare l’impasto per preparare le palline, mentre altre preparano la zuppa o lo stufato di zucca e un terzo gruppo versa lo stufato per servire. Per quanto mi ricordi, il maftoul veniva solitamente servito in occasioni tristi, ad esempio quando qualcuno moriva o nel quarantesimo giorno commemorativo della morte di una persona. In ogni caso, noi bambini giocavamo un ruolo preciso, consegnando i piatti di maftoul ai vicini e ai parenti in queste tristi occasioni. Offrire loro il maftoul era un modo per unirsi alle loro preghiere affinché il defunto riposasse in pace.

Ho amato così tanto questo piatto delizioso che quando sentivo che qualcuno era morto, sognavo questo pasto gustoso. In quelle tristi occasioni veniva servito anche l’aseeda (un piatto di grano bollito). È fatto di chicchi di grano intero messi a bagno per ore e poi cotti con l’agnello fino a quando non si ammorbidiscono. Quando lo stufato si addensa, si aggiungono i ceci ben cotti. La zia di mio padre aggiungeva il tocco finale: una cucchiaiata di yogurt acido per completare il gusto del grano. L’aseeda viene servito con sopra pezzi di agnello.

Poiché questo piatto viene servito in occasioni tristi, uno dei miei cugini si rifiutava di mangiarlo; lo odiava e lo associava alla morte. Io, invece, aspettavo con trepidazione il terzo giorno del periodo di lutto per avere la mia parte. Questo piatto è una parte fondamentale della mia cucina. Nello spirito culinario ereditato da mia nonna, aggiungo carote, zucca e zucchini, oltre ad altre verdure che ne aumentano il valore nutritivo e l’energia che fornisce.

Quando sono cresciuta, ho imparato da amiche di altri villaggi che il maftoul da loro non viene servito nelle tristi occasioni. Inoltre, nella regione di Ramallah e Al-Bireh, ad esempio, il maftoul è più piccolo e lo stufato contiene solo pollo e ceci, senza zucca, carote o salsa di pomodoro. Ho anche imparato che l’aseeda è in realtà un piatto dolce che non assomiglia affatto al nostro aseeda. Questi incontri mi hanno spinto a esplorare le variazioni della cucina palestinese da una città all’altra e da sud a nord. Guardare mia nonna e mia madre preparare i piatti più deliziosi mi ha dotato di caldi ricordi culinari. Possa mia nonna, che mi ha permesso di guardare e imparare da lei, riposare in pace.

 

Diana Mardi Atari. Nata e cresciuta ad Al-Tireh nel nord della Palestina, Diana Mardi Atari è orgogliosa di provenire da una famiglia con radici beduine, in particolare dalla tribù araba Hweitat fuggita ad Al-Tireh nel 1948, proveniente dalla regione di Al-Bassa . Attualmente, Diana lavora come ricercatrice sul campo presso un’organizzazione per i diritti umani. Diana è molto interessata al cibo palestinese e vorrebbe avere il suo ristorante per servire piatti tradizionali palestinesi. E’ sposata e ha tre figlie.

 

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.com