Lowkey: una voce hip-hop per la lotta palestinese

Il gruppo filo-israeliano “We Believe In Israel” ha chiesto a   Spotify di escludere l’artista hip-hop britannico Lowkey

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Di Paul Salvatori  – 30 marzo 2022

Immagine di copertina: Lowkey, famoso rapper e attivista per la solidarietà con la Palestina. (Foto: pagina FB di Lowkey)

Il gruppo filo-israeliano “We Believe In Israel” ha chiesto a   Spotify di escludere l’artista hip-hop britannico Lowkey. Il direttore di WBII, Luke Akehurst, parlando a nome del gruppo, ha recentemente dichiarato:

“Consideriamo i commenti di Lowkey sulla globalizzazione dell’Intifada come un incitamento diretto alla violenza nei confronti di ebrei e israeliani. Hasan Salaam (il vero nome di Lowkey) promuove nefaste teorie cospirative antisemite sul dominio ebraico nel mondo”.

Non riuscendo a fornire alcuna prova di ciò, il gruppo sta deliberatamente additando Lowkey come un odioso propagandista quando in realtà è un artista esemplare che, attraverso la sua potente musica, combatte per la giustizia palestinese. In “Long Live Palestine 3”, ad esempio, rappa:

Questo è per la Palestina, Al-Quds, la capitale Gerusalemme

Persone disarmate che marciano verso il muro e gli sparano

L’eliminazione è una domanda, la resistenza è la risposta

Viva la Palestina, viva Gaza

Palestina, Al-Quds, la capitale Gerusalemme

Persone disarmate che marciano verso il muro e gli sparano

L’eliminazione è una domanda, la resistenza è la risposta

Viva la Palestina, viva Gaza

Questo è solo un esempio delle molte liriche che Lowkey ha dedicato a Israele, minando la sua credibilità come “democrazia” e accendendo i riflettori sui suoi crimini nel distruggere la vita di generazioni di palestinesi.

“We Believe In Israel” non vuole che il pubblico lo ascolti. Lowkey non solo offende l’immagine di Israele, ma attira l’attenzione diretta sul suo progetto coloniale e colonialista nel portare al termine il quale Israele vuole eliminare completamente il popolo palestinese.

E vuole farlo il più possibile in segreto il che, francamente,  dimostra la sua assoluta stupidità. A differenza del 1948, quando iniziò la Nakba, ora abbiamo Internet. La tecnologia in continua evoluzione rende impossibile controllare il flusso di immagini – foto, video, ecc. – che espone il progetto omicida.

Il nome stesso di Lowkey potrebbe significare mansuetudine ma, a suo merito, non è così. È infatti una seria minaccia alla disonestà di Israele, e sembra anche riuscirci. In effetti, quando unisci pensiero anticoloniale, lirismo e musica (in questo caso hip-hop) ottieni qualcosa che è allo stesso tempo non violento, ma esplosivo.

In questo senso L’hip-hop di Lowkey ha una doppia funzione. Da un lato, è educativo. Informato sul campo della storia e dei fatti, invita il pubblico, attraverso il lirismo, a vedere cosa accade in Palestina e chi sono i criminali responsabili delle sue sofferenze. Per quanto sia tristemente ovvio per noi che seguiamo le notizie quotidiane della Palestina, per gran parte del mondo infatti non lo è.

Questo non accade necessariamente perché alla gente non importi, ma a causa dell’egemonia dei media occidentali, che mettono in primo piano la sofferenza di altri ad esclusione della Palestina. Lowkey vuole giustamente interrompere questa egemonia, rendendo visibile l’altrimenti invisibilità dei palestinesi. Come sottolinea in “Lunga vita alla Palestina, parte 1”, è una questione che dovrebbe essere di interesse universale:

Non fa differenza se sei cristiano o se sei ebreo

Sono solo persone che vivono in condizioni diverse da te

Muoiono quando bombardi le loro scuole, le moschee e gli ospedali

Non è a causa dei razzi, per favore Dio tu puoi fermare tutto

Non sono imparentato con quegli estranei in TV

Ma mi immedesimo con loro perché avrei potuto essere io

L’altra funzione della musica di Lowkey è la mobilitazione. Al di là dell’opera di educazione, è anche emotivamente carica, in particolare è caratterizzata da una  giusta indignazione. E attraverso di essa ci invita ad agire immediatamente in solidarietà con la Palestina.

