Una Palestina colonizzata non è la risposta al senso di colpa del mondo

La sinergia del sionismo con i populisti di destra ha sfruttato l’antisemitismo per giustificare l’apartheid. E i palestinesi si rifiutano di esserne vittime silenziose.

Fonte: english version

di Tareq Baconi  20 giugno, 2022

Immagine di copertina: Le forze israeliane fanno la guardia durante la demolizione di una casa palestinese, situata nella “Area C” della Cisgiordania, vicino a Hebron, il 28 dicembre 2021. (Wisam Hashlamoun/Flash90)

<Quella che segue è una versione modificata di un discorso pronunciato dall’analista e studioso palestinese Tareq Baconi a una conferenza intitolata “Hijacking Memory: The Holocaust and the New Right”(dirottare la memoria: l’olocausto e la nuova destra), ospitata dalla Haus der Kulturen der Welt (HKW) a Berlino nel giugno 2022. il giorno dopo aver pronunciato il discorso, due colleghi relatori, Jan Grabowski e Konstanty Gebert, hanno letto pubblicamente una dichiarazione congiunta che travisava il discorso di Baconi e condannava la sua stessa presenza alla conferenza. Nei giorni seguenti Grabowski ha continuato a denunciare Baconi sul quotidiano tedesco di destra Die Welt

Tre anni fa, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Israele David Friedman si era unito al Primo Ministro Benjamin Netanyahu per l’accensione delle candele dell’ Hanukkah presso il Muro del Pianto nella Città Vecchia di Gerusalemme. Rivolgendosi ai giornalisti riuniti, Netanyahu venne sollecitato ad affrontare un traguardo/una vittoria che i palestinesi avevano celebrato quel giorno.

Ore prima, il procuratore capo della Corte penale internazionale dell’Aia, Fatou Bensouda, aveva annunciato che vi erano motivi sufficienti per avviare un’indagine sui presunti crimini di guerra commessi da tutte le parti coinvolte nei territori occupati, compreso Israele. La decisione, disse Netanyahu alla folla, equivaleva a “decreti antisemiti della Corte internazionale che dicono a noi,  ebrei riuniti vicino a questo muro, presso questa montagna, in questa città, in questa terra, che non abbiamo il diritto di vivere qui, e che se viviamo qui commettiamo crimini di guerra. Antisemitismo palese”.

Quasi esattamente un anno prima, nel novembre 2018, un uomo armato – un maschio bianco americano di nome Robert Gregory Bowers – si era precipitato nella sinagoga dell’Albero della vita(“Tree of life”) a Pittsburgh e aveva ucciso 11 fedeli ebrei, ferendone altri sei. È stato descritto come il peggior attacco antisemita nella storia degli Stati Uniti. Sebbene il presidente Donald Trump e i leader israeliani fossero volati a Pittsburgh per porgere le loro condoglianze, il rabbino di Pittsburgh, Jeffrey Myers, incolpò direttamente Trump e altri politici. “Sig. Presidente”, disse il rabbino Myers, “l’incitamento all’odio porta ad azioni odiose. L’incitamento all’odio porta a ciò che è successo nel mio santuario”.

Quando sia la CPI che i suprematisti bianchi armati sono visti allo stesso modo come spacciatori di antisemitismo, forse sono necessarie definizioni per spiegare cos’è l’antisemitismo e come può essere combattuto. Ma cosa succede quando ci si appropria di quelle stesse definizioni?

Dagli anni dell’amministrazione Trump, più paesi hanno adottato la definizione operativa di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), una definizione inizialmente raccolta da esperti per aiutare a monitorare gli incidenti antisemiti in Europa e che è stata poi ampliata in uno strumento per affrontare l’antisemitismo a livello globale.

L’IHRA delinea 11 esempi di ciò che ritiene costitutisca antisemitismo; otto di questi includono critiche allo Stato di Israele. Come ha affermato un difensore della definizione, “laddove l’antisemitismo classico avrebbe impedito al singolo ebreo di avere un posto uguale all’interno della società, l’antisemitismo moderno [esclude] lo stato-nazione ebraico da un posto uguale tra le nazioni”.

