Gaza, la Tradita

Di Samah Jabr

 

Gaza è a meno di 100 chilometri da Gerusalemme. È posizionata deliberatamente fuori portata, separata da tre confini  visibili. Il confine israeliano è l’ostacolo principale, ma ce ne sono altri due, ciascuno dei quali afferma l’aGaza, la Tradita utorità di una delle due fazioni palestinesi in conflitto: l’Autorità Palestinese di Ramallah e lo stesso governo di Gaza. Meno visibilmente, ci è impedito di raggiungere Gaza per mezzo di un assedio diplomatico che ha creato divieti istituzionali. Ma anche quando viene concesso il permesso ufficiale del governo per entrare a Gaza, siamo spesso obbligati a pensare alle conseguenze istituzionali.

Recentemente, dopo tre tentativi per entrare a Gaza in missione medica, sono riuscita ad ottenere tutti i documenti giusti e ad aggirare il veto istituzionale. Sono stata incaricata come consulente da Medicins Du Monde (MDM) Spagna per formare e supervisionare psicologi che lavorano per il Ministero della Salute e il Ministero dell’Istruzione sulla gestione delle condizioni legate ai traumi tra i bambini.

Al checkpoint di Erez, il passaggio tra l’ultimo quartiere israeliano di Ashkelon e il primo quartiere di Gaza, Beit Hanoun, è sembrato un viaggio indietro nel tempo di diversi decenni. Da parte israeliana, vedi edifici moderni, macchine eleganti e strade larghe e modernizzate, quando invece entri a Gaza ti trovi di fronte a infrastrutture deteriorate, strade dissestate, carri trainati da animali, spazi abitativi sovraffollati, una moltitudine di bambini che giocano per le strade , fitte file di biancheria appese agli edifici e visi affaticati che ti guardano con sguardi misteriosi, forse chiedendosi: “Perché qualcuno dovrebbe venire a Gaza?”

Con mia sorpresa, non c’erano macerie visibili di case demolite e rimaste dall’ultima guerra, in maggio, a Gaza. Ho capito che qualsiasi materiale utile viene raccolto molto rapidamente per essere riutilizzato per future ricostruzioni. Ho notato diversi giovani con amputazioni  nelle strade: giovani uomini e adolescenti che hanno perso un arto durante la guerra o perché le loro ginocchia sono state prese di mira durante la  Grande Marcia del Ritorno.

I graffiti esposti nei campi, in città e sulla spiaggia esprimono il sostegno della popolazione di Gaza ai Gerosolimitani, al popolo di Sheikh Jarrah e a tutti i prigionieri palestinesi.

Gaza, la prigioniera, esprime resistenza per liberarci!

La guerra punta i riflettori sulla miseria di Gaza, ma molto rapidamente, questa miseria ricade nell’oblio. Oggi, mentre mi siedo al caldo di casa per scrivere questo articolo – beneficiando di un giorno libero dal lavoro a causa della tempesta di neve che ha colpito la regione – vengo a sapere di un bambino a Khan Yunis che è morto a causa della mancanza di riscaldamento di Gaza. Povertà, anemia, insicurezza alimentare, mancanza di attrezzature mediche, mancanza di rifornimento di carburante e mancanza di elettricità sono permanenti a Gaza. Sono rimasta profondamente rattristata quando uno dei nostri tirocinanti a Gaza, un collega anziano, ha detto in un incontro informale: “Ho visitato Gerusalemme l’anno scorso”. I colleghi di Gaza hanno espresso curiosità e persino invidia – per spiegare, ha aggiunto: “Sono un malato di cancro e mi è stato concesso il permesso di essere curato all’Augusta Victoria Hospital”. Per avere accesso ai servizi medici fuori Gaza bisogna essere molto malati e molto fortunati nello stesso tempo.

Ciascuno dei casi clinici presentati dai terapeuti soffriva di miseria, oltre, in alcuni casi, di psicopatologia. Quattro casi su 21 minori sono stati sottoposti a supervisione in seguito al suicidio di un membro della famiglia. Tutti gli altri hanno seguito la morte traumatica di un familiare ucciso dagli israeliani. In un caso, la bambina era l’unica sopravvissuta della sua famiglia. In un altro caso, il fratello diciassettenne del bambino si è suicidato dopo che sua madre gli aveva fatto pressioni affinché lasciasse la casa per procurarsi il cibo; una sorella ha riferito al consulente scolastico che sua madre era depressa e trascorreva tutto il suo tempo a letto. Quando un terapeuta ha contattato la madre per offrire supporto e un antidepressivo, la madre ha risposto: “Ho bisogno di cibo, non di farmaci”.

Non esiste un posto sicuro a Gaza. Il volto del trauma si insinua quando una casa viene demolita, quando un compagno di classe viene ucciso, quando un cugino prende una barca illegale e scompare per sempre, quando c’è la minaccia di un’altra guerra e quando Israele attacca i pescatori e i contadini per dissuaderli dal lottare per guadagnarsi da vivere. Le minacce sono tante e reali.

Ho lasciato Gaza molto presto una domenica mattina per riprendere  il mio lavoro in Cisgiordania. Ho incontrato la fila infinita di lavoratori palestinesi in attesa di attraversare il checkpoint di Erez per andare al lavoro. Mi è stato detto che stavano aspettando dalle 4 del mattino. Nei loro corpi magri, nei volti scuri e rugosi, nelle sigarette scadenti e nei sacchetti di plastica che portavano con un cambio di biancheria intima, ho visto un quadro di schiavitù moderna. A differenza di loro, non sapevo che gli israeliani non mi avrebbero permesso di attraversare il checkpoint con la mia valigia. Ho dovuto precipitarmi a svuotarne il contenuto in sacchetti di plastica e buttarla via prima di raggiungere i soldati.

Sono andata a Gaza per insegnare e supervisionare, ma ho imparato molto come medico, come connazionale palestinese e come essere umano. Se Gaza fosse una persona, il suo trauma più profondo non sarebbe l’aggressione del nemico ma il tradimento dei suoi vicini, dei suoi fratelli e delle sue sorelle. Dobbiamo ancora trovare un rimedio nazionale per questo tradimento.

– La Dott.ssa Samah Jabr MD è una psichiatra e psicoterapeuta; il Capo dell’Unità di Salute Mentale, Ministero della Salute della Palestina; e Assistant Clinical Professor, George Washington University, Washington DC, USA. È anche autrice di Derrière les fronts (Dietro la prima linea). Il suo articolo è apparso su MEMO.

https://english.palinfo.com/articles/2022/1/29/Gaza-the-Betrayed

Traduzione a cura di Associazione di Amicizia Italo-palestinese