Questo mese segna i 20 anni da quando Israele prese d’assalto il campo profughi di Jenin, uccidendo oltre 50 palestinesi. Mentre le tensioni ancora una volta aumentano e la morte circonda la gente di Jenin, il Freedom Theatre offre uno spazio di solidarietà e azione, scrive Zoe Lafferty.
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Zoe Lafferty – 18 aprile 2022
Immagine di copertina: Il Freedom Theatre palestinese è conosciuto in tutto il mondo per il suo particolare tipo di resistenza culturale. [credit Freedom Theatre]
In tutta la Palestina, Israele ha aumentato i suoi attacchi a bambini, donne e uomini e, come spesso accade, il campo profughi di Jenin viene colpito in modo spropositato. Ancora una volta il campo è invaso dall’esercito israeliano e le jeep occupano i suoi stretti vicoli. Esattamente come l’anno scorso, il mese di Ramadan è pieno di ansia e sangue.
La città di Jenin è stata posta sotto assedio e i palestinesi stanno sprofondando sempre più nel labirinto di mura, posti di blocco e confini che limitano e controllano costantemente la popolazione.
Da Israele si afferma che questo è giustificato, che è una rappresaglia per l’aumento degli attacchi che si sono verificati di recente. Ma puntare il dito mentre si attuano punizioni collettive – illegali secondo il diritto internazionale – è una tattica israeliana secolare, così come ignorare il ruolo che decenni di accaparramento violento di terre, occupazione militare e apartheid svolgono in questi attacchi.
A Jenin le emozioni sono già forti.
Questo mese segna il 20° anniversario dell’assedio e dell’invasione israeliana che vide il campo raso al suolo con i bulldozer. Almeno 52 palestinesi furono assassinati, innumerevoli altri subirono ferite che cambiarono loro la vita e gran parte della popolazione maschile venne imprigionata.
”Gli ucraini vengono celebrati per la loro presenza in prima linea, le bombe molotov e la gente comune che acquista armi e si unisce alla resistenza armata. Quando si parla di Palestina invece queste stesse tattiche e richieste di solidarietà vengono regolarmente ignorate e condannate”.
I Palestinesi, nonostante la violenza sproporzionata e le evidenti violazioni dei diritti umani, nonché il diritto internazionale che stabilisce che è consentito rispondere a un’invasione armata nella propria patria, sono sempre stati etichettati come terroristi.
Ecco perché nel 2006 Zakaria Zubeidi, leader della Brigata dei Martiri di Al Aqsa, e l’attore e regista Juliano Mer Khamis, decisero di creare The Freedom Theatre. La loro missione era quella di fornire ai giovani gli strumenti artistici per narrare la loro realtà al mondo esterno.
“Qualcuno deve raccontare la storia del combattente: chi è? Perché sta facendo quello che sta facendo? Non puoi semplicemente fare una foto e scrivere che è un terrorista”, ha detto il fondatore Zakaria, nato nel campo, ferito da un’arma da fuoco all’età di tredici anni e imprigionato a quattordici anni. “L’occupazione ha distrutto la mia infanzia. Ora il teatro è tornato, permettendoci di sviluppare una narrazione diversa”, ha spiegato.
Il teatro ebbe un successo locale e internazionale, con registi, registi teatrali e politici di fama mondiale regolarmente in visita. I giovani artisti ebbero opportunità e scelte che non erano state concesse a Zakaria: “Non volevo diventare un combattente della resistenza armata, ma questo è ciò che la vita mi ha dato. Volevo fare l’attore. Volevo essere Romeo. Ora al Freedom Theatre, altri possono avere questa possibilità”.
Il marchio di resistenza culturale che difendeva i diritti umani, la giustizia e l’uguaglianza divenne famoso, con produzioni in tournée in tutto il mondo, rompendo gli stereotipi razzisti e islamofobici, rivendicando la narrativa palestinese e costruendo solidarietà internazionale.
La cultura evidenziò sulla mappa la presenza del campo profughi di Jenin per ragioni positive e cancellò l’isolamento di lunga data.
Ma sfidare l’accurata inquadratura data da Israele alla sua storia , fu accolto con violenza.