In quello stato-nazione, lo Stato di Israele, il Netanyahu di destra è stato sostituito da un politico ancora più alla sua destra – un uomo che un tempo era a capo del Consiglio Yesha, un’organizzazione ombrello che rappresentava gli insediamenti di “Giudea e Samaria”, nella Cisgiordania occupata. E da quella sera in cui Netanyahu si indignò per l’accusa di Israele di aver commesso crimini di guerra, è accaduto quanto segue (e questo non è un elenco esaustivo):

Israele ha bombardato e fatto crollare gli edifici che ospitavano gli uffici dell’Associated Press e di Al-Jazeera nella Striscia di Gaza durante un assalto militare in cui sono stati uccisi 243 palestinesi, tra cui 67 bambini, rendendo il 2021 l’anno più mortale per i bambini palestinesi dal 2014; Israele ha assassinato l’intrepida giornalista Shireen Abu Akleh, una degli oltre 30 giornalisti uccisi dal fuoco israeliano dal 2000; la Corte Suprema israeliana ha stabilito che è legale trasferire con la forza più di 1.000 palestinesi da Masafer Yatta in Cisgiordania, in diretta violazione del diritto internazionale.

E tra queste notizie da prima pagina — nella routine quotidiana e banale dell’occupazione — Israele continua a uccidere, detenere e brutalizzare i palestinesi, inclusi 13 bambini uccisi solo quest’anno, e più di 400 detenuti, la maggior parte dei quali sono stati portati via dal loro letto nel cuore della notte. All’inizio di questo mese, le forze israeliane hanno ucciso quattro palestinesi in  Cisgiordania nell’arco di 24 ore, portando il numero totale di palestinesi uccisi quest’anno a 62.

.Hasbara 3.0’

Oggi Israele agisce con rinnovato vigore, perseguendo la sua colonizzazione della Palestina con fiduciosa impunità, armato di un forte sostegno diplomatico  rafforzato dalle alleanze regionali che ha coltivato attraverso i cosiddetti “Accordi di Abramo”, gli accordi di normalizzazione di Donald Trump, che hanno comportato corruzione assoluta nei casi di Marocco e Sudan. Ma anche i palestinesi hanno intensificato la nostra mobilitazione, perseguendo il percorso legale presso la CPI ed espandendo il nostro movimento per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni (BDS). Anche noi abbiamo raggiunto diverse pietre miliari da quella Hanukkah a Gerusalemme nel 2019.

 

Cittadini palestinesi di Israele affrontano gli agenti di polizia israeliani durante una manifestazione di solidarietà con Gaza e Gerusalemme, nel centro di Haifa, il 9 maggio 2021. (Mati Milstein)

Nel 2021, dopo un’instancabile difesa dei palestinesi, le organizzazioni israeliane e internazionali per i diritti umani hanno finalmente accettato ciò che i palestinesi hanno affermato per decenni: che Israele sta praticando il crimine dell’apartheid contro il popolo palestinese nella nostra patria storica. B’Tselem, Human Rights Watch e Amnesty International hanno tutti pubblicato rapporti altamente dettagliati e ben studiati che denunciano la causa legale secondo cui Israele è colpevole di aver commesso crimini contro l’umanità.

Nel maggio dello scorso anno, i palestinesi hanno superato la frammentazione coloniale impostaci da Israele e si sono mobilitati dal fiume al mare, come un unico popolo che combatte un unico regime di apartheid, in quella che chiamiamo la nostra “Intifada dell’Unità”. Quest’anno, mentre i soldati israeliani picchiavano i portatori di bara che stavano trasportando la bara di Shireen Abu Akleh, dimostrando ai media internazionali la natura malvagia del suo regime, i palestinesi hanno visto un’altra immagine: migliaia di persone di ogni ceto sociale si riversavano nella Città Vecchia, rivendicando Gerusalemme per commemorare  la nostra eroina caduta.

La risposta di Israele all’espansione della mobilitazione palestinese e al nostro sudato successo nel proiettare la nostra narrativa sulla scena globale è stata prevedibilmente intensa. Oltre a una campagna di arresti di massa di individui in tutta la Palestina a seguito dell’Intifada dell’Unità, Israele ha anche ampliato le sue tattiche di delegittimazione della resistenza palestinese.

Ad esempio, sei ONG che costituiscono la base della mobilitazione palestinese odierna – alcune delle quali sono in prima linea nel caso della CPI – sono state dichiarate organizzazioni terroristiche. Ciò include Defense for Children International-Palestine, che è stata al centro degli sforzi per documentare i bambini palestinesi uccisi e detenuti dalle forze israeliane. Nonostante non abbia fornito prove per collegare nessuna delle organizzazioni citate ad attività terroristiche, e nonostante i diplomatici europei abbiano affermato che le prove presentate “non soddisfano la soglia di prova richiesta”, la comunità internazionale non è riuscita a respingere le campagne diffamatorie di Israele, e queste organizzazioni stanno attualmente lottando per ottenere finanziamenti e sostegno.

