Gli artisti di Gaza hanno utilizzato i resti e la memoria dell’aeroporto internazionale Yasser Arafat per fare il primo passo verso la liberazione.
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Di Aseel Kabariti – 4 aprile 2022
Immagine di copertina: Un’artista prepara la sua tela tra le rovine dell’aeroporto internazionale Yasser Arafat di Gaza. (Foto: Aseel Kabariti)
“Il giorno di apertura dell’aeroporto è stato un giorno storico, era più simile a una celebrazione o a un festival. Le persone applaudivano, ballavano Dabke e cantavano di gioia mentre Yasser Arafat accoglieva le delegazioni”, mi dice Abeer Al Jarf. Al Jarf un tempo era un ufficiale dei Servizi di Informazione dell’Aeronautica nella torre di guardia dell’aeroporto di Gaza. “Quel giornovdecine di aerei atterrarono sulla pista dell’aeroporto; l’architettura dell’aeroporto e la bellezza della natura erano indescrivibili. Eravamo molto felici di lavorare in questo posto, ma un giorno gli aerei israeliani distrussero la torre di controllo e la nostra felicità si trasformò in tragedia”.
Il 23 dicembre 2021 un gruppo di artisti del Tamer, l’Istituto per l’Istruzione Collettiva, un’organizzazione educativa non governativa senza scopo di lucro che opera in Palestina, andò a visitare ciò che è rimasto del distrutto aeroporto internazionale Yasser Arafat, che si trova a Sud della Striscia di Gaza, vicino al confine egiziano. La maggior parte dei componenti del gruppo non aveva idea dell’esistenza dell’aeroporto. Una volta arrivati lì, iniziarono a dipingere e fotografare, dando vita alle loro idee e sentimenti sull’aeroporto per presentarli successivamente in una mostra, il 28 marzo 2022, all’Istituto Francese di Gaza.
“L’idea di questa mostra è nata dopo l’ultima aggressione, mentre io e i gruppi giovanili cercavamo un modo per parlare di più dei nostri sentimenti”, mi dice Besan Nateel, il coordinatore del progetto. “C’erano molte idee, ma l’idea di parlare dell’aeroporto di Gaza era la più interessante. Abbiamo portato i gruppi a visitare l’aeroporto dopo molti tentativi di ottenere un permesso dal Ministero dell’Interno, che si coordina con la parte israeliana ed egiziana. La prima volta che andammo, fu traumatico per tutti noi. Nessuno è stato in grado di descrivere il modo in cui si sentiva o ciò che pensava”.
“Una delle persone che si sono unite a noi durante la nostra prima visita è stato l’ingegnere Emad Al-Hammss, il capo del magazzino Mahmoud Hamad e altre tre persone che avevano lavorato nell’aeroporto prima che venisse bombardato. Parlarono molto della parte dell’aeroporto in cui avevano lavorato e del processo di volo. Dopodiché, ci furono diversi viaggi sull posto ed è allora che abbiamo iniziato a dipingere”.
L’aeroporto è stato inaugurato nel novembre 1998, dopo l’accordo sul fiume Wye tra Israele e l’Autorità Palestinese. Parte di questo accordo includeva un “Protocollo relativo all’istituzione e al funzionamento dell’aeroporto internazionale nella Striscia di Gaza”. L’apertura dell’aeroporto significava molto per i palestinesi di allora. Li faceva sentire come se fossero a un passo dal reclamare il loro diritto rubato di diventare liberi.
Nel 2000, l’aviazione israeliana bombardò per la prima volta l’aeroporto, poi colpì la torre di controllo e distrusse le piste durante la Seconda Intifada. Infine, durante la Guerra del Libano nell’estate del 2006, Israele bombardò e distrusse l’edificio principale dell’aeroporto, che fu completamente raso al suolo.
Fatima Al Jabri, un’artista di 22 anni che ha partecipato ai viaggi, mi ha detto: “Durante la mia prima visita all’aeroporto, mi erano venute in mente molte domande del tipo, perché non possiamo viaggiare? Perché non ho avuto la possibilità di prendere un volo dal nostro aeroporto? Perché ci sentiamo profughi nella nostra terra natale? Questa mostra è stata il nostro modo per condividere i nostri sogni e per trasmettere un messaggio alla passata generazione, ovvero che sogniamo ancora di avere un aeroporto, e per dire alla prossima generazione che ci fu un tempo in cui ne avevamo uno”.
Attualmente, la Striscia di Gaza non ha un aeroporto ed è sotto l’assedio israeliano da oltre un decennio. Israele controlla lo spazio aereo e le acque territoriali di Gaza, nonché due dei tre valichi di frontiera. Chi vuole passare da uno di questi valichi deve ottenere un permesso, cosa non facile.
Significa che il valico di Rafah con l’Egitto è l’unico modo per i palestinesi di Gaza di viaggiare nel mondo fuori dalla prigione in cui vivono. Tuttavia, ci vuole tempo per attraversarlo, specialmente per i giovani, a meno che non abbiano qualcosa di urgente come una malattia o un matrimonio.
Altrimenti, se c’è bisogno di viaggiare in una data specifica, per prendere un volo ad esempio, allora si devono pagare le compagnie che si coordinano con la parte egiziana e a volte non ci si riesce comunque. E anche quando va a buon fine, il viaggio da Gaza all’Egitto può essere un’impresa.
Si sono svolti molti negoziati per spingere Israele a ricostruire l’aeroporto nella Striscia di Gaza, ma sono falliti, inclusa una proposta dell’inviato del Qatar che sovrintende agli aiuti umanitari dello Stato del Golfo per la Striscia di Gaza. Tutte queste richieste sono fallite poiché Israele sostiene che la ricostruzione dell’aeroporto potrebbe influire sulla sua sicurezza.
Il fallimento dei negoziati politici e la serie di ripetute violazioni contro i palestinesi nella Striscia di Gaza, Sheikh Jarrah, Yatta, Beita e ogni località palestinese è stata la ragione principale per questa mostra. La mostra fa parte della campagna nazionale di lettura e aiuta ad esemplificare come i palestinesi usano l’arte e la letteratura per far sentire la propria voce e come cercano di connettersi con il mondo in una lingua che chiunque possa capire.
“Vedere i dipinti e le immagini dell’aeroporto mi ha fatto sentire ancora peggio, e penso che questo sia il punto”, mi ha detto Karam Jad, un giovane palestinese che ha partecipato alla mostra. “Non saprei nulla dell’esistenza di questo aeroporto se mio zio non ci avesse lavorato. Ci hanno promesso di ricostruire questo aeroporto sin da quando ero bambino. Ricordo che dopo la fine di ogni aggressione e l’inizio di una tregua, ci veniva promesso che sarebbero stati costruiti un aeroporto e un porto marittimo, ma non abbiamo ancora ottenuto nulla. Questi dipinti potrebbero parlare più forte delle discussioni politiche, chi lo sa?”
Trentacinque artisti, tra cui pittori, fotografi, scrittori e cantanti hanno partecipato alla mostra che comprendeva più di 40 opere d’arte, un film documentario e un’esibizione musicale. Ad ogni partecipante è stato inoltre consegnato un “passaporto” che è stato creato per la mostra e ha accresciuto la sensazione di essere in viaggio in un vero aeroporto.
La liberazione è il sogno che i palestinesi hanno condiviso da una generazione all’altra. Questi artisti di Gaza City, la prigione più grande del mondo, hanno usato i resti e la memoria dell’aeroporto per fare il primo passo verso la loro liberazione e la riconquista dei loro diritti.
Aseel Kabariti è una fotografa e scrittrice della Striscia di Gaza.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org