I cristiani ortodossi palestinesi lottano contro due colonialismi

La comunità sta combattendo la colonizzazione clericale israeliana e greca delle loro terre e chiese

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Joseph Massad -2 maggio 2022

Immagine di copertina:  Cristiani si radunano intorno all’Edicola, tradizionalmente ritenuta il luogo di sepoltura di Gesù Cristo, durante la cerimonia del Sacro Fuoco presso la chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme, il 23 aprile 2022 (AFP)

Israele ha recentemente emanato direttive che limitano il numero di fedeli cristiani palestinesi ammessi nel Santo Sepolcro per le celebrazioni della Pasqua ortodossa orientale. Gli ordini hanno attirato le ire della comunità laica cristiana ortodossa palestinese e dei leader della chiesa.

Ciò è avvenuto sulla scia delle crescenti restrizioni israeliane ai fedeli musulmani e cristiani palestinesi a Gerusalemme. Anche l’anno scorso, le forze israeliane attaccarono i fedeli diretti a celebrare il Sabato Santo a Gerusalemme, così come hanno fatto lo scorso fine settimana durante le celebrazioni della Pasqua ortodossa.

Nell’ultimo decennio, gli attacchi degli ebrei israeliani estremisti alle chiese cristiane palestinesi in Israele e nella Gerusalemme est occupata si sono moltiplicati

Nell’ultimo decennio, gli attacchi degli ebrei israeliani estremisti alle chiese cristiane palestinesi in Israele e nella Gerusalemme est occupata si sono moltiplicati. I leader della Chiesa, dalla più grande comunità ortodossa alla più piccola anglicana, si sono lamentati di uno sforzo concertato per cacciare i cristiani palestinesi e la presenza cristiana più in generale.

Se i tentativi di Israele di conquistare i luoghi santi dei musulmani a Gerusalemme sono su due fronti – attraverso gli scavi “archeologici” di Israele che minano le fondamenta della moschea di al-Aqsa e i tentativi dei coloni ebrei di conquistare al-Haram al-Sharif in superficie – la sua guerra ai cristiani palestinesi, in particolare alla comunità ortodossa, è combattuta in alleanza con il clero greco che controlla il Patriarcato ortodosso.

Controllo greco

I palestinesi ortodossi, che appartengono a una chiesa araba indigena, sono la più grande comunità cristiana palestinese. Hanno lottato contro il sionismo dall’occupazione britannica della Palestina sino alla fine della prima guerra mondiale.

Tuttavia, dal 19° secolo la comunità ha anche lottato contro i missionari cattolici e protestanti, così come contro il clero greco che controlla la loro chiesa e dai cui ranghi più alti sono esclusi i religiosi arabi palestinesi.

I cristiani ortodossi palestinesi hanno sin da subito riconosciuto le molteplici oppressioni a cui sono sottoposti. Un editoriale pubblicato nell’ottobre 1931 sul quotidiano Filastin riassumeva la situazione: “Se la Palestina ha il diritto di dire di essere caduta sotto due mandatari, uno britannico e uno sionista, la comunità ortodossa ha il diritto di dire di essere caduta  sotto tre mandatari, uno britannico, uno sionista e un terzo greco.

“Questi tre mandatari si sono uniti per aiutarsi a vicenda nel privare gli arabi palestinesi dei loro diritti”, continua l’editoriale. Poiché “il Patriarcato greco” ha sostenuto i sionisti contro gli arabi, “tutti gli arabi palestinesi, cristiani o musulmani, hanno il dovere di combattere insieme questi tre mandati stranieri”.

Il controllo greco iniziò dopo la conquista ottomana nel 1517. Mentre i cristiani ortodossi palestinesi, discendenti dei primi cristiani, avevano sofferto per mano dei crociati cattolici latini, nel XIII secolo il restante regno crociato era stato distrutto e il clero crociato latino-cattolico se ne era andato.

I frati domenicani e francescani, per lo più spagnoli e italiani, tornarono nel XIV secolo con il permesso delle autorità mamelucche come “guardiani” dei luoghi santi, posizione che mantennero fino alla conquista ottomana.