Ma questi sono vecchi strumenti: le tattiche di hasbara di Israele si sono espanse oltre il semplice collegamento dei palestinesi al terrorismo, strumenti degli anni della “Guerra al Terrore”. Hasbara 2.0, o forse 3.0, è ora focalizzato sul ritenere antisemita la resistenza palestinese – e questo ha una portata globale. Più di 30 stati degli Stati Uniti hanno approvato leggi che prendono di mira specificamente il movimento BDS per presunto antisemitismo, come mostrato nel nuovo film Just Vision “Boycott”. Più di 35 paesi in tutto il mondo hanno ora abbracciato la definizione IHRA, che ha assunto “forma giuridica e legittimità giuridica”, come ha sostenuto la studiosa Rebecca Gould.

A Palestinian woman walks by a grafitti sign calling to boycott Israel seen on a street in the West Bank city of Bethlehem on February 11, 2015. (Miriam Alster/Flash 90)
Una donna palestinese cammina vicino a un cartello dei graffiti che invita a boicottare Israele visto su una strada nella città di Betlemme, in Cisgiordania, l’11 febbraio 2015. (Miriam Alster/Flash 90)

I politici israeliani hanno definito antisemiti i rapporti di HRW e Amnesty. Quando anche il relatore speciale delle Nazioni Unite Michael Lynk, nel suo rapporto finale lo scorso marzo, ha ammesso che Israele sta praticando il crimine dell’apartheid, i leader israeliani hanno nuovamente risposto con accuse di antisemitismo. “Questo rapporto”, ha affermato l’inviato israeliano delle Nazioni Unite a Ginevra, “ricicla diffamazioni infondate e oltraggiose precedentemente pubblicate da ONG che condividono lo stesso obiettivo dell’autore di questo rapporto: delegittimare e criminalizzare lo Stato di Israele per quello che è: la nazione- stato del popolo ebraico”.

Sinergia ideologica

La politica di ciò che sto delineando qui è chiara a tutti. La lotta per i diritti dei palestinesi – usando il diritto internazionale, la Corte Penale Internazionale e l’ONU – è antisemita. È una minaccia che merita un intervento statuale e uno scontro armato pari, se non maggiore, alla fucilazione dei fedeli nelle sinagoghe sotto la bandiera della supremazia bianca. Questa equalizzazione è resa ancora più sinistra e insidiosa quando si osserva che la stragrande maggioranza dei veri incidenti antisemiti può essere ricondotta all’ideologia suprematista bianca. Questa falsa rappresentazione è un prodotto delle sinergie tra l’ideologia di destra e il sionismo, sinergie che sono evidenti nell’abbinamento del sostegno a Israele con tattiche sempre più repressive.

Questa tendenza è molto diffusa sia nei regimi autoritari che nei presunti stati liberali e democratici. Nel Regno Unito, dove vivo, il governo sta spingendo affinché l’IHRA venga adottato dalle università e che la legislazione anti-BDS venga approvata dai consigli comunali; nel 2019, il Consiglio di Tower Hamlet ha negato il permesso ad un giro in bicicletta per Gaza, affermando che esisteva un “rischio reale” che l’evento sarebbe stato antisemita violando gli esempi dell’IHRA.

Utilizzando la legislazione anti-BDS, lo stesso governo ha ora ampiamente affermato, senza specificità, che le pensioni del settore pubblico “non possono prendere decisioni di investimento in conflitto con la politica estera e di difesa del Regno Unito”. Il governo sta ora celebrando un piano per imbarcare migranti e richiedenti asilo su aerei diretti in Ruanda per essere processati. Queste politiche antidemocratiche sono sorprendentemente simili ai passati sforzi del governo del Regno Unito per limitare i boicottaggi dell’apartheid in Sud Africa negli anni ’80.

Nel frattempo, in Germania, i palestinesi che indossano una kefiah e commemorano la Nakba vengono interrogati, perdono il lavoro, vengono diffamati e persino paragonati ai nazisti, il tutto mentre l’attuale partito neonazista AfD non molto tempo fa è diventato uno dei maggiori partiti di opposizione del Bundestag. In Francia, l’antisionismo viene equiparato all’antisemitismo poiché il governo di Emmanuel Macron aumenta gli sforzi per reprimere i musulmani francesi, anche attraverso l’approvazione di un disegno di legge che conferisce allo stato il potere di monitorare le organizzazioni musulmane.

