Chiunque abbia un cuore e sia guidato dalla ricerca della giustizia non dovrebbe avere problemi con la bandiera degli occupati, degli oppressi, degli svantaggiati, dei profughi.
Fonte: english version
Di Raef Zreik – 28 maggio 2022
Immagine di copertina: Centinaia di palestinesi in Israele partecipano a una marcia contro la violenza della polizia israeliana nella città di Umm Al-Fahm in Israele. (Foto: via QNN)
C’è qualcosa di sproporzionato e di inspiegabile nelle minacce bellicose di una Nakba, cioè massacri ed espulsioni, né più né meno, in reazione allo sventolare della bandiera palestinese durante le manifestazioni nelle università israeliane. Cosa ha fatto arrabbiare così tanto i membri della Knesset? Cosa c’è di così spaventoso in una bandiera che viene sventolata? Perché vedono nella bandiera di un popolo una minaccia per sè stessi e per il proprio popolo? Perché provano un’angoscia esistenziale, o per lo meno, creano e alimentano questa ansia?
Forse la bandiera non è in realtà così spaventosa, e questo è solo un selvaggio incitamento diffuso da persone che sanno che non c’è motivo di paura o preoccupazione. Ma se questa paura esiste (e non è inconcepibile che esista), allora esiste principalmente nei cuori di coloro che credono che un’esistenza ebraica in Israele dipenda dalla scomparsa e dalla distruzione del popolo palestinese, o in altre parole, tra coloro che vogliono sostituire il popolo palestinese piuttosto che vivere al suo fianco.
Le persone che pensano che un’esistenza palestinese accanto a quella ebraica in Palestina/Israele sia possibile e che sono interessate a una nazione ebraica egualitaria e non colonialista, non dovrebbero essere spaventate dallo sventolare di una bandiera palestinese. Sanno che il modo per superare questa paura è attraverso la giustizia per il popolo palestinese, non il suo annientamento. La presenza stessa di un’altra nazione e dei suoi simboli è una minaccia solo per coloro che vogliono fondare la propria esistenza sulla negazione dell’esistenza degli altri.
Comprendere i motivi per cui questa bandiera viene sventolata è l’inizio della strada per affrontare la paura. Pertanto, consideriamo il significato di questa azione come dovrebbe essere intesa.
In primo luogo, questa non è la bandiera dell’OLP, ma piuttosto la bandiera di un’intera nazione, la bandiera del popolo palestinese nella sua interezza. Questo è un popolo che è stato espulso dalla sua Patria, con il risultato che moltissimi dei suoi membri sono diventati profughi. E di coloro che sono rimasti in Palestina, alcuni vivono sotto l’occupazione mentre altri sono diventati cittadini di uno Stato che dice esplicitamente di non essere il loro Stato e che emana leggi che ne garantiscono l’inferiorità. Questa è la bandiera di un popolo con cui Israele non è disposto a negoziare e il cui diritto all’autodeterminazione Israele non è disposto a riconoscere ufficialmente. È la bandiera di un popolo che è ancora sotto occupazione, tra gli ultimi popoli al mondo a rimanere in questa situazione. E Israele continua a spogliarlo degli ultimi rimasugli della sua terra, a demolire le sue case e a stabilirsi in essa quotidianamente, così che la sua vita è diventata intollerabile.
Chiunque abbia un cuore e sia guidato dalla ricerca della giustizia non dovrebbe avere problemi con la bandiera degli occupati, degli oppressi, degli svantaggiati, dei profughi.
È anche importante ricordare alcune realtà di fondo. Coloro la cui terra gli è stata strappata da sotto i piedi, coloro che rischiano di essere annientati, sono i palestinesi, non gli ebrei in Israele. Coloro che hanno uno Stato e mezzo per sè stessi sono gli ebrei in Israele, mentre quelli che hanno meno di mezzo Stato sono i palestinesi. Quelli che hanno un presente e un futuro sono gli ebrei in Israele, mentre quelli che hanno un passato ma non un presente, né un futuro né una speranza sono i palestinesi.
Sventolare la bandiera palestinese è un atto di protesta contro questa situazione, contro i continui espropri, occupazione, espulsione e mancanza di speranza. Ed è così che dovrebbe essere inteso, come una protesta contro la cancellazione dell’esistenza palestinese e la continua minaccia al futuro dei palestinesi, non come una minaccia contro nessun altro. È un atto simbolico di autodifesa in un mondo che nega l’esistenza della questione palestinese e del popolo palestinese, un mondo in cui il popolo palestinese è diventato una nazione non necessaria sulla faccia della terra.
La facilità con cui sono state lanciate le minacce di una nuova Nakba dimostra tutto ciò. Dimostra quanto sia fragile, minacciata e soggetta a continui pericoli l’esistenza palestinese.
Raef Zreik ha conseguito un dottorato presso la Facoltà di Legge di Harvard. Insegna giurisprudenza al Collegio Accademico Ono di Israele ed è ricercatore capo presso l’Istituto Van Leer di Gerusalemme.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org