Quando arrivarono gli ottomani, la chiesa araba melchita, come era conosciuta la chiesa araba ortodossa nativa, fu strappata ai cristiani arabi palestinesi in seguito alla morte dell’ultimo patriarca arabo palestinese e posta sotto il controllo del patriarcato greco di Istanbul.

Il Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme Teofilo III arriva alla Chiesa della Natività per le celebrazioni del Natale ortodosso il 6 gennaio (AFP/File photo)

La chiesa fu in seguito divisa tra quella che venne ribattezzata Chiesa ortodossa “greca” e il suo patriarcato a Istanbul, e coloro che continuarono a essere chiamati melchiti, ovvero coloro che nel 1724 accettarono l’autorità papale di Roma pur mantenendo i loro riti orientali.

Fu così che i melchiti arabi e palestinesi vennero chiamati “ortodossi romani” dagli ottomani o “greci ortodossi” dall’Occidente.

‘La crociata pacifica’

Alla sua morte, avvenuta nel 1543, gli ottomani sostituirono l’ultimo patriarca arabo palestinese Ata Allah con Germanos, un greco della Morea (penisola del Peloponneso) che parlava arabo e si fingeva arabo. Da Germanos in poi, il patriarcato è stato tramandato solo ai Greci. Germanos istituì anche la confraternita del Santo Sepolcro, la cui composizione era esclusivamente greca, come rimane oggi.

La colonizzazione cristiana dell’Europa occidentale in Palestina, o quella che divenne nota come “la crociata pacifica”, raggiunse il culmine dal 1830 in poi, attraverso le pretese dei missionari europei e delle potenze europee di proteggere le popolazioni religiose non musulmane locali. Il Patriarcato latino di Gerusalemme, istituito dalle Crociate nel 1099, fu ristabilito nel 1847.

E, proprio come gli antichi crociati affermavano che le loro invasioni avevano lo scopo di salvare i cristiani orientali – che uccisero e soggiogarono – dai musulmani infedeli, è altrettanto ironico che la guerra di Crimea del 1853-1856 sia stata causata da affermazioni simili, ovvero che le potenze europee intendevano proteggere i luoghi santi cristiani della Palestina e la popolazione cristiana.

La guerra era in realtà stata istigata dalle preoccupazioni imperiali francesi e britanniche riguardo una possibile conquista russa della Palestina, in particolare con il grande pellegrinaggio annuale cristiano russo a Gerusalemme per Pasqua, in corso dal XII secolo. La crociata missionaria occidentale si oppose organizzando pellegrinaggi in Palestina dalla Francia e dall’Italia, con migliaia di persone  ad intraprendere il viaggio.

Il Patriarca greco-ortodosso di Gerusalemme Teofilo III durante la cerimonia del Santo Fuoco nella chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme, 23 aprile 2022 (AFP)

La reazione palestinese ortodossa contro le “innovazioni” del “rito franco” e della “religione dei Franchi” fu immediata..

Poiché dalla conquista ottomana i latini avevano perso i loro privilegi esclusivi sulle chiese palestinesi, nel 1852  i francesi e altri alleati cattolici insistettero affinché i privilegi latini fossero ripristinati. Sotto pressione, gli ottomani ripristinarono nel Santo Sepolcro, nella Chiesa della Natività e nel Getsemani alcuni di questi privilegi crociati a spese degli indigeni ortodossi.

I palestinesi ortodossi scesero in armi, così come lo zar Nicola I.