A livello globale, Israele ha attivamente abbracciato e coltivato alleanze con regimi come quello di Viktor Orban in Ungheria, di Jair Bolsanaro in Brasile e gli evangelici cristiani negli Stati Uniti, i quali stanno tutti combinando simultaneamente il loro vile antisemitismo con una visione fortemente sionista, prendendo Israele come loro modello, pur pretendendo di salvaguardare la memoria dell’Olocausto. In Medio Oriente, il fatto che un regime di apartheid si stia ingraziando i dittatori negli Emirati Arabi Uniti o in Bahrain è celebrato in tutto il mondo come un esempio di accordi che incarnano pace, convivenza e tolleranza religiosa. In realtà, questi accordi non sono altro che un’affermazione che è in divenire un’architettura regionale di sorveglianza e oppressione controrivoluzionaria e antidemocratica.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, il ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale degli Emirati Arabi Uniti Abdullah bin Zayed Al Nahyan e Abdullatif bin Rashid Al-Zayani, ministro degli Affari esteri del Bahrain partecipano alla cerimonia di firma degli accordi di Abramo alla Casa Bianca a Washington, USA, 15 settembre 2020. (Avi Ohayon/GPO)

Voglio illustrare tre punti ampi e interconnessi in relazione a questi preoccupanti sviluppi .

In primo luogo, dovrebbe essere chiaro a tutti che non si tratta di antisemitismo, ma di geopolitica. Governi di destra e conservatori, spesso razzisti e demagogici, sono stati utili alleati per Israele, uno stato che è ugualmente invidioso dell’ordine liberale occidentale anche se cerca di posizionarsi saldamente in quella sfera.

Israele è uno stato coloniale di apartheid che è riuscito contemporaneamente a mantenere forti legami diplomatici, militari ed economici con le democrazie liberali occidentali. La sua capacità di farlo è un modello allettante per le democrazie illiberali e i regimi autoritari, e il fiorire di queste alleanze nella regione e altrove è sia logico che un’indicazione di dove è diretto l’ordine internazionale, mentre  le norme legali stabilite dopo la seconda guerra mondiale si stanno  sistematicamente sgretolando. L’ingiusta confusione intorno all’antisemitismo si è anche rivelata uno strumento utile per i governi occidentali che cercano di alimentare guerre culturali nel contesto della propria politica interna.

In secondo luogo, gli attacchi di Israele all’attivismo palestinese non sono in alcun modo limitati ai palestinesi. Sono attacchi alla libertà di parola, all’ordine e alle norme legali internazionali. La legislazione anti-BDS ha creato scappatoie che ora stanno diventando un altro strumento nell’arsenale della legislazione contro il controllo delle armi, della legislazione contro l’energia verde e della legislazione contro l’aborto. Questa realtà demagogica di destra è quella in cui Israele può prosperare e continuare a godere della sua impunità. La vendita diffusa del software israeliano Pegasus a leader autoritari a livello globale, dall’Arabia Saudita al Ruanda, non è solo un esercizio commerciale, ma geostrategico accuratamente elaborato. Assomiglia esattamente al tipo di vaste relazioni clandestine che Israele ha coltivato con l’apartheid in Sud Africa negli anni ’60 e ’70 per proteggere il regime dall’ampliamento dell’isolamento internazionale.

In terzo luogo, il danno collaterale di questo sforzo per limitare la libertà di parola, minare i movimenti che lottano per la libertà e l’uguaglianza e consentire il fiorire di democrazie illiberali e regimi autoritari si ripercuote  in realtà sulle comunità ebraiche, che spesso finiscono per essere il capro espiatorio nel perseguimento di questi obiettivi più ampi . Le affermazioni israeliane sul fatto che il BDS sia antisemita, o che l’ONU sia un’organizzazione che promuove e diffonde infamanti dicerie(“accusa del sangue”),  ridicolizza gli sforzi per combattere l’antisemitismo effettivo e altre forme di razzismo che vanno di pari passo con l’odio per gli ebrei.

