Paradossali semi dell’Olocausto: l’oppressione e la morte continuano a vivere nello stato di apartheid di Israele.

Sta diventando sempre più difficile per Israele e le agenzie che promuovono il sionismo nel mondo ritrarre il sionismo con colori rosei. Questo principalmente perché c’è una storia di quasi 100 anni di sionismo; e le azioni dello Stato sionista, Israele, hanno una storia di sette decenni e mezzo di violenza e razzismo.

Fonte: english version

Di Miko Peled – 22 giugno 2022

Immagine di copertina: la Chiesa di San Giorgio accanto alla Moschea di Al Omari, El Lyd, 2003

LYD, PALESTINA OCCUPATA – Sta diventando sempre più difficile per Israele e le agenzie che promuovono il sionismo nel mondo ritrarre il sionismo con colori rosei. Questo principalmente perché c’è una storia di quasi 100 anni di sionismo; e le azioni dello Stato sionista, Israele, hanno una storia di sette decenni e mezzo di violenza e razzismo. Da aggiungere che, a febbraio, Amnesty International ha pubblicato un rapporto schiacciante che dimostra chiaramente che Israele è coinvolto nel crimine di Apartheid e che lo è stato sin dal giorno della sua istituzione.

Il rapporto di Amnesty è lungo meno di 300 pagine e può, anzi deve, essere letto da tutti. È dettagliato, ben scritto e può fornire gli strumenti e le informazioni necessarie quando ci si confronta con Israele e i suoi alleati nei vari ambiti in cui operano: nel mondo accademico quando si confrontano i rappresentanti delle istituzioni accademiche israeliane; nel mondo degli sport internazionali, quando chiedono alla FIFA e al Comitato Olimpico Internazionale di espellere Israele; e nel mondo delle imprese e nelle sfere politico-diplomatiche. In breve, il rapporto di Amnesty è uno strumento prezioso.

Crimini contro l’umanità

L’articolo 1 della Convenzione Internazionale sulla Repressione e la Punizione del Crimine di Apartheid afferma:

Gli Stati parti della presente Convenzione dichiarano che l’Apartheid è un crimine contro l’Umanità e che gli atti disumani risultanti dalle politiche e dalle pratiche dell’Apartheid e da politiche e pratiche simili di segregazione e discriminazione razziale, come definito nell’articolo 2 della Convenzione, sono crimini che violano i principi del diritto internazionale.

Secondo l’articolo 2 paragrafo A della Convenzione, il crimine di Apartheid comprende i seguenti elementi:

Negazione a un membro o a membri di un gruppo o più gruppi razziali del diritto alla vita e alla libertà della persona:

(1) Per omicidio di membri di uno o più gruppi razziali;

(2) Infliggendo ai membri di uno o più gruppi razziali gravi danni fisici o mentali, violando la loro libertà o dignità, o sottoponendoli a tortura o trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti;

(3) Mediante arresto arbitrario e detenzione illegale dei membri di uno o più gruppi razziali;

(4) Imposizione deliberata a uno o più gruppi razziali di condizioni di vita calcolate per infliggere danni fisici totali o parziali.

Il significato di questa clausola non può essere sopravvalutato, in particolare quando si parla dello Stato di Israele, Stato istituito solo tre anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e l’Olocausto. Secondo il rapporto di Amnesty, il crimine di Apartheid è iniziato nel 1948 quando fu istituito lo Stato di Israele.

Operazione Danny

Un articolo intitolato “Abbiamo bisogno di discutere di Lyd”, pubblicato sulla piattaforma mediatica alternativa israeliana, Haokets, racconta gli eventi del luglio 1948 quando la città palestinese di El-Lyd fu presa dall’esercito israeliano in quella che era nota come “Operazione Danny”.