Le rivolte arabo-ortodosse

In risposta, la Russia  chiese di diventare il difensore di tutti i cristiani ortodossi dell’Impero ottomano, in particolare dei palestinesi. Fu questa richiesta e il suo rifiuto da parte delle potenze imperiali europee e degli ottomani a far precipitare la guerra di Crimea. Dopo la sconfitta della Russia, i francesi e gli inglesi fecero pressioni sugli ottomani per ulteriori concessioni ai cristiani ottomani e stranieri. Gli ottomani risposero concedendo nel 1856 la piena uguaglianza ai sudditi cristiani del Sultanato e la libertà di coscienza

La chiesa russa aveva già mostrato preoccupazione, poiché i cristiani ortodossi arabi palestinesi erano stati presi di mira dai missionari cattolici almeno dal 17° secolo e dai protestanti nel 19° secolo. La comunità ortodossa palestinese era stata impoverita e soffriva di abbandono a causa dell’acquisizione della sua chiesa da parte del clero greco anti-arabo.

 Dopo la secessione greca dagli ottomani negli anni ’20 dell’Ottocento, il clero e i laici palestinesi  intensificarono la loro resistenza contro la gerarchia greca corrotta.

Dopo la secessione greca dagli ottomani negli anni ’20 dell’Ottocento, il clero e i laici palestinesi intensificarono la loro resistenza contro la gerarchia greca corrotta. Nella seconda metà del 19° secolo, le rivolte arabo-ortodosse contro il clero greco si intensificarono in Siria e Palestina, nel contesto del nascente nazionalismo arabo.

Queste rivolte riuscirono finalmente a rimuovere il patriarca greco di Antiochia e a sostituirlo con un arabo. In Palestina la rivolta contro i greci fallì. Nel 1913, l’eminente intellettuale palestinese e cristiano ortodosso Khalil Sakakini scrisse un feroce attacco al Patriarcato greco, che portò alla sua scomunica.

Fu l’archimandrita arabofilo russo Antonin Kapustin ad avere il maggior impatto sui cristiani palestinesi e sulla Chiesa ortodossa, in particolare con il suo acquisto di terreni tra il 1866 e il 1870 a favore della Chiesa ortodossa russa. Kapustin costruì chiese, ostelli e scuole in tutta la Palestina, da Giaffa a Gerusalemme fino ad ‘Ain Karim.

Anche la Società Ortodossa Imperiale della Palestina, fondata dallo zar Alessandro III nel 1882, costruì scuole e chiese fino al 1917. Kapustin e la società furono contrastati con veemenza dal corrotto clero greco.

La prima guerra mondiale e la conquista britannica portarono alla distruzione dei beni ecclesiastici e alla devastazione delle campagne, situazione aggravata dalla scomparsa dei fondi provenienti dai Balcani, dalla Russia e dai pellegrini russi.

Ciò  costrinse il patriarca Damianos a contrarre ingenti prestiti bancari. La confraternita clericale greca si assicurò un nuovo prestito dalla Banca di Grecia per porre rimedio alle proprie finanze. Approvò diverse risoluzioni redatte ad Atene che affermavano il “carattere ellenico del patriarcato”, reso responsabile “verso il governo greco”.

L’opposizione britannica

Di fronte alle proteste palestinesi e agli appelli all’arabizzazione, gli inglesi si opposero alle risoluzioni e  sostituirono il prestito greco con uno britannico. Nel 1921, gli inglesi istituirono una commissione d’inchiesta per affrontare i problemi finanziari – ma non il controllo estero della chiesa – e crearono una commissione anglo-greca per controllarli.

Gli inglesi non si fidavano dei cristiani palestinesi locali e li liquidavano come una minoranza “irrilevante”. A quel tempo, i cristiani palestinesi costituivano più del 10 per cento della popolazione palestinese.

L’opposizione palestinese al controllo greco si intensificò nuovamente quando il Patriarcato rilasciò dichiarazioni di sostegno al sionismo e alla Dichiarazione Balfour all’inizio degli anni ’20 e iniziò a vendere ai sionisti notevoli quantità di terreno della chiesa a Gerusalemme.

I palestinesi invocarono il principio wilsoniano dell’autodeterminazione per ottenere il controllo della loro chiesa. Nel luglio del 1923 organizzarono la prima conferenza arabo-ortodossa per rispondere alle azioni eclatanti del patriarcato, degli inglesi e dei sionisti e per arabizzare la chiesa.

