Le chiese dichiarano che il cristianesimo in Terra Santa è minacciato dagli estremisti ebrei

ll cristianesimo è nato in Palestina, ma la sua popolazione sta diminuendo di numero. “Siamo di fronte a una situazione molto pericolosa”, ha detto l’arcivescovo Theodosios, “in cui tra pochi anni potremmo vedere la città più santa per i cristiani senza cristiani locali autoctoni”.

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Di Jessica Buxbaum – 9 marzo 2022

GERUSALEMME EST OCCUPATA — Il mese scorso, l’Autorità Israeliana per la Natura e i Parchi (INPA) ha annunciato l’intenzione di includere i luoghi santi cristiani all’interno di un parco nazionale. I capi della Chiesa hanno condannato la mossa come parte degli sforzi sistematici per cacciare i cristiani dalla Terra Santa.

A seguito della reazione, l’INPA ha ritirato il piano dall’agenda di marzo del Comune di Gerusalemme, dicendo che avrebbe invece discusso con le chiese locali su come preservare l’area. Eppure il progetto è tornato all’ordine del giorno della Commissione Urbanistica e Costruzioni del Comune, previsto per il 31 agosto. L’INPA non ha risposto alle richieste di commento sul perché questo punto sia stato reinserito all’ordine del giorno del Comune.

Il piano propone l’ampliamento del Parco Nazionale delle Mura di Gerusalemme, che circonda la Città Vecchia, di circa il 25% e prevede l’acquisizione di terreni privati ​​palestinesi e di proprietà della Chiesa, compresi alcuni dei siti cristiani più sacri. In origine, la proposta includeva anche un cimitero ebraico, ma è stata esclusa quando le autorità ebraiche che gestiscono il cimitero si sono opposte alla decisione.

Dopo l’annuncio del piano, le organizzazioni israeliane per la pace e i diritti umani Bimkom – Pianificatori per i Diritti di Progettazione, Emek Shaveh, Ir Amim e Peace Now hanno dichiarato in un comunicato congiunto:

“C’è un collegamento diretto tra ciò che sta accadendo a Sheikh Jarrah e il piano di espansione. Si tratta di vari meccanismi utilizzati da Israele a Gerusalemme Est per rafforzare la propria sovranità, estromettere la presenza non ebraica e impedire lo sviluppo tanto necessario dei quartieri palestinesi, aumentando così la pressione per spingerli fuori dal bacino della Città Vecchia”.

I capi della Chiesa hanno anche criticato l’espansione delineata in una lettera al Ministro della Protezione Ambientale di Israele:

“Si tratta di un provvedimento brutale che costituisce un attacco diretto e premeditato ai cristiani in Terra Santa, alle chiese e ai loro antichi diritti garantiti a livello internazionale nella Città Santa. Con il pretesto di preservare gli spazi verdi, il piano sembra servire a un disegno ideologico che nega lo status e i diritti dei cristiani a Gerusalemme”.

Il Parco Nazionale delle Mura di Gerusalemme fu istituito dopo che Israele ha annesso Gerusalemme Est dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967. La sua dichiarazione includeva le aree designate per l’espansione, ma quei piani non sono stati realizzati, fino ad ora.

Le organizzazioni israeliane per i diritti umani hanno condannato l’espansione per aver limitato l’edilizia palestinese, sottolineando inoltre che l’attuale stato del parco ha notevolmente ostacolato lo sviluppo palestinese.

Sari Kronish, l’architetto di Bimkom, ha affermato che il Parco Nazionale delle Mura di Gerusalemme contiene diversi quartieri palestinesi, tra cui Wadi-Hilweh e al-Hizbe. “Non è solo un anello attorno alle mura della Città Vecchia”, ha detto Kronish. “Entrambi questi quartieri si sono trovati improvvisamente a vivere all’interno di un parco nazionale, il che ne impedisce completamente il miglioramento e lo sviluppo per non parlare del fatto che aumenta anche il controllo di polizia”.

I quartieri palestinesi non sono l’unica comunità colpita dallo sviluppo dei parchi israeliani. Padre KoryounBaghdasaryan, cancelliere del Patriarcato armeno di Gerusalemme, ha detto che dal 1967 il Patriarcato armeno non ha ricevuto il permesso per costruire nulla di nuovo nel quartiere armeno della Città Vecchia perché l’area è dichiarata area verde.

“L’idea di dichiarare intere aree parchi nazionali o zone verdi è quella di imporre restrizioni”, ha affermato Baghdasaryan, spiegando come queste restrizioni abbiano impoverito l’attività commerciale e la crescita economica del quartiere. “Gli armeni hanno acquistato queste proprietà per assicurare un reddito al patriarcato, al convento e per sopravvivere qui”, ha continuato Baghdasaryan. “Ora non abbiamo più alcun introito.”

I coloni prendono il controllo

Nella loro lettera al Ministro della Protezione Ambientale israeliano in merito all’estensione del Parco Nazionale delle Mura di Gerusalemme, i capi della chiesa hanno scritto:

“Negli ultimi anni, non possiamo fare a meno di sentire che varie entità stanno cercando di limitare, per non dire eliminare, qualsiasi caratteristica non ebraica della Città Santa tentando di alterare lo status quo. Sembra che il piano sia stato presentato e venga diretto, avanzato e promosso da entità il cui unico scopo apparente è confiscare e nazionalizzare uno dei luoghi più sacri del cristianesimo e alterarne la natura”.

Le chiese si riferiscono qui a gruppi di coloni israeliani. Più specificamente, le associazioni di coloni Ir David Foundation (o El’ad) e Ateret Cohanim, che hanno fatto parte di operazioni immobiliari ed edilizie in ed intorno alla Città Vecchia.

El’ad è noto soprattutto per la gestione del sito archeologico della Città di David situato nel quartiere palestinese di Silwan e vicino alla Moschea di Al-Aqsa. Oltre a promuovere azioni legali di sfratto contro i residenti di Silwan, El’ad conduce anche scavi archeologici sotto le strade di Silwan, danneggiando le fondamenta portanti di molte case palestinesi. L’organizzazione è anche coinvolta nella costruzione di un ponte pedonale che attraversa la Città Vecchia.

“Stanno cercando di creare un anello di attrazioni turistiche legate agli insediamenti intorno alla Città Vecchia”, ha affermato Talya Ezrahi, coordinatrice delle relazioni esterne di Emek Shaveh, un’organizzazione no-profit israeliana focalizzata sull’archeologia. “Il loro obiettivo è trasformare l’identità dello spazio intorno alla Città Vecchia che è multiculturale e multi-religioso in uno con una narrativa giudeocentrica che giustifichi gli insediamenti”.

Gli obiettivi di Ateret Cohanim sono leggermente diversi. Nel quartiere cristiano della Città Vecchia, il gruppo di coloni ha acquistato gli Hotel Petra e New Imperial dalla Chiesa greco-ortodossa nel 2004 attraverso un accordo segreto organizzato da Nikolaos Papadimas, allora responsabile delle proprietà della chiesa. Papadimas è scomparso dopo la vendita da 1,25 milioni di dollari (1,13 milioni di euro). Ora, la direzione palestinese dell’Hotel New Imperial è coinvolta in una battaglia legale contro lo sfratto dopo che la Corte Suprema israeliana ha stabilito che l’accordo è stato concluso in buona fede nel 2019.

L’Hotel è situato tra le chiese cattolica e greco-ortodossa e vicino all’ingresso principale della Città Vecchia, la Porta di Jaffa. “Se questo è nelle mani di tale gruppo radicale, questo minaccerà la presenza cristiana alla Porta di Jaffa e a Gerusalemme”, ha detto Walid Dajani, il manager dell’Hotel. La sua famiglia gestisce l’Hotel dal 1949 e sono inquilini protetti.

L’arcivescovo Theodosios di Sebastia, del Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, ha spiegato che le terre di proprietà della chiesa greco-ortodossa fanno parte di un

Waqf (Fondazione Pia Islamica) o Trust (Consorzio) cristiano, il che significa che non sono in vendita. “Queste proprietà supportano la fermezza dei cristiani”, ha detto l’arcivescovo Theodosios. “Questi accordi sono illegali e queste proprietà rimarranno di proprietà della chiesa”. Il leader religioso ha aggiunto che il Waqf cristiano era minacciato anche prima dell’istituzione dello Stato israeliano. “Prima del 1948”, ha detto l’arcivescovo Theodosios. “Ci sono così tante terre che appartenevano a chiese a Gerusalemme Ovest che sono state confiscate e moltissime istituzioni ufficiali israeliane sono state poi costruite su queste terre”.

Ateret Cohanim ha rifiutato di commentare la questione.

 

Un cristiano palestinese accende delle candele durante una messa di Natale mattutina nella chiesa greco-cattolica melchita di San Giorgio, nel villaggio di Burqin in Cisgiordania, vicino alla città di Jenin, mercoledì 25 dicembre 2013. (AP Photo/Mohammed Ballas)

Aumentano gli attacchi contro i cristiani

L’appartenenza alla comunità cristiana è minacciata, così come la propria sicurezza.

Sia padre Baghdasaryan che l’arcivescovo Theodosios hanno descritto come quasi chiunque indossi una croce mentre cammina per la Città Vecchia subisce aggressioni verbali o fisiche da parte di estremisti ebrei. “Una volta che una persona viene identificata come cristiana, non importa che sia un sacerdote, un seminarista o un laico, i coloni si comportano semplicemente con ostilità. Gli sputano addosso. Li maledicono”, ha detto Baghdasaryan.

I cristiani armeni sono i più suscettibili agli attacchi, data la vicinanza del quartiere armeno al quartiere ebraico. Lo scorso maggio, i reverendi armeni padre Tiran Hakobyan e padre Arbak Sarukhanyan sono stati picchiati da un gruppo di coloni israeliani mentre camminavano verso la chiesa del Santo Sepolcro provenienti dal convento armeno. Sarukhanyan è stato ricoverato in ospedale per le ferite riportate. “Sono a Gerusalemme dal 1995. Gli attacchi aumentano ogni anno. In passato non c’è mai stata violenza fisica, ma recentemente sta diventando sempre più frequente”, ha detto Baghdasaryan.

A Baghdasaryan è stato sputato addosso numerose volte e anche l’arcivescovo Theodosios è stato attaccato mentre camminava attraverso la Città Vecchia. “Alcuni di loro sono bambini. Sono bambini piccoli che sputano, aggrediscono verbalmente e trattano i religiosi e gli anziani in modo molto offensivo”, ha detto l’arcivescovo Theodosios. “Questi bambini vengono cresciuti con il razzismo e l’odio. Pensano che Gerusalemme appartenga solo a loro e a nessun altro popolo”.

Ma non è solo la violenza fisica a disturbare la presenza cristiana a Gerusalemme. L’arcivescovo Theodosios ha descritto come la municipalità, insieme a gruppi di coloni, organizzi spesso feste rumorose durante le festività ebraiche nel quartiere cristiano vicino alla Porta Nuova. “Organizzano musica e balli che sconvolgono la santità della zona e la vita quotidiana dei residenti”, ha detto l’arcivescovo Theodosios. “È un tentativo di cambiare l’atmosfera cristiana dominante di quella zona”.

 

Palestinian Christians carry an effigy of Jesus Christ covered by flowers, during a symbolic funeral as part of their services marking Good Friday in the West Bank village of Al-Zababedah near Jenin, Friday, April 18, 2014. Followers of the Eastern Orthodox Churches are marking the solemn period of Easter. (AP Photo/Mohammed Ballas)

Cancellare una comunità

Il cristianesimo è nato in Palestina, ma la sua popolazione sta diminuendo di numero. Nel 2019, la popolazione cristiana palestinese di Gerusalemme rappresentava solo il 4% della totalità demografica della città, con poco meno di 5.000 residenti nel quartiere cristiano della Città Vecchia.

L’arcivescovo Theodosios crede che gli sforzi strategici siano alla base della diminuzione del numero di cristiani della città. La violenza e la confisca delle terre fanno parte di un piano più ampio per svuotare Gerusalemme dei suoi abitanti cristiani.

“Siamo di fronte a una situazione molto pericolosa”, ha detto l’arcivescovo Theodosios, “in cui tra pochi anni potremmo vedere la città più santa per i cristiani senza cristiani locali autoctoni”.

Jessica Buxbaum è una giornalista corrispondente da Gerusalemme per MintPress News che copre Palestina, Israele e Siria. Il suo lavoro è apparso su Middle East Eye, The New Arab e Gulf News.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org