Il nostro libero arbitrio, la nostra voce

Allora cosa significa tutto questo per i palestinesi? La risposta è semplice: non importa. In questa equazione, in questi calcoli, i palestinesi non sono altro che uno sfondo, nel migliore dei casi silenzioso, nel peggiore dei casi una seccatura. A volte mi ritrovo a pensare che i palestinesi siano solo la tela su cui si esibiscono gli psicodrammi ebraici.

Thousands of young Jewish boys wave Israeli flags as they celebrate Jerusalem Day, dancing and marching their way through Damascus Gate to the Western Wall, May 17, 2015. (Yonatan Sindel/Flash90)
Migliaia di giovani ragazzi ebrei sventolano bandiere israeliane mentre celebrano la Giornata di Gerusalemme, ballando e marciando attraverso la Porta di Damasco fino al Muro Occidentale, 17 maggio 2015. (Yonatan Sindel/Flash90)

Noi palestinesi siamo stati spinti nella posizione in cui ci troviamo inavvertitamente oggi semplicemente perché veniamo colonizzati da uno stato che si definisce ebreo. Cerchiamo di essere chiari: se i palestinesi venissero colonizzati da uno stato non ebraico, continueremmo a resistere alla nostra colonizzazione. In questo senso, questa è una continuazione della storica difficile situazione palestinese.

I legami tra il senso di colpa occidentale dopo l’Olocausto e il sostegno alla creazione di Israele sono stati ben studiati, così come le radici del sionismo, che ha incontrato una feroce resistenza da parte dei palestinesi indigeni tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. I palestinesi sono le vittime indirette, il danno collaterale, dell’antisemitismo europeo e cristiano. Considerati come esseri inferiori e persone irrilevanti che non sono stati coinvolti nel processo decisionale degli imperi e delle menti coloniali, la difficile situazione palestinese di fronte al sionismo è un non- problema. Non c’è bisogno di ripetere i tropi di una terra senza popolo per un popolo senza terra.

Avanti veloce di un secolo, quelle stesse potenze europee – inclusa la Germania, a causa della sua stessa atroce storia – questa volta non stanno esportando il loro antisemitismo, ma la loro ricerca di assoluzione, sui palestinesi. E i palestinesi continuano a non essere presi in considerazione; sono invisibili.

Gli ebrei demonizzati – quelli che ora godono del pieno controllo sovrano e nazionale sotto forma di uno stato armato nucleare – sono diventati i bambini meravigliosi, gli abitanti di uno stato che non può sbagliare. E nel cercare l’assoluzione, stati come la Germania hanno accettato ancora una volta i palestinesi come garanzia; la loro oppressione e colonizzazione è un giusto prezzo da pagare per permettere alla Germania di espiare i suoi crimini passati. Bisogna chiudere un occhio quando si tratta della continuazione dell’apartheid e della colonizzazione israeliana, per timore che lo stato venga danneggiato e vecchi traumi si riaccendano. Per fare ciò, tutte le voci che parlano della liberazione palestinese o che celebrano la vita dei palestinesi devono essere messe a tacere, anche se quelle voci sono esse stesse ebree.

Questa realtà non riguarda solo il discorso, poiché l’IHRA chiarisce che la narrativa palestinese è ipso facto antisemita. Piuttosto, è legato alla stessa struttura materiale della dominazione ebraica e dell’apartheid nella Palestina colonizzata*, che si estende alle pratiche di ricordo e commemorazione dell’Olocausto. A Gerusalemme, il Museo dell’Olocausto Yad Vashem è letteralmente costruito su un terreno che domina le rovine del villaggio di Deir Yassin, dove un sanguinoso massacro fu perpetrato dalle forze sioniste durante la Nakba del 1948 per facilitare l’espulsione dei palestinesi e consentire la colonizzazione sionista.

I visitatori che non conoscono questa realtà, cammineranno attraverso un museo curato per documentare l’orribile crimine dell’Olocausto, su una piattaforma panoramica alla fine della mostra permanente che si affaccia sui campi verdi, senza mai rendersi conto che stanno volgendo lo sguardo  su terreni insanguinati. Questa cancellazione della catastrofe palestinese in uno spazio in cui viene commemorato l’Olocausto è una banalizzazione cruda delle lezioni di quel genocidio. Riflette un’elisione che i leader israeliani, aiutati dalla Germania e da altre potenze europee, hanno contribuito a sostenere.