Le risoluzioni della conferenza castigavano il clero greco come “straniero di lingua e paese” e accusavano di aver “quattro secoli fa usurpato l’autorità spirituale degli arabi ortodossi”.

Dopo la morte del patriarca Damianos nell’agosto 1931, tennero un’altra conferenza nella speranza di costringere i religiosi greci a sostituirlo con un palestinese. La conferenza sosteneva l’indipendenza palestinese e si opponeva  al colonialismo sionista. Il clero greco respinse le richieste e nel 1935 scelse come patriarca il greco Timotheos, infiammando le passioni antigreche. Giovani uomini palestinesi ortodossi attaccavano i monaci greci nelle strade. Dopo la divisione di Gerusalemme tra Israele e Giordania in seguito alla conquista sionista nel 1948, la situazione non cambiò

Poiché il clero greco continuava a vendere terre agli israeliani, nel 1957 il governo giordano propose una legge che rispondeva ad alcune richieste della congregazione araba ortodossa, sebbene escludesse qualsiasi diritto della congregazione di gestire la proprietà del patriarcato. A causa delle obiezioni del patriarca Benedictus (1957-81), nel 1958 si giunse a un compromesso.

La nuova legge non dava alla congregazione un ruolo formale nella gestione dei terreni della chiesa. Da parte israeliana, a seguito di un congresso tenuto da otto diverse organizzazioni ortodosse palestinesi ad Haifa nel giugno 1963, i Consigli ortodossi uniti chiesero che al patriarcato fosse impedito di vendere la sua terra e che il denaro lasciasse il paese.

 Le vendite di terreni continuano

La resistenza comntinuò. Alla fine degli anni ’90, i cristiani ortodossi palestinesi a Gerusalemme, Nazaret, Giaffa e Betlemme tennero manifestazioni per chiedere un ruolo nella gestione dei beni della chiesa. Le conferenze a Gerusalemme, Amman e Nazaret sollevarono anche la questione della vendita di terreni a Israele e ai coloni ebrei.

Alla conferenza di Gerusalemme del 1992, il Comitato dell’Iniziativa Arabo Ortodossa chiese nuovamente un maggiore controllo sulle proprietà della chiesa, insistendo sul fatto che si trattava di terre palestinesi la cui vendita non era altro che un tradimento nazionale.

La repressione che subiscono è quella che condividono con i loro compatrioti musulmani palestinesi che combattono contro una conquista israeliana delle loro terre e dei loro luoghi santi

Nel frattempo, i religiosi greci del patriarcato  utilizzavano queste terre per il proprio guadagno personale, finanziario e politico. Mentre le vendite di terreni continuavano, nel 2018 i cristiani palestinesi attaccarono il patriarca greco in segno di protesta durante una visita alla Chiesa della Natività.

Simili accordi tra il clero greco hanno portato all’acquisizione a marzo da parte di coloni ebrei estremisti di parte di un hotel che era stato di proprietà del patriarcato.

La comunità ortodossa palestinese continua a lottare contro la doppia colonizzazione clericale israeliana e greca delle proprie terre e chiese. La repressione che subiscono è quella che condividono con i loro compatrioti musulmani palestinesi che combattono contro una conquista israeliana delle loro terre e dei loro luoghi santi.

Se gli eventi delle ultime due settimane hanno dimostrato gli sforzi determinati di Israele per conquistare i luoghi santi cristiani e musulmani palestinesi, hanno anche dimostrato che la resistenza palestinese rimane ferma e inesorabile di fronte alla continua violenza dello stato israeliano e dei coloni.

 

Joseph Massad è professore di politica araba moderna e storia intellettuale alla Columbia University di New York. È autore di numerosi libri e articoli accademici e giornalistici. I suoi libri includono “Colonial Effects: The Making of National Identity in Jordan; “La persistenza della questione palestinese: saggi sul sionismo e sui palestinesi” e, più recentemente, “l’Islam nel liberalismo”. I suoi libri e articoli sono stati tradotti in una dozzina di lingue.

 

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org