Juliano Mer Khamis fu ucciso da uno sconosciuto uomo mascherato fuori dalle porte dei Freedom Theatres. L’omicidio avvenne pochi giorni dopo lo spettacolo finale di “Alice nel paese delle meraviglie”, una produzione che aveva attirato a Jenin pubblico da tutto il mondo e che nei media globali era stata acclamata dalla critica
Il personale del teatro e gli studenti continuano a subire molestie, arresti, reclusione e divieti di viaggio.
Il blocco del Covid-19 – una misura temporanea per la maggior parte del mondo – è durato più a lungo in Palestina, con il timore che la pandemia potesse essere una scusa per promuovere l’agenda israeliana di isolare e dividere la popolazione.
Per un teatro il cui obiettivo fondamentale è quello di coinvolgere un pubblico internazionale nella situazione sul campo, le frontiere chiuse hanno avuto delle conseguenze..
Il teatro ha risposto alle recenti sfide alla libera circolazione creando “The Revolution’s Promise”, un progetto di solidarietà globale che invita chiunque nel mondo a leggere le testimonianze degli artisti palestinesi. Ahmed Tobasi, l’attuale direttore artistico, sottolinea che “mentre i nostri confini diventano più difficili da attraversare, i nostri finanziamenti vengono cancellati e la censura delle nostre voci continua, è fondamentale trovare nuovi modi per mobilitarci come artisti palestinesi”.
I seminari sul progetto dovrebbero svolgersi in Catalogna la prossima settimana. Tuttavia, a Mustafa Sheta, il produttore del teatro, è stato vietato viaggiare da Israele, e ora che Jenin è sotto assedio, c’è il dubbio che Tobasi non sarà autorizzato a uscire. L’esercito staziona letteralmente alle porte del campo .
Bloccato nel suo lavoro lavoro, Tobasi ha su di sé l’enorme responsabilità di guidare la prossima generazione di artisti. Da giovane venne ferito e condannato ancora ragazzino a quattro anni di carcere. È assolutamente onesto sul tributo che ciò ha avuto sulla sua salute mentale e su come il ciclo della violenza si rivolga verso l’interno, trascinandoti verso l’oscurità e la morte, con la mascolinità tossica che diventa uno strumento di sopravvivenza.
Tobasi tenta di rompere il tabù sociale della salute mentale con i giovani artisti che forma, incoraggiando conversazioni su depressione, ansia e traumi.
Tuttavia, poiché ogni giorno vengono inflitti nuovi orrori, la creatività e il dialogo non possono proteggere nessuno dal dolore della vita nel campo. I funerali sono infiniti e una nuova generazione di giovani assiste all’assassinio dei propri amici.
Nel momento in cui scrivo, otto persone sono state uccise da Jenin nelle ultime settimane, incluso il sedicenne Mohammad Qassim, colpito a distanza ravvicinata con proiettili veri.
La questione di come resistere al meglio al colonizzatore in una lotta che durerà decenni, e al contempo coinvolgere la comunità internazionale in un’azione significativa, rimane un enigma impossibile da risolvere.
Gli ucraini vengono celebrati per la loro presenza in prima linea, le bombe molotov e la gente comune che acquista armi e si unisce alla resistenza armata. In tutto il mondo, persone, inclusi politici e artisti, hanno organizzato proteste e raccolte fondi, illuminato edifici in giallo e blu, abbracciato boicottaggi culturali e applicato sanzioni.
Al contrario quando si tratta di Palestina queste stesse tattiche e appelli alla solidarietà vengono regolarmente ignorati e condannati. Nel frattempo, sotto assedio, The Freedom Theatre continua a raccontare la storia del campo di Jenin e a trovare nuovi modi per ispirare l’azione di una comunità internazionale che avrebbe il potere di porre fine alla brutalità.
Zoe Lafferty è direttrice associata al The Freedom Theatre di Jenin Refugee Camp, in Palestina, dove sta attualmente collaborando al progetto di solidarietà globale “The Revolution’s Promise” e al film di realtà virtuale “In A Thousand Silences”.
Traduzione di Grazia Parolari “ Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” -Invictapalestina.org