El-Lyd fu oggetto di un attacco aereo nella notte tra il 10 e l’11 luglio 1948. Quindi un battaglione guidato da Moshe Dayan, il famoso generale israeliano con la benda sull’occhio, attraversò la città al ritmo del suono delle mitragliatrici. Testimoni che hanno preso parte a questo attacco hanno detto che Dayan ha ordinato loro di “ripulire la città a colpi d’arma da fuoco”, un comando che hanno interpretato nel senso di fare piazza pulita. La città è stata presa in 47 minuti durante i quali, secondo l’articolo, l’esercito israeliano ha utilizzato nove veicoli corazzati per il trasporto truppe, 20 jeep e 10 veicoli corazzati dotati di mitragliatrici. I palestinesi non avevano forze a parte pochi uomini con i fucili.

Vari testimoni hanno parlato di centinaia di corpi e bossoli disseminati per le strade. I morti furono infine sepolti in fosse comuni non contrassegnate. Il 12 luglio sono stati segnalati scontri tra alcuni combattenti locali e le forze d’invasione israeliane. In questi scontri furono uccisi altri 250 palestinesi, alcuni dei quali erano prigionieri detenuti dagli israeliani. Più tardi quel giorno, un soldato di nome Yerahmiel Kahanovich lanciò un missile nella moschea Dahmash dove si erano rifugiati oltre 100 palestinesi. Un missile Fiat anticarro uccise circa 120 civili che non rappresentavano alcun pericolo per nessuno.

Il numero esatto delle persone uccise è sconosciuto. Questo perché l’impatto dell’esplosione è stato così devastante che nessun corpo è rimasto intatto. “I brandelli dei corpi erano su tutte le pareti e sul soffitto”, ha detto un soldato israeliano. Quindi la moschea fu tenuta chiusa per due settimane. Dopo due settimane, i prigionieri palestinesi furono mandati a ripulire la moschea e seppellire i resti di coloro che erano all’interno. Poi, secondo la testimonianza degli stessi israeliani, molti di coloro che hanno eseguito la sepoltura sono stati fucilati, uccisi e poi anch’essi sepolti.

Non solo nessuno è mai stato processato, non solo Moshe Dayan ha continuato a comandare l’esercito israeliano ed è poi diventato Ministro della Difesa e degli Affari Esteri, ma, con una mossa forse più cinica di ogni altra, la piazza fuori dalla moschea è stata intitolata “Piazza Palmach”, essendo il Palmach la brigata che aveva commesso il massacro in città e in particolare presso la moschea.

Una volta che la città fu occupata, i soldati costrinsero i residenti palestinesi in marcia verso Est, verso il nuovo Regno di Giordania, nella calura estiva senza cibo né acqua. “Yalla to Abdullah”: Andate da Abdullah, hanno gridato i soldati israeliani mentre uomini, donne, bambini e anziani sono stati costretti a una marcia della morte che avrebbe portato alla morte di innumerevoli palestinesi.

Cosa fa di un uomo un leader?

In un articolo della pubblicazione dell’esercito israeliano Maarachot, il comando di Moshe Dayan del battaglione che ha preso El-Lyd è descritto come “coraggioso” e dotato di “capacità di resistere alle pressioni della battaglia”. Dayan è descritto come dotato di una “determinazione a completare la missione”, “professionalità” e “risolutezza”.

Nell’articolo, il massacro di El-Lyd è descritto come “una battaglia ardua”, in cui le capacità di comando del comandante del battaglione Dayan hanno salvato la situazione e portato alla vittoria. L’articolo è stato scritto dal Generale di Brigata Shay Kelper mentre era ancora un Tenente Colonnello e lui stesso comandante di battaglione. Il suo articolo ha ricevuto un premio dal Capo di Stato Maggiore dell’IDF.

La lotta per porre fine al regime di Apartheid in Palestina si svolge in ogni arena, in ogni campo e in ogni continente. Israele e i suoi alleati sono determinati a mantenere la loro posizione perché sanno che per loro questa è una lotta per la loro sopravvivenza. Le persone che hanno a cuore la giustizia e la vita dei palestinesi devono ricordare che ogni giorno che passa, mentre a Israele è permesso di continuare con i suoi crimini contro l’umanità, è un altro giorno di morte per i palestinesi.

Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. È autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” (Il figlio del generale. Viaggio di un Israeliano in Palestina) e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five” (Ingiustizia, Storia dei Cinque Della Fondazione Terra Santa).

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org