La decolonizzazione della Palestina richiede lo smantellamento del pregiudizio patriarcale

La sfida delle nozioni patriarcali nella società palestinese non è una questione separata dalla fine del colonialismo sionista. Infatti, è proprio attraverso la violenza di genere che il progetto coloniale ha prosperato.

Fonte: english version

Di Tamam Mohsen – 1 aprile 2022

 

Immagine di copertina: Un fotogramma del film “Huda’s Salon”: Il Salone di Huda (Immagine per gentile concessione di IFC Films)

Nel momento in cui scrivo, il lungo dibattito che ha invaso i social media sul film Huda’s Salon si è finalmente raffreddato.

Il teso thriller di 90 minuti del regista palestinese Hany Abu Asad discute di come i servizi segreti israeliani (Shabak-Shin Bet) reclutano donne palestinesi. Si svolge a Betlemme dove Reem (Maisa Abd Elhadi), una giovane donna palestinese, si fa pettinare nel salone di Huda (Manal Awad). Reem viene quindi drogata da Huda, che la fotografa nuda con un uomo (Samer Bishara) che non è suo marito. Le immagini vengono quindi utilizzate per ricattare Reem e costringerla a collaborare con lo Shabak.

Il film è basato su fatti realmente accaduti. E non è una storia assolutamente unica.

Il film mette in luce la realtà delle donne palestinesi che vivono sotto l’occupazione e la società patriarcale pregiudizievole che circonda la sessualità delle donne e molto spesso le marchia con vergogna. Ha suscitato un necessario dibattito sulle questioni di genere all’interno della società palestinese e le ha collocate in un contesto più ampio del colonialismo israeliano in corso.

La manipolazione delle norme patriarcali, come la nozione del cosiddetto onore “Erd” è una pratica usata da tempo dalle forze di sicurezza israeliane per schiacciare la capacità del popolo palestinese di resistere e distruggere il suo tessuto sociale. Tuttavia, evitiamo ancora di portare il patriarcato e la disuguaglianza di genere nelle nostre discussioni, o semplicemente di relegarli come argomenti marginali e irrilevanti per la nostra lotta nazionale.

Questa era la logica usata da alcuni critici del film quando affermavano che distorce il ruolo delle donne palestinesi nella lotta anticoloniale e le riduce a mogli infedeli e collaboratrici dello Shabak (Shin Bet).

 

Sfruttare la “Isqat Siyasi” 

La violenza di genere israeliana nei confronti del corpo e della sessualità delle donne palestinesi non è un fenomeno nuovo nella storia del colonialismo sionista. Le donne palestinesi hanno sopportato un pesante fardello in quanto sono state oggetto di attacchi quotidiani contro le loro vite: sessualità e diritti fisici.

Storicamente, l’apparato di intelligence ha sfruttato la nozione patriarcale orientalista dell’onore e ha utilizzato la minaccia della violenza sessuale contro le donne palestinesi per ricattarle e reclutarle come collaboratrici in quella che è comunemente nota come “Isqat Siyasi” (in arabo: Caduta Politica). In questo senso, Huda ha scelto vittime intrappolate in matrimoni difficili o vittime di violenze domestiche per sostenere la sua argomentazione: “È più facile opprimere una società che è già oppressa” riferendosi alla misoginia all’interno della società palestinese.

La pratica di “Isqat” non tenta solo di spezzare la resistenza palestinese, ma anche di frammentare il tessuto delle famiglie palestinesi. Questa argomentazione è supportata da una dichiarazione firmata da 34 soldati riservisti che hanno prestato servizio nell’Unità 8200, l’intelligence militare più segreta di Israele, che ha rivelato che l’intelligence israeliana è progettata per controllare la vita dei palestinesi e per creare divisioni all’interno della società palestinese reclutando collaboratori.

In dettagliate interviste del quotidiano The Guardian, i soldati dell’Unità 8200 hanno affermato che la sessualità dei palestinesi è un obiettivo per l’Unità allo scopo ricattare le persone e trasformarle in collaboratori. “Qualsiasi informazione che potrebbe consentire l’estorsione di un individuo è considerata un’informazione rilevante. Indipendentemente dal fatto che detto individuo abbia un certo orientamento sessuale, tradisca sua moglie o abbia bisogno di cure in Israele o in Cisgiordania, è un obiettivo per il ricatto” ha detto uno dei soldati intervistati.

La violenza di genere come strumento del colonialismo israeliano

Di recente, le femministe palestinesi hanno evocato la questione della Palestina come una questione femminista che implica la rivisitazione della nostra comprensione del colonialismo israeliano in Palestina attraverso una lente sensibile al genere e portare le donne palestinesi al centro di questa rivalutazione. Successivamente, la violenza di genere contro le donne palestinesi, commessa dalle forze israeliane o da agenti interni, dovrebbe essere intesa in un contesto più ampio del colonialismo coloniale.

Mettere le donne palestinesi al centro dell’analisi del progetto coloniale sionista mira a dimostrare le connessioni tra violenza di genere e colonizzazione nella vita delle donne palestinesi. Vale a dire: la violenza di genere contro le donne palestinesi (compresa Isqat) non è affatto casuale nella storia del colonialismo. È piuttosto uno strumento oppressivo e un prodotto sistematico delle mentalità colonialiste e orientaliste del sionismo che concepiscono le donne palestinesi come “subumane”.

Pertanto, per comprendere la violenza di genere contro i palestinesi, le attiviste e le ricercatrici femministe devono iniziare analizzando gli aspetti di genere e razzializzati dello stesso colonialismo sionista per evidenziare l’intersezione di genere e razza con la violenza contro le donne palestinesi.

Dobbiamo capire che la violenza domestica contro le donne palestinesi, che viene ripetutamente marginalizzata, non è una questione separata dalle questioni dell’anticolonizzazione e della liberazione. Tale comprensione non riesce a intendere l’intersezionalità tra la storia della colonizzazione e il sistema di genere patriarcale. La realtà è che è proprio attraverso la violenza di genere che il progetto coloniale ha prosperato. Come ci ricorda la scrittrice femminista Andrea Smith, per colonizzare un popolo il colonizzatore deve prima naturalizzare la gerarchia istituendo il patriarcato; “La violenza patriarcale di genere è il processo mediante il quale i colonizzatori inscrivono gerarchia e dominio sui corpi dei colonizzati”.

L’impegno per la liberazione della Palestina richiede che le strategie anticoloniali inizino con la sfida ai meccanismi della gerarchia e del patriarcato oppressivo, per andare oltre le nozioni di onore e verginità delle donne e per migliorare la giustizia di genere e l’emancipazione delle donne.

Tamam Mohsen è una giornalista che vive nella Striscia di Gaza. Ha conseguito una laurea in giornalismo presso l’Università Islamica di Gaza e si interessa di questioni umanitarie e politiche. Ha scritto per il sito web Nawa e attualmente scrive per SHMS News e Mobaderoon Magazine.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org