Visitors seen at the Yad Vashem Holocaust Memorial museum in Jerusalem on April 26, 2022, ahead of Israeli Holocaust Remembrance Day. (Olivier Fitoussi/Flash90)
Visitatori al museo commemorativo dell’Olocausto Yad Vashem a Gerusalemme il 26 aprile 2022, prima della Giornata  israeliana della memoria dell’Olocausto.(Olivier Fitoussi/Flash90)

Per rompere questo circolo vizioso in cui i palestinesi sono visti come agenti passivi, come destinatari sia dell’antisemitismo  che del senso di colpa tedesco, voglio concludere spostando il baricentro da questo sguardo europeo e coloniale e ponendolo direttamente sui palestinesi, che hanno sempre avuto il libero arbitrio e una  voce propria.

Voglio salutare tutti i palestinesi in Germania, ei nostri alleati, che sono in prima linea in questa tendenza repressiva in Europa. E voglio dire che noi, come palestinesi, rifiutiamo di essere scelti per difenderci dalle accuse di antisemitismo. Non c’è motivo per me di essere qui, su questo palco, in questa conferenza, come palestinese. Eppure, allo stesso tempo, non siamo vittime senza voce, né semplici destinatari del razzismo e del neocolonialismo europei. E quindi voglio infondere, per chiarezza e per motivi di sfida morale e politica, la nostra narrativa direttamente su questo palco.

Per oltre un secolo, noi palestinesi abbiamo lottato contro il sionismo, un movimento coloniale razzista di coloni intento alla nostra eliminazione. Nel 1948, il movimento sionista dichiarò la creazione dello Stato di Israele e si costituì come un regime di apartheid, impegnato a mantenere il dominio ebraico in Palestina. Da allora, Israele ha ampliato la sua colonizzazione persistente della terra palestinese e l’inesorabile espropriazione del popolo palestinese, un duplice processo di consolidamento fondiario e ingegneria demografica. Oggi Israele è uno stato di apartheid con il pieno controllo sovrano su tutta la Palestina, dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo, che perseguita il popolo palestinese in patria e in esilio. Ogni palestinese porta queste semplici verità nel proprio cuore e ne dà testimonianza quotidianamente.

In questo momento cruciale, le democrazie occidentali sembrano intenzionate a minare i propri impegni dichiarati in modo superbo nei confronti dei valori liberali, dispiegando tattiche maccartiste per lenire la propria colpa, consentire a Israele di prosperare e promuovere i propri programmi sempre più autoritari. Man mano che espandono le relazioni diplomatiche e militari con Israele, il compito assegnato ai palestinesi è chiaro. Nella nostra lotta per la libertà, siamo diventati i protettori del diritto internazionale, dei diritti umani e della responsabilità. Sebbene questo sia un peso e un privilegio che non abbiamo scelto, continueremo comunque a lottare sia per la nostra emancipazione, per una Palestina libera, sia per un mondo in cui giustizia, libertà e uguaglianza possano essere godute da tutti.

* * *

*Chiarimento, 22 giugno 2022: Questo punto è importante e merita un chiarimento sulla scelta della formulazione. L’apartheid israeliano è un sistema di dominio ebraico in Palestina, non di dominio israeliano. Da un lato, anche i palestinesi che sono cittadini israeliani sono vittime soggiogate: la cittadinanza israeliana non protegge l’individuo da questo sistema. Dall’altro, l’apartheid israeliano offre privilegi agli ebrei che non sono israeliani, attraverso la Legge del Ritorno. Come ha notato B’Tselem, “questo è un regime di supremazia ebraica dal fiume Giordano al Mar Mediterraneo”. Per evitare innocenti malintesi, abbiamo aggiunto un chiarimento che questa affermazione è geograficamente limitata alla Palestina colonizzata, come suggerisce il titolo del discorso

Tareq Baconi è presidente del consiglio di Al-Shabaka. È stato responsabile della politica statunitense di Al-Shabaka dal 2016 al 2017. Tareq è l’ex analista senior per Israele/Palestina e Economia dei conflitti presso l’International Crisis Group, con sede a Ramallah, e l’autore di Hamas Contained: The Rise and Pacification of Palestine Resistence(Stanford University Press, 2018). Gli scritti di Tareq sono apparsi sulla London Review of Books, sulla New York Review of Books, sul Washington Post, tra gli altri, ed è un frequente commentatore nei media regionali e internazionali. È editore di recensioni di libri per il Journal of Palestine Studies.

Traduzione di Nicole Santini – Invictapalestina.org