Allo stesso modo, la musica di Lowkey non è mai intesa solo per piacere o come intrattenimento. Rientrando in una più ampia tradizione di musica di protesta (all’interno e all’esterno dell’hip-hop), ci chiede qualcosa, ovvero di non rimanere inattivi mentre i palestinesi soffrono. Ciò include il boicottaggio dei prodotti israeliani che alimentano l’occupazione israeliana illegale della Palestina, a cui Lowkey allude in “Lunga vita alla Palestina, parte 1”:

Ogni moneta è un proiettile, se sei Mark’s e Spencer

E quando sorseggi Coca-Cola

Questa è un’altra pistola nella fondina di un soldato senz’anima

Dici di conoscere la lobby sionista

Ma gli metti i soldi in tasca quando compri il loro caffè,

Parlando di rivoluzione, seduto da Starbucks

Il fatto è che questo è il tipo di pensiero di cui non posso fidarmi

Per non parlare poi di iniziare a rispettare

Prima di parlare impara il significato di quella sciarpa sul collo

Dimentica Nestlé

Obama ha promesso a Israele 30 miliardi nel prossimo decennio

Hanno il grilletto facile e sono pazzi

Pensaci quando metti i pannolini Huggies al tuo bambino

Allo stesso modo, per quanto esprimiamo il nostro sostegno alla Palestina, non possiamo fermarci a una conversazione al caffè, deve essere più che un argomento di conversazione  al bar. Deve comportare un’azione politica strategica che miri a liberare la Palestina. E questo, contrariamente a quanto sostiene la menzognera lobby israeliana, non è eliminare Israele. Non è antisemita.

Non è un appello alla distruzione dell’ebraismo. È l’opposto di ciascuna di queste cose. È invece, in uno spirito collettivo di amore e giustizia, lavorare direttamente allo smantellamento dell’incubo del regime israeliano che mantiene i palestinesi in un terrore costante e brutale. Questo deve finire e finirà, qualunque cosa la lobby dica contro di noi.

Non staremo zitti. E in un’epoca in cui i social media ci offrono una piattaforma, noi, come Lowkey, abbiamo  ciascuno un microfono e dobbiamo usarlo per parlare contro la lobby che cerca di respingerci. Coloro che mentono per oscurare la verità devono essere presi alla sprovvista. Il mondo deve sapere che la lotta palestinese è per la giustizia, non per l’odio. È militante, senza dubbio, ma chi deve scusarsi è Israele.

Spotify (nessun gioco di parole) è sul posto. Se si arrende ai desideri di We Believe In Israel, avrà dimostrato al mondo non solo di soccombere all’interferenza politica israeliana, ma di disprezzare la verità come lo stesso We Believe In Israel. Dimostrerà che si preoccupa più di apparire antisemita piuttosto che di essere una compagnia integra che rifiuta di essere influenzata dai bugiardi. Lowkey sta facendo musica (e una grande musica) sull’oppressione israeliana denunciando, in linea con il compito dell’artista responsabile, aspetti del mondo che devono essere affrontati.

Nel caso di Israele, ciò significa ritenere lo stato e altri funzionari responsabili per l’espropriazione in corso, le punizioni extragiudiziali (spesso letali), le detenzioni illegali, l’umiliazione militare pubblica, gli abusi sui minori, le irruzioni nelle case, gli stupri e le molestie sessuali, per citare solo alcuni dei suoi crimini contro il popolo palestinese. E come ha confermato Lowkey, lui non smetterà di fare la sua parte:

“Artisti e musicisti non dovrebbero mai temere minacce alla loro carriera o alla loro persona  a causa della musica che fanno. Non saremo messi a tacere sulla Palestina, né ora, né mai”.

Questo è il tipo di atteggiamento di cui abbiamo bisogno per combattere l’antisemitismo, qualcosa che non potrà mai accadere se si censurano le voci palestinesi che protestano contro l’oppressione israeliana. Se We Believe In Israel si preoccupa sinceramente di porre fine all’odio, smetterà di mentire su Lowkey e metterà a tacere la sua campagna ingannevole per tacitarlo.

Quello che gente come We Believe in Israel non menziona mai è che coloro che combattono per la giustizia palestinese vogliono eliminare anche l’antisemitismo.

Questo nasce dal profondo impulso di liberare tutti dall’odio ed è sicuramente espresso attraverso e dalla musica di Lowkey. Ma l’impulso è anche dentro di noi, fatto vivere, artista o no, ogni volta che agiamo per la liberazione della Palestina.

 

Paul Salvatori è un giornalista, operatore comunitario e artista con sede a Toronto. Gran parte del suo lavoro sulla Palestina riguarda l’istruzione pubblica, come la sua serie di interviste recentemente prodotta, “Palestine in Perspective” (The Dark Room Podcast), dove parla con scrittori, studiosi e attivisti